26 Aprile 2018

25 aprile, festa e polemiche. Rassegna stampa

Fonte:

Moked.it, Avvenire, Corriere della Sera, Il Giornale, Il Manifesto, Il Fatto Quotidiano, La Repubblica, La Stampa, Il Tempo

“Sfilano le bandiere della libertà,

fuori chi non le condivide”

La parola bandiera ha un significato importante, con essenzialità di colori e di simboli rappresenta e comunica identità, credo, resistenze armate che furono resistenze culturali che siamo oggi chiamati ad intraprendere. Le bandiere di oggi, 25 aprile sono quelle dell’Italia, delle associazioni dei partigiani e combattenti tra cui quelli delle nostre comunità ebraiche, della Brigata Ebraica e delle forze alleate che liberarono l’Italia dal nazifascismo. Accadeva 73 anni fa ed è il tema di questa importante celebrazione cui prendiamo parte con orgoglio come italiani. Le bandiere di oggi non sono le bandiere delle molte altre resistenze, rivendicazioni, eccidi, genocidi, questioni sociali e questioni globali che ogni giorno, nonostante le speranze di pace, sicurezza e crescita, affollano le nostre giornate e meritano dovuta e rispettosa attenzione. Ma non oggi. Lasciateci questa giornata libera da ogni altra meritevole o disdicevole questione, per dedicarci alla nostra Liberazione. Alla coerenza e alla verità storica e all’identità nazionale che dobbiamo faticosamente costruirci. La resistenza all’oblio e la resilienza assieme ai molti giovani chiamati a diventare cittadini di un’Italia e di una Europa, che assieme alle istituzioni sono chiamati ad agire per assicurare che quel passato e quella follia non si ripetano mai più, che giovani tredicenni non trovino la morte nel campo di battaglia, ma che possano vivere spensierati e maturare le loro responsabili scelte. È una giornata di impegno e condivisione, nel segno di valori universali che richiamiamo con la nostra partecipazione nelle piazze di tutta Italia: diritto di ogni popolo alla libertà, alla democrazia, al pluralismo di identità e credi.

Come ogni anno, il gonfalone dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sfila nel grande corteo nazionale di Milano assieme ai vessilli e alle bandiere delle forze che hanno partecipato attivamente alla Liberazione. Tra queste, le insegne della Brigata Ebraica, il corpo formato da oltre cinquemila volontari giunti dall’allora Palestina mandataria (il futuro Stato di Israele) che si distinse in quei mesi con molte operazioni strategiche al fianco delle Forze Alleate. A loro è stata riconosciuta per legge, e spero a breve conferita con attesa cerimonia, la medaglia per il valore militare. Noi eravamo parte di questa Italia ottant’anni fa, e lo siamo oggi con le nostre gioie e fatiche quotidiane di uomini, donne e ragazzi che si riconoscono come italiani e come tali si presentano ovunque sono nel mondo. Sul piano militare vanno ricordati lo sfondamento della Linea Gotica e la conquista di diverse località del Centro Italia nelle mani del nemico. Ma anche, nell’immediato dopoguerra, l’impegno al servizio delle Comunità ebraiche italiane che tentavano faticosamente di risollevarsi dalle macerie della Shoah. Queste persone, tra cui moltissimi giovani, assieme alle forze alleate, hanno dato la loro vita e sacrificato il loro sogni, e questo non lo possiamo dimenticare mai, essendo il fondamento della nostra libertà e dei nostri sogni. Non possiamo in alcun modo smantellare i presidi valoriali della Costituzione che abbiamo faticosamente realizzato, condiviso e vissuto; non intendiamo regalare lo spazio delle nostre piazze vere o virtuali a chi la libertà la dà così per scontata oppure strumentalizzando e favorendo il ritorno di quell’odio nelle nostre terre. Alziamo il nostro sguardo appena al di là del nostro confine apparentemente sereno e rendiamoci conto che altrove quelle stagioni di guerra sono già arrivate. Oggi è primavera e speriamo resti tale.

Noi, oggi, questo dobbiamo ricordare e celebrare.

Viva la liberazione, viva l’Italia.

