11 Gennaio 2018

A febbraio nelle sale una fiction sul ritorno di Benito Mussolini

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Goffredo De Marchis

Mussolini torna da star tv e solo un cagnolino ferma una nuova marcia

Solo una nonna sopravvissuta ai campi di sterminio, con problemi di memoria a breve termine, ricorda cosa è successo: l’orrore della dittatura, le leggi razziali, il rastrellamento degli ebrei. Gli altri, quando lo vedono, o ridono o gli chiedono un selfie o tendono il braccio nel saluto romano. Il Duce resuscita in una mattina d’estate a Roma e la sua apparizione racconta l’Italia di oggi, tra nostalgie, rimozioni, rimbambimento da talk televisivi e trasmissioni di cucina. Sono tornato è il titolo del film di Luca Miniero, il regista di Benvenuti al Sud, che esce il 1 febbraio nelle sale (prodotto da Indian Production e Vision distribution), ma che già nella presentazione sui social ha provocato un dibattito sul fascismo di oggi, non quello di ieri. È un’opera di fiction con molti inserti tipo candid camera, dove si intervistano persone vere, dove Mussolini (interpretato benissimo da Massimo Popolizio) discute con un’immigrata e si stupisce che sappia leggere, dove un pasticciere di Napoli dice con un sorriso: «In Italia ci vorrebbe un solo partito. Al massimo due, va». E altri propongono la soppressione degli extracomunitari. Ma è nella scena finale, mentre il dittatore va a spasso per Roma a bordo di una decappottabile d’epoca, che si vedono, pixellati, tanti giovani che lo salutano col braccio teso o lo festeggiano con un sorriso. Una senzatetto gli fa le corna, un altro ragazzo risponde al saluto col pugno chiuso. Dice Mussolini: «Eravate un popolo di analfabeti, tomo e vi ritrovo un popolo di analfabeti». Il suo successo televisivo è pazzesco, lo share va alle stelle. Lo credono un attore, anche se lui è reale. «Anche allora la gente rideva ed è finita in tragedia», dice uno dei pochi personaggi che non ne resta ipnotizzato. La sua popolarità vacilla solo quando viene mostrato un filmato dove il Duce spazientito uccide un cagnolino. Allora tutti s’indignano, nel furore animalista dell’Italia del 2018. Prima, niente. Soltanto consensi, risate e compiacimento. È un film di denuncia che cerca di non essere moralista. Prova a mettere insieme dei dati di fatto e a mantenere una vena comica grazie alla spalla del Duce, un regista di documentari interpretato dall’attore comico Frank Matano. E quando Mussolini si presenta in un circolo neofascista proprio lì trova le resistenze maggiori. «Non si ridicolizzano i morti», è la critica dei ragazzi di estrema destra pensando a una presa in giro. Lui ribatte: «Siete pronti a una nuova Marcia su Roma?». La risposta è scoraggiante: «Troppi problemi burocratici». Il punto è che la storia può ripetersi. Il film lo spiega in maniera grottesca e satirica. Come la pellicola che lo ispira uscita nel 2015 in Germania. Lui è tornato, si chiama il film tedesco (su Netflix) e descrive la ricomparsa di Hitler nelle strade di Berlino. Nel film originale si avverte di più il senso di colpa per il nazismo, ma si anticipa anche il sorprendente risultato elettorale di Afd. In Sono tornato il senso di colpa è assente. Al massimo c’è l’indifferenza. O l’innocenza dei bambini immigrati che parlano in romanesco, i primi a soccorrere Mussolini vestito in orbace quando si materializza in un parco dell’Esquilino. Il Duce è stupito, pensa che l’Abissinia abbia colonizzato l’Italia, rimane di sasso quando vede due uomini che si baciano. Forse davvero non c’è più posto per lui. Ma non è così. La televisione lo blandisce, le persone lo invocano. È tornato, può mettere di nuovo radici. E viene da pensare alla manifestazione di lunedì a Roma, per le vittime di Acca Larentia.