29 Maggio 2023

Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, commenta il film “Rapito”

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Riccardo Di Segni

Il dialogo al di là dei tabù

Caro Direttore,
la presentazione di “Rapito”, il nuovo film di Marco Bellocchio, che racconta fedelmente il caso Mortara, non poteva passare nell’indifferenza, e, come previsto, ha suscitato reazioni e polemiche. La storia, vera, è quella di un bambino ebreo bolognese, che a sei anni fu sottratto con forza alla famiglia e portato a Roma per essere educato cristianamente; una domestica cristiana lo aveva segretamente battezzato anni prima ritenendolo in punto di morte per una malattia; dopo anni aveva raccontato il fatto alle autorità religiose che avevano ritenuto valido il battesimo e si erano portati via il bambino. L’episodio si svolse nel 1858 sotto il dominio di Pio IX, che si prese cura del bambino come di un figlio. Il bambino allevato cristianamente scelse le fede cristiana, e rifiutò di tornare all’ebraismo quando nel 1870 Roma fu liberata; divenne sacerdote, noto, celebrato (e anche discusso) predicatore poliglotta; mori nel 1940 in Belgio; e se fossero passati altri mesi ci avrebbero pensato i nazisti a farlo morire, perché malgrado tutto sempre ebreo era. Questa storia di sottrazione di minore non era una novità nella storia della Chiesa e negli Stati da lei dominati.

C’era sempre stata una forte pressione conversionistica da parte della Chiesa e tante volte era successo che se un ebreo, per qualsiasi motivo, decideva di farsi cristiano le autorità disponevano il sequestro coatto di tutta la famiglia e automaticamente battezzavano i minori. Queste storie, durate secoli, sono state ricostruite con dovizia di particolari dalla storica Marina Caffiero (Battesimi forzati, 2004), non erano sporadiche, esprimevano una linea oppressiva coerente e sistematica. Gli ebrei sotto il dominio papale erano solo tollerati, rinchiusi in ghetto, appena possibile ne fuggivano (come fu l’esodo verso la Toscana in epoca napoleonica) e la politica conversionistica era coerente con il clima di oppressione e umiliazione. Ciò che rese singolare il caso Mortara fu il momento particolare in cui avvenne, alla vigilia dell’unità d’Italia, con la contrapposizione tra la visione di Pio IX e le aspirazioni unitarie sostenute dalla monarchia sabauda. L’ostinata resistenza del Papa a qualsiasi cedimento non solo mise in crisi molti fedeli cristiani ma fu un’offerta su un vassoio d’argento alla propaganda anticlericale che usò il caso per dimostrare l’intolleranza, l’illiberalità e la durezza della Chiesa. Divenne quindi oltre che un caso religioso un caso politico. Rivangare il caso Mortara oggi significa anche riproporre una discussione sulla storia del Risorgimento e sulle diverse visioni della figura di Pio IX. Le recensioni che in questi giorni sono state pubblicate risentono anche del peso di queste polemiche, mai sopite, anche se stupiscono un po’ le difese d’ufficio dell’ultimo Papa re. Ma c’è di mezzo anche, e non di poco conto, la storia dei rapporti tra ebraismo e cristianesimo. Il tema delle conversioni, della pressione conversionistica, e in particolare delle conversioni dei minori “invitis parentibus”, ossia contro la volontà dei genitori, è stato sempre un nervo scoperto. Uno spirito sprezzante antigiudaico, unito alla convinzione di fare un dono alle tenere creature, per salvare le loro anime e liberarle dalla “superstizione giudaica” ha guidato anche ben dopo il caso Mortara il comportamento della Chiesa cattolica.

Alla fine della seconda guerra mondiale, il nonno dell’attuale presidente d’Israele, il rabbino capo d’Israele Isaac Herzog, riuscì, con non poca fatica, a farsi ricevere da Pio XII al quale chiese il rilascio alle istituzioni ebraiche dei bambini ebrei nascosti nei conventi dai genitori, bambini rimasti orfani per la morte dei genitori per mano nazista. Il Papa si oppose al rilascio, in base agli stessi principi di Pio IX, secondo il quale questi bambini ormai battezzati appartenevano alla Chiesa. Vi furono casi giudiziari clamorosi e a tutt’oggi non sono mai stati pubblicati i nomi di questi bambini, e questo vale anche per l’Italia. Oggi il clima dei rapporti interreligiosi è completamente cambiato, il tema delle conversioni è stato chiarito, nel senso che non c’è — o non ci dovrebbe essere — alcuna propaganda e alcuna pressione, ma la questione resta una cartina di tornasole della salute dei rapporti. Le difese d’ufficio di Pio IX e del suo apparato persecutorio, che compaiono in questi giorni da molte parti del mondo cattolico, sono per questo motivo se non stupefacenti almeno preoccupanti.

L’autore è rabbino capo della Comunità ebraica di Roma