Noemi Di Segni, Presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Milano – “Liberazione, giorno di unità”

Sfilano fianco a fianco in queste ore a Milano i gonfaloni dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, della Comunità ebraica milanese e della Brigata Ebraica per ribadire il proprio orgoglio nel partecipare al corteo nazionale per il 25 aprile. “Non dobbiamo disperdere la grande eredità di quanti hanno sognato questa Italia libera, democratica. – ha ricordato nelle scorse ore la senatrice a vita Liliana Segre, Testimone della Shoah e protagonista di un video messaggio proiettato in piazza Duomo, al termine del corteo milanese a cui hanno preso parte, tra gli altri, il vicepresidente UCEI Giorgio Mortara, il presidente della Comunità ebraica di Milano Milo Hasbani e il Consigliere dell’Unione David Menasci – Purtroppo, da parte mia, c’è anche una amara presa di coscienza, alla luce di quanto succede oggi, ossia che il sacrificio di tutti quelli che allora fecero una scelta di campo, difficilissima, sia stato vano. Tutti  sembrano aver dimenticato cosa voleva dire non avere la libertà”. Un monito, quello di Segre, a riconoscersi nei valori della Resistenza, valori portati avanti dagli eroi della Brigata Ebraica nonostante quanto affermino i soliti contestatori: anche quest’anno infatti gruppi di antagonisti filopalestinesi si sono organizzati per contestare il passaggio del gonfalone della Brigata. Questo nonostante il messaggio del presidente dell’Anpi di Milano Roberto Cenati: “Bisogna con forza ribadire che chi offende il simbolo della Brigata Ebraica ingiuria l’intero patrimonio storico della Resistenza italiana che è stata un grande moto unitario di popolo e di Combattenti per la Libertà. Tra di essi numerosi furono gli ebrei italiani che svolsero ruoli importantissimi nella Resistenza Italiana, come Leo Valiani, Emilio Sereni, Umberto Terracini, Giulio Bolaffi, Eugenio Curiel, Emanuele Artom, Eugenio Colorni”

“25 Aprile, festa di consapevolezza”

“Non è stata rispettata la città, non sono stati rispettati i nostri nonni”.

È grande l’amarezza di Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica romana, in questo 25 Aprile. Il presidio convocato davanti al Museo della Liberazione di via Tasso come risposta alle provocazioni dei sostenitori della causa palestinese accolti anche quest’anno nel corteo dell’Anpi, segna per il terzo anno consecutivo un distacco dalla principale manifestazione cittadina.

Un distacco che viene definito inevitabile, nonostante la mediazione della sindaca Virginia Raggi oggi presente accanto alla Comunità sia a via Tasso che in un precedente e solenne raccoglimento alle Fosse Ardeatine (cui ha partecipato anche il premier Paolo Gentiloni).

Da una parte, ricorda Dureghello, ci fu chi si impegnò e diede il proprio contributo alla Liberazione del paese. E tra questi tanti ebrei italiani e con loro, al fianco delle forze alleate, i volontari della Brigata ebraica giunti dall’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele. Dall’altra chi, “al comando del Gran Muftì, fece una scelta diversa”. E quella scelta, osserva Dureghello, “pesa ancora”.

Profondo il rammarico della sindaca. “Non siamo stati all’altezza, non siamo riusciti a preservare l’unità della festa, ad evitare che da parte di alcuni si intromettessero temi estranei a questa celebrazione” afferma Raggi. E poi aggiunge: “Le porte del Campidoglio sono sempre aperte. Per l’anno prossimo confido che saremo in grado di trovare l’unità necessaria”.

Fermo l’atto d’accusa del governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti contro chi porta avanti pericolosi revisionismi su cui, dice, “c’è ben poco da scherzare”.

Tra i protagonisti della Liberazione, ricorda, un ruolo significativo spetta proprio alla Brigata Ebraica e ai tanti ebrei italiani che scelsero la lotta partigiana (e molto spesso con ruoli di comando, riconosciuti poi con diverse medaglie al valore). “Chi oggi si permette di rimuovere questa verità – afferma – si mette fuori dalla storia della Resistenza”.

A concludere gli interventi istituzionali, dopo un saluto del presidente del museo Antonio Parisella, alcune riflessioni della presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni. “Sono felice – sottolinea – che in altre città sia stato possibile sfilare con serenità. La questione palestinese rappresenta un tema importante, ma proprio in ragione di questa importanza deve essere affrontata in altri momenti e in altre sedi. Lasciateci questa festa”.

