23 Dicembre 2013

Assolto perché non ha fatto propaganda delle idee negazioniste dell’Olocausto

Fonte:

Il Messaggero

Autore:

Michela Allegri

Assolto il prof che negò l’Olocausto «Non è reato»

IL CASO

ROMA Esprimere la propria opinione non è un reato. Nemmeno se un insegnante dice a una studentessa di origine ebraica, i cui nonni hanno vissuto la tragedia dei campi di sterminio, che l’Olocausto è tutto sommato una montatura cinematografica. Nemmeno se l’idea manifestata è «aberrante» e «lesiva della sensibilità» di una ragazzina, come scrive il giudice Maria Cristina Muccari nelle motivazioni della sentenza di assoluzione emessa nei confronti del professor Roberto Valvo, ex docente di Storia dell’ arte al liceo artistico Ripetta, finito sul banco degli imputati con l’accusa di discriminazione razziale o religiosa, per aver propagandato teorie negazioniste di fronte a Sofia, 16 anni, fiera delle proprie origini. Valvo è stato assolto con formula piena: per il magistrato, nonostante «abbia fatto commenti e osservazioni certamente censurabili moralmente», non ha mai inteso «propagandare tali sue idee». La condotta di «propaganda», infatti, è tale solo quando destinata a un uditorio vasto. E quel giorno, in classe, c’erano solo tre studenti.

NEGAZIONISMO

Era il 31 ottobre 2008, e la maggior parte degli alunni del liceo aveva aderito a uno sciopero. Tre ragazzi che frequentavano la N C, però, avevano partecipato alle lezioni. In cattedra c’era Valvo che, come in un normale giorno scolastico, aveva fatto l’appello. Pronunciando il cognome di Sofia, era rimasto incuriosito e le aveva chiesto quali fossero le sue origini. Lei aveva risposto che la sua famiglia era ebrea. «Ah, gli ebrei sono furbetti, bisogna stare attenti!», aveva replicato il docente. A quel punto, in privato, Sofia aveva chiesto a Valvo cosa ne pensasse della Shoah. E lui aveva risposto: i numeri dell’ Olocausto (sei milioni di ebrei morti) non sono autentici e la tragedia della Shoah dovrebbe essere ridimensionata. Ma non è tutto: per il professore, i video dei campi di concentramento sarebbero stati girati da una sfilza di registi.

IL CONSIGLIO DI CLASSE

Le stesse tesi, il professore le aveva ribadite due settimane dopo, durante un consiglio d’istituto: «Quel campo di concentramento è una scenografia costruita dagli americani. Non c’è neanche un’appartenenza con la cultura italiana. Allora parliamo di Foibe», avrebbe detto secondo Virgilio Mollicone, un altro docente sentito come testimone al processo, che all’epoca dei fatti aveva appena accompagnato gli studenti ad Auschwitz. Anche in questo caso, per il giudice, «nel riportare le teorie negazioniste certamente aberranti e risibili sotto il profilo storico culturale, Valvo lo ha fatto però con modalità del tutto asettiche», senza manifestare sentimenti di odio o superiorità razziale. In sostanza – conclude il magistrato – «l’ipotesi di reato non sussiste», perché l’imputato ha semplicemente espresso un’opinione personale. E, nonostante «1′ adesione a dette teorie in altri paesi europei, quali l’Austria e la Francia costituisca di per sé reato, in Italia non è punita». «È una sentenza importante, perché afferma un intoccabile principio sulla libertà di opinione», ha commenta l’avvocato Giuseppe Pisauro, difensore dell’insegnante. Ma per Ruben Della Rocca, assessore alle Relazioni istituzionali della comunità ebraica di Roma, il problema va oltre la singola sentenza: «Al di là della decisione del Tribunale su questa vicenda – ha commentato Della Rocca – in Italia, sarebbero necessari confini legislativi più rigidi contro chi nega la shoah».