27 Maggio 2020

Bari: il Consiglio comunale ha votato a favore di un ordine del giorno che prevede la revoca dell’intitolazione della via dedicata anni fa al medico Nicola Pende, che fu tra i firmatari del Manifesto della Razza

Fonte:

La Repubblica edizione di Bari

Autore:

Ferdinando Pappalardo

Stop a via Pende: “Una ferita aperta per tutta la città”

Ferdinando Pappalardo, coordinatore regionale dell’Anpi, plaude alla scelta del Comune di eliminare il nome di una strada barese intitolata al medico fascista. E rilancia: “Ora liberiamo da quest’onta il reparto del Policlinico e la scuola di Noicattaro”

L’approvazione da parte del Consiglio comunale di Bari, nella seduta dell’altra sera, di un ordine del giorno in cui si chiede la revoca della intitolazione di una via cittadina a Nicola Pende, non può che essere salutata con soddisfazione non soltanto dai gruppi e dalle associazioni, a cominciare dall’Anpi, che per anni si sono battuti per ottenere questo risultato, ma da tutta l’opinione pubblica democratica. L’atto di indirizzo rappresenta il risarcimento tardivo – sia detto senza recriminazioni – di una ferita inflitta alla tradizione antifascista della città. Non e questo il luogo per riaprire il dibattito sulla levatura scientifica di Pende, e neppure sulla controversa sottoscrizione del Manifesto della razza (smentita pubblicamente dall’interessato soltanto dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale). Resta il fatto che l’illustre accademico e clinico fu un fascista della prima ora, e che collaborò intensamente e lealmente con il regime, vedendosi ricompensato con prestigiose cariche pubbliche e politiche (dalla nomina a senatore del Regno per meriti scientifici, nel 1933, a quella di rettore dell’Accademia della Gioventù Italiana del Littorio, nel 1941). Altrettanto indiscutibile è l’adesione di Pende alla politica razziale del fascismo. Se egli manifestò (riservatamente) dissenso dalle tesi sostenute nel Manifesto, fu perché le riteneva modellate sulle dottrine eugenetiche della scuola tedesca, da lui non del tutto condivise; ma la sua teoria biotipologica forniva una giustificazione scientifica alla concezione organicistica e gerarchica della società propugnata dal regime (non a caso quella teoria riscosse grande fortuna nella Spagna di Franco e presso le dittature dell’America latina). In più, fu convinto sostenitore della necessità di tutelare l’integrità della”stirpe” italica e di svilupparne i caratteri originali, assecondando per conseguenza la politica demografica del fascismo; tant’è che, nel 1938, Mussolini aveva dato il suo benestare alla creazione – voluta appunto da Pende – di un Istituto per la bonifica umana e l’ortogenesi della razza. Non appare perciò esagerata o malevola la qualifica di “scienziato ufficiale del regime” attribuita dalla vulgata a Pende. Peraltro, la decisione di intestargli una strada ha costituito una clamorosa deroga ai criteri cui tradizionalmente risponde la toponomastica di Bari, particolarmente prodiga di riconoscimenti ai suoi figli più eminenti. Vie, piazze, scuole, edifici pubblici, persino aule universitarie sono stati nel tempo, e in gran copia, intitolati a concittadini?vissuti anche in tempi molto remoti ? i cui nomi sono legati a vicende cruciali nella storia di Bari, a personalità che le hanno procurato lustro con le loro opere, o dalla cui attività la comunità locale ha ricavato durevoli benefici. Targhe, lapidi, iscrizioni sono dunque come altrettante pagine del libro della memoria collettiva, di un patrimonio di esempi cui ispirarsi, di valori e di ideali che si vogliono custodire e tramandare, e che in qualche misura concorrono a definire l’identità collettiva. Orbene, Pende non era originario di Bari (nacque a Noicattaro) e, a differenza di altri (Benedetto Croce e Tommaso Fiore, per citare i primi che vengono alla mente), non ha mai avuto una effettiva familiarità con la città. Vi soggiornò per circa due anni, ma soltanto perché incaricato da Mussolini e da Gentile di istituirvi l’università; assolto il compito, brigò con successo per essere trasferito in altra sede, più vantaggiosa per le sue ambizioni di carriera Non si vede perciò quale debito di riconoscenza Bari sia tenuta a onorare verso questo “fascistissimo” scienziato; e, visto che ci siamo, sarebbe il caso anche di ritrattare la scelta di dedicargli un reparto del Policlinico. Per rimanere in argomento, va accolta con favore la proposta, avanzata per prima dalla Cgil, di intitolare l’ex via Nicola Pende ad Alba De Cespedes, scrittrice e giornalista di sicura fede democratica e antifascista, preziosa e indimenticata collaboratrice di Radio Bari nel pur breve periodo in cui la nostra città ospitò la prima emittente radiofonica dell’Italia liberata dal nazifascismo. E va pure ripreso il confronto sul caso dell’istituto scolastico comprensivo “Gramsci-Pende” di Noicattaro, la cui denominazione è frutto di una burocratica soluzione di compromesso, ma suona oggettivamente scandalosa, tanto più perché riferita a un presidio educativo. Se un meschino orgoglio municipalistico impedisce che si rinunci a “celebrare” la gloria locale, per lo meno si eviti al grande intellettuale e dirigente comunista, vittima del regime, di trovarsi in compagnia di un personaggio che di quello stesso regime fu ligio e zelante sostenitore. Questi auspici non sono dettati da ottusa faziosità, né sottintendono alcuna voglia di epurazione, ma si richiamano al dovere di essere coerenti, in ogni modo, in ogni occasione e in ogni forma, con i principi e i valori della nostra Costituzione.