4 Giugno 2019

Commenti sull’autore della svastica tracciata con il trattore

Fonte:

La Repubblica edizione di Torino

Autore:

Federica Cravero

L’autore della svastica sulla collina divide San Damiano d’Asti

Ora del caso si occupa anche la procura: nei prossimi giorni sarà sentito l’operaio agricoltore che con il trattore ha disegnato la croce uncinata. La madre: “Lasciatelo stare, non si occupa di politica”

A Gorzano, frazione sulle colline di San Damiano D’Asti, nessuno vuole nemmeno sentir pronunciare la parola “neonazisti”. Su quelle colline i tedeschi ci sono stati e i più anziani se li ricordano: «Chi lo dice non sa di cosa parla», tagliano corto. E storcono il naso al pensiero che la loro frazione sia stata abbinata a una enorme svastica disegnata in un campo. Chi con maggiore indulgenza parlando di «un gioco, una bravata», chi con più severità: «Questa storia dimostra solo l’ignoranza e la leggerezza che c’è a proposito di certi temi», dice un ragazzino al tavolino del bar. Ma nessuno, tra le cascine che costellano vigne e noccioleti, mostra troppa cattiveria nei confronti di Carlo, il compaesano cinquantenne che con il suo gesto ha messo alla berlina tutta Gorzano e contro cui si sono scatenati feroci commenti sui social network. «Sono tutte balle — lo difende Maria Rita Bellero — Abito dall’altra parte della strada, ma dalla mia finestra il campo non si dall’inviata Federica Cravero vede e mi sono accorta di quello che stava accadendo da Facebook. Siamo arrivati al limite: da una parte veniamo informati di tante cose, ma ci sono cose più serie di cui parlare rispetto a questo». Ma la svastica? «E vero, è un brutto simbolo e lui non deve aver pensato alle conseguenze. Ma è stato un gesto fatto senza pensarci», sostiene. L’immagine solcata venerdì a tarda sera con un cingolato tosa-erba sul pendio ripido di Valle d’Orca, è stata cancellata in fretta il mattino successivo — passando e ripassando sul terreno fino a togliere ogni segno — ma non prima che qualcuno di passaggio in quelle stradine alle pendici della collina avesse il tempo di scattare un’immagine, diventata virale sui social. Ora quel gesto potrebbe avere delle ripercussioni sul piano giudiziario. Se la svastica non è rimasta sul prato che poche ore, l’eco delle polemiche non smette di propagarsi e anche la procura di Asti, guidata da Alberto Perduca, si sta interessando all’episodio. Nei prossimi giorni l’uomo sarà sentito dai carabinieri per spiegare meglio le sue intenzioni. E sarà da questi accertamenti che gli investigatori potranno chiarire i contorni della vicenda e valutare se sia da ipotizzare o meno l’accusa di apologia di reato sulla base della legge Mancino. «Non pensavo che la gente fosse così cattiva. Noi non abbiamo fatto del male a nessuno, non credevo che qualcuno potesse avercela con noi», dice un’anziana donna, china in mezzo ai filari di vite. Non vuole dire che c’è suo figlio al centro di tutto il bailamme che si è scatenato. «A me non ha detto nulla e io non ho visto nulla», dice la donna. Ma soprattutto non realizza che chi ha postato quella foto su Facebook, nemmeno conosce suo figlio. «Non so chi sia stato — insiste — E comunque era solo un gioco, una stupidaggine magari, fatta da una persona che lavora da mattina a sera, prima in fabbrica e poi nei campi. Una persona che va a messa tutte le domeniche e che non fa parte di nessun gruppo politico, figuriamoci poi fascista, per carità». Certo non immaginava, Carlo, quanto clamore avrebbe suscitato il suo gesto quando, alle undici di sera, ha ritirato il cingolato e si è messo a tavola. Il mattino dopo i carabinieri sono andati a bussare alla porta di quella cascina di mattoni rossi che dai primi del Novecento svetta sul bricco di Ronchesio. Una cascina, per l’appunto, che durante la Resistenza è stata bersagliata di colpi di fucile dai tedeschi che cercavano i partigiani. «Chi adesso ha 45-50 anni, cosa ne sa del fascismo? — continua l’anziana tra filari — Io mi ricordo invece. La casa vicina era stata bruciata. Nella nostra i tedeschi hanno sparato e fatto un buco nel letto, spaccato il marmo del bureau e rubato due pietre incise, mentre noi eravamo *** nascosti in cantina. Fino a quando una vicina si è messa a urlare che non c’entravamo niente». Se il fascismo a detta sua non c’entra, ancora meno c’entra il “Rally del grappolo” che si correva nel fine settimana su quelle strade, nonostante qualcuno avesse ipotizzato che la svastica potesse essere un gesto di protesta per i disagi della corsa. «Quelli del rally vengono a prendere il caffe qui — dice la donna — Come si può pensare che sia stato un gesto contro di loro? Se poi creano qualche disagio, è solo per un paio di giorni. E poi basta sistemare la macchina in un’altra stradina per potersi muovere senza problemi, anche in quei giorni». Ma, certo, in quella confusione di gente che ruotava attorno alla gara, più di un paio d’occhi si sono accorti di quella gigantesca croce uncinata.