 

25 Aprile, dissenso in Risiera

Il rabbino Alexander Meloni e il presidente della Comunità ebraica di Trieste Alessandro Salonichio, assieme ad altri esponenti del mondo ebraico triestino, hanno deciso di abbandonare quest’oggi, mentre era in corso di svolgimento, la cerimonia di celebrazione del 25 aprile nel campo di sterminio della Risiera di San Sabba. Ad essere contestata la presenza di alcune bandiere palestinesi che venivano esposte da attivisti dell’ultrasinistra.

Dopo lo svolgimento di alcuni interventi ufficiali il rabbino Meloni ha preso la parola per informare i presenti che gli esponenti comunitari avrebbero abbandonato la manifestazione e alcune manifestazioni di dissenso si sono levate tra il pubblico al momento di questo annuncio.

Precedentemente altri esponenti dell’ultrasinistra avevano contestato l’intervento del sindaco Roberto Dipiazza.

Altri Consiglieri ed esponenti della Comunità ebraica, compreso il gonfalone della Brigata Ebraica, hanno partecipato alla manifestazione fino alla sua conclusione.

Le contestazioni hanno suscitato perplessità e disagi tra i partecipanti e profonda amarezza tra le organizzazioni impegnate nella difesa degli ideali della Resistenza e della lotta al nazifascismo.

Torino – “Libertà, valore da difendere”

Un unico corteo, fatto di voci, bandiere, gonfaloni e fiaccole, quello che ha sfilato tra le vie del centro della città di Torino per celebrare l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. A più di settant’anni dal 25 aprile 1945 risulta indispensabile chiedersi cosa rappresenti oggi questa data e se e in che modo il suo significato possa essere attualizzato tenendo conto delle dinamiche della società contemporanea, che sempre più spesso vede sfumare molti degli ideali che hanno portato alla lotta per la libertà e infine alla Liberazione. L’attualizzazione della storia, questa la riflessione di fondo nata spontanea dal susseguirsi dei diversi interventi sul palco a fine manifestazione. A rappresentare l’ebraismo torinese alla fiaccolata, il presidente della Comunità ebraica Dario Disegni, ma molte sono state le autorità che hanno sfilato tra cui il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino Chiara Appendino, il prefetto Renato Saccone, il neo presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, e l’assessore alla Cultura del Piemonte Antonella Parigi.

“Il 25 aprile rappresenta la primavera di libertà, rappresenta gli ideali immortali della Costituzione, un’eterna libertà che va posta in contrapposizione agli analfabeti della democrazia e ai nostalgici della dittatura”, questo l’incisivo intervento di Bruno Segre. In rappresentanza delle istituzioni, l’intervento di Francesca Leon, assessore comunale alla Cultura, che ha parlato dell’importanza di raccontare la storia, di mesi di durissima repressione da un lato e lotta dall’altro resa possibile da una “Resistenza trasversale”.

L’orazione ufficiale spetta al professor Gastone Cottino, partigiano. Due le date richiamate, 1938 e 1948: la promulgazione delle Leggi razziste e, dieci anni dopo, l’entrata in vigore della Costituzione. Un intervallo di tempo che ha visto la civiltà e la dignità umana proprie delle democrazie travolte dall’onda nera del nazifascismo. Un’onda che tuttavia ha risparmiato quelli che Cottino definisce “i semi di ribellione, tenacemente sopravvissuti alla sopraffazione, protagonisti di 20 mesi aspri e sanguinosi di Resistenza”. Lo sguardo sul passato si sposta sul presente, dove “le virulente tendenze di stampo neofascista, vengono fin troppo spesso pudicamente definite populiste”. “Si tratta di un’iceberg – ha continuato Cottino – alla cui punta stanno le violenze”, e il richiamo ai fatti di Macerata, al marchio delle case di antifascisti a Pavia sono solo alcuni esempi, a cui bisogna rispondere con “l’ottimismo della volontà, con la fermezza di chi non rimane inerme, con la scomodità di chi non lascia la lotta e fa una scelta di libertà e di riscatto quasi istintiva”, la stessa scelta che fecero i molti all’indomani dell’8 settembre.

Alice Fubini