25 Marzo 2018

Banalizzazione della Shoah a Napoli

Fonte:

Corriere del Mezzogiorno Napoli e Campania

Autore:

Anna Paola Merone

Fabrizio Gallichi «Ma è sbagliato banalizzare il simbolo dello sterminio»

Napoli «Per noi ebrei la Stella gialla di David è il segno delle discriminazioni di cui siamo stati vittime. Un qualsiasi altro utilizzo non ci sembra possibile». L’architetto napoletano Fabrizio Gallichi, fino a quale anno fa consigliere nazionale della comunità ebraica, parla della scelta di sfilare in corteo con la stella gialla contro i negazionisti del biocidio. «C’è la negazione del biocidio, certo, ma non c’è discriminazione contro chi combatte il biocidio. Qui ci troviamo piuttosto di fronte alla banalizzazione dei simboli. Con il tempo diventano stereotipi e il sistema della comunicazione li digerisce come tali e ne fa un uso indiscriminato. Accade per le cose più disparate, anche per Che Guevara che si ritrova sulle t-shirt, ma per un ebreo questo è un motivo di sofferenza: utilizzare così la Stella significa minimizzare quello che i nostri genitori e nonni hanno subito e sopportato».

Si rischia anche di travolgere le coordinate di una corretta memoria storica?

«Assolutamente sì, non si contribuisce a mantenere e creare una memoria storica e c’è il rischio così di lasciare spazio finanche alle teorie negazioniste. E questo è davvero molto pericoloso oggi».

Ritiene ci siano particolari condizioni di allarme?

«L’antisemitismo sta alzando la testa. In Europa da più parti ci sono forti segnali dalle caratteristiche nuove. Se quello della chiesa era un antisemitismo religioso e quello dei nazisti era razziale, oggi c’è un antisemitismo politico dalle caratteristiche inedite, che colpisce tutti con vere e proprie aggressioni fisiche e discriminazioni sociali. Nelle scuole in Belgio si utilizzano libri che aprono al negazionismo. Il momento è difficile e la prospettiva è pericolosa e spaventosa».

Napoli è però una città inclusiva e tollerante.

«Tollerare è al di sotto del minimo di quel che è accettabile per un ebreo che ritiene che il rapporto tra gli uomini si basi su una responsabilità reciproca, dal momento che tutti discendono dallo stesso uomo, e non sulla tolleranza. In quanto a Napoli, non ha mai espresso un antisemitismo viscerale. Furono deportate per una serie di circostanze particolari alcune unità di ebrei dalla città, ma la città non ha mai vissuto né un ghetto né le persecuzioni razziali della seconda guerra mondiale».