8 Novembre 2019

Commenti e reazioni all’assegnazione della scorta alla senatrice Liliana Segre

Fonte:

Moked.it, Avvenire, Corriere della Sera, Foglio, Giornale, Giorno, Il Fatto Quotidiano, Italia oggi, La Verità, Leggo Milano, Libero Quotidiano, Manifesto, Mattino, Messaggero, Osservatore Romano, Repubblica, Secolo XIX, Stampa, Tempo

“Segre, la scorta siamo noi”

Ha fatto il giro del mondo la notizia della scorta assegnata a Liliana Segre. Così come le prime immagini della sua libertà tutelata, per le strade di Milano, oggi su molte prime pagine. “La scorta siamo noi” titola Repubblica, secondo cui la senatrice a vita sarebbe tentata di rinunciare alla guida della Commissione contro l’odio da lei proposta e approvata in Senato. “I familiari, l’assistente della senatrice a vita, in queste ore stanno cercando di persuaderla che non si può fare a meno del valore simbolico della sua presenza. Che questo passo indietro – si legge – significherebbe darla vita agli altri, agli haters”. Diversi quotidiani segnalano i dati condivisi ad ottobre dell’Osservatorio Antisemitismo del Cdec, che registrano circa 200 attacchi quotidiani su web e social alla Testimone. Repubblica propone anche un’inchiesta, intitolata: “Dagli ultrà al web, le radici del nuovo antisemitismo”. Il Corriere fa un titolo  sulla reazione del Centro Wiesenthal, secondo cui la scorta “non fa onore al vostro Paese”. In evidenza sui giornali anche il no del capogruppo leghista a Pescara al conferimento della cittadinanza onoraria per “mancanza di legami con il territorio”.

L’intervista alla Presidente UCEI. “La prima parola che mi viene è triste. Lo trovo triste. Poi molto preoccupante. Dimostra il grado di follia in cui vive il nostro Paese, precipitato in un baratro assoluto. Non vorrei dire ancora di non ritorno…”. È quanto afferma la Presidente UCEI Noemi Di Segni in una intervista con il Corriere. Segre, sottolinea Di Segni, “è un ago che punzecchia la nostra coscienza collettiva ma, per usare questa metafora, in quella cruna si riversa il peggio del peggio”. La Presidente dell’Unione torna anche su un altro argomento lacerante: l’astensione del centrodestra nell’aula di Palazzo Madama. “È passata l’idea – afferma – che la Commissione fosse una sorta di tribunale, con un contenuto finale già deciso. Falso; ovviamente. La Commissione proporrà audizioni, riflessioni, studi, indagini sull’antisemitismo per comprendere un fenomeno spaventosamente crescente. Poi eventualmente avanzerà proposte di legge. Purtroppo tutto si è spostato sul piano di una dialettica partitica, quasi Liliana Segre fosse una parte della sinistra. Una strumentalizzazione intollerabile”. Difficile capire come, su certi valori, sia possibile spaccarsi. “Perché – il messaggio della Presidente Di Segni – o l’Italia è democratica o non lo è, o è antifascista o non lo è”.

La notizia della scorta è il fatto del giorno anche su quotidiani meno scontati, come la Gazzetta dello Sport. Sottolinea Di Segni, in una riflessione condivisa con il giornale sportivo: “Sento stringersi attorno a Liliana un moto di solidarietà significativo. In parallelo al mare magnum delle facili parole di disprezzo, vi è un’Italia che desidera affermare responsabilità e impegno”.

“Mamma è una donna forte”. Intervistato da Repubblica, Luciano Belli Paci, uno dei figli della senatrice a vita, commenta: “Cerchiamo di incoraggiarla, assisterla, aiutarla per permetterle di andare avanti. Insomma, siamo lacerati fra le due spinte: quella più personale di dirle di stare a casa tranquilla e di non esporsi, e il desiderio di dirle di andare avanti perché è importante quello che fa”. Per quanto riguarda la reazione della madre all’introduzione della scorta, il figlio afferma: “È una donna forte. Ma non ha voglia di parlarne. Ha commentato più volte che quelli che la odiano le fanno pena, che sono dei poveracci se hanno tempo da perdere minacciando una novantenne”.

“Mi state dicendo che nell’Italia del 2019 una sopravvissuta all’Olocausto deve essere protetta dalla polizia? Una brutta malattia si è diffusa in Europa, una malattia epidemica”. Questa la considerazione di Halina Birenbaum, sopravvissuta alla Shoah polacca, interpellata da La Stampa.

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