Autore:
Adam Smulevich
UCEI – Noemi Di Segni: Ebrei si sentono isolati, norme contro odio da adeguare
Sta per concludersi il mandato da presidente Ucei per Noemi Di Segni. In una conferenza stampa di fine anno nella sede della Biblioteca Nazionale dell’Ebraismo Italiano di Roma, Di Segni ha fatto un punto su vari temi di attualità. In primis il crescente antisemitismo, le distorsioni su Israele e il Medio Oriente, la sfida della Memoria consapevole. Accanto a Di Segni c’era Davide Jona Falco, assessore Ucei alla Comunicazione. Di Segni ha esordito denunciando «l’abuso totale» della memoria in atto in molti ambienti della società italiana, «con parole collegate alla Shoah tutte prese e ribaltate sugli ebrei e su Israele». Anche guardando al prossimo Giorno della Memoria, «c’è un animo preoccupato, in un clima pesante: il desiderio è tutelare le persone colpite, la senatrice Liliana Segre così come ciascun ebreo». In tema di pregiudizio antiebraico, Di Segni ha osservato che gli strumenti per contrastarlo «non sono sufficienti e vanno migliorati, in parallelo con lo sviluppo dell’educazione, della coscienza civile, della coscienza sulla memoria». La sua opinione è che sia importante incanalare il dibattito sul ddl Delrio in materia di antisemitismo «nella commissione affari costituzionali del Senato». Di Segni ha anche ricordato come la definizione di antisemitismo dell’Ihra sia «uno strumento di lavoro e non un testo normativo che si mette con un copia e incolla dentro una legge». Serve un aggiornamento delle norme giudiziarie, ha proseguito la presidente Ucei, perché «la realtà ha superato qualsiasi immaginazione rispetto a quando le norme furono concepite». Di Segni si è quindi soffermata sulle oltre 50 denunce presentate dall’ente nei confronti «delle persone più diverse, in situazioni di ogni genere». Secondo Di Segni, i sentimenti oggi prevalenti tra gli ebrei italiani sono isolamento e incertezza: «Non è la paura della bomba che esplode. Gli ebrei oggi si sentono isolati, avvertono di non essere più parte di un contesto che prima aveva delle certezze e delle persone di riferimento sulle quali contare in contesti anche informali». Per Di Segni «altro motivo di dolore» è la percezione alterata di ciò che accade in Medio Oriente, la non sufficiente percezione dell’esistenza di una pur fragile tregua e di un percorso condiviso. In questo senso Di Segni ha fatto riferimento al mondo propal e alla «paura di sfascio» collegata alle loro iniziative, con ricadute a livello di sicurezza e sviluppo della vita ebraica. C’è una cesura in atto, ha accusato la presidente Ucei: «Agli ebrei non si crede, mentre quello che dicono gli altri è sempre vero. È un buco nero di cui non ci si capacita: è antisemitismo, è pregiudizio». Di Segni ha parlato di « realtà preoccupante con determinate organizzazioni che finanziano e danno potere, forza e comunicazione a studenti, gruppi organizzati, antagonisti, certi raggruppamenti religiosi». A beneficiarne sono però anche «alcuni giornalisti e reti televisive, piattaforme mediatiche con diverse forme e canali». La presidente Ucei si è soffermata sull’uso consapevole delle parole e sulla «grande confusione» attorno al mondo ebraico e Israele. Antisionismo, ha esplicitato, «vuol dire odiare Israele». Di Segni ha anche illustrato la scelta di non ricandidarsi in ambito Ucei dopo nove anni e mezzo da presidente e quattro da assessore al Bilancio sotto la presidenza di Renzo Gattegna. «Non è un passo indietro, ma un passo avanti per avanzare in altre direzioni», ha puntualizzato, annunciando l’intenzione di «essere di supporto negli organismi internazionali nei quali ci siamo affermati come Unione». Nelle relazioni con l’esterno, Di Segni ha detto di aver lavorato con i vari interlocutori «per rappresentare il pluralismo delle voci e anime dell’ebraismo italiano, essendo al tempo stesso netta e chiara sui valori». Rispetto alle dinamiche interne, «di aver lavorato per rendere l’Unione trasparente con serietà, rigore e migliori prassi gestionali». Molti temi dei temi evocati sono stati ripresi anche da Jona Falco. Per l’assessore, le istituzioni ebraiche e comunitarie «vivono oggi sotto scorta» e ciò rappresenta un problema non soltanto ebraico, ma di tutta la collettività italiana. In quest’ottica, ha dichiarato, «vorremmo che l’Italia reagisse all’indifferenza». Jona Falco ha poi aggiunto: «Siamo e ci sentiamo profondamente italiani. Quello che ci piace immaginare è che, ciascuno nel proprio settore, possa operare per una società italiana del futuro in cui certi episodi di stampo fascista possano essere contrastati». Jona Falco ha rivendicato il lavoro svolto dall’ente nell’ultimo mandato: «L’Ucei è oggi vista come un interlocutore serio e affidabile. Il periodo che si sta per chiudere è stato caratterizzato dall’impegno di promuovere unità al di là delle differenze».
