
Uno dei fattori che influirono maggiormente sulla genesi del mito della “cospirazione ebraica” fu lo status acquisito dagli ebrei in seguito all’emancipazione ebraica: essi ebbero allora l’occasione di affacciarsi liberamente al mondo del lavoro e delle economie capitalistiche e grazie ad un antico radicamento urbano, ad un’alta qualificazione professionale, all’assenza della proprietà fondiaria e ad una marcata alfabetizzazione ottennero uno spazio significativo all’interno del mercato. L’inserimento lavorativo ebraico danneggiò i ceti borghesi e diede talvolta vita ad invidie, discordie e competizioni. Il relativo successo economico e finanziario, la mobilità sociale e il presunto potere conseguito da alcuni ebrei fecero sorgere l’idea che gli ebrei fossero i promotori, oltre che i principali profittatori, dei nuovi assetti economici e politici. Essi vennero così accusati di essere gli autori di un piano complottistico volto a soggiogare il mondo sotto il loro dominio.
La teoria cospirativista ebraica è poi divenuta oggetto di grande popolarità nei primi decenni del XX secolo, con la pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion: un pamphlet redatto dalla polizia segreta russa che contiene relazioni totalmente false e pretende di svelare i particolari di una presunta cospirazione internazionale degli ebrei volta alla progressiva conquista e dominio del mondo.
