3 Settembre 2015

Ferma reazione dell’ Unione delle Comunità Ebraiche Italiane davanti al dramma dei migranti

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Daria Gorodisky

Numeri scritti a pennarello sul braccio Gli ebrei: «Ci ricordano la Shoah»

La comunità italiana sulle «marchiature» nella Repubblica Ceca: trattati come bestiame

ROMA Stazione ferroviaria di Breclav, Repubblica Ceca. Una poliziotta scrive a pennarello blu un numero bello grande sul braccio di un bambino, poi un altro sulla mano di un giovane uomo. Vengono «marchiati» in questo modo 214 profughi, per la maggior parte siriani. Tra le notizie e le immagini che ieri hanno indignato il mondo, c’è stata anche questa.

La cittadina è vicina al confine austriaco e di li passano treni che, partiti dall’Ungheria, sono diretti in Germania. La pressione dell’ondata migratoria in Europa è sempre più forte; e i regolamenti internazionali che dovrebbero gestire gli ingressi di chi cerca rifugio sono sempre più inattuali ed evanescenti. Così, le autorità governative ceche hanno cercato di spiegare che numerare le persone era un sistema per tenere insieme i gruppi familiari, soprattutto vista la quantità di bambini presente nei treni; oppure, come riportato dal Daily Mail online, hanno fatto presente che evidenziare il numero di convoglio e di vagone dei clandestini avrebbe facilitato il loro respingimento verso il Paese di partenza.

Però, per le organizzazioni umanitarie ceche e internazionali controlli, caos e mancanza di preparazione non giustificano in alcun modo comportamenti illeciti che «ricordano quelli dei nazisti».

E anche la comunità ebraica italiana ha condannato duramente il fatto. «Quello che è accaduto è gravissimo. Decine di profughi sono stati letteralmente marchiati come fossero bestiame destinato al macello, richiamando inevitabilmente il periodo più oscuro della storia contemporanea», ha dichiarato Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Sottolineando la necessità di una reazione «forte e unitaria» per la costruzione di ponti di dialogo e solidarietà, e impegnando a questo fine «l’esperienza di amore per la convivenza delle realtà ebraiche», Gattegna ha però definito gravissima anche «l’immagine di un’Europa che appare sempre più fragile e incapace di affrontare le sfide che la investono».

Una linea di pensiero che è condivisa dalla presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello: «Sono immagini terribili, non si può ledere la dignità delle persone. Tutto questo mette in luce però anche un problema sostanziale: l’Europa è in affanno, il fenomeno migratorio prima è stato sottovalutato e poi, quando il flusso è ingigantito, non si è capaci di gestirlo. Adesso affrontiamolo, cominciando a interrogarci sugli errori commessi e operando con politiche di accoglienza e integrazione».

Certo, esiste un aspetto sicurezza che non può essere trascurato: «È chiaro che non si può abbassare la guardia. Ci devono essere controlli, e soprattutto prevenzione. Però sempre nel rispetto delle persone. So che l’equilibrio fra accoglienza e sicurezza può essere difficile, un gatto che si morde la coda. Eppure, di fronte a certe situazioni, non possiamo stare a guardare e diventare complici di qualcosa di tremendo e già visto. Altrimenti, l’anima dell’Europa nata dalle ceneri di Auschwitz sarà svuotata di ogni suo valore fondamentale».

Ma davvero si può fare un parallelo tra i fatti di Breclav e gli orrori della Shoah, che è stata citata da più parti? «No — conclude Ruth Dureghello —. Però non accetto che si resti indifferenti di fronte all’immagine di persone che diventano numeri. Non mi piace affatto».