30 Ottobre 2018

Reazioni all’attentato di Pittsburgh

Fonte:

Moked.it

Autore:

Rossella Tercatin  

L’Italia ebraica si stringe a Pittsburgh “Segnali di odio da non sottovalutare”

Ancora solidarietà dall’ebraismo italiano per l’attentato alla sinagoga conservative Tree of Life di Pittsburgh. Un momento di riflessione e preghiera si sarebbe dovuto tenere nel Tempio Maggiore di Roma, ma è saltato per le avverse condizioni climatiche che hanno colpito la Capitale. Ci si è però ritrovati numerosi in diverse sinagoghe tra cui quelle di Milano e Firenze.

A Milano i nomi delle vittime di Pittsburgh sono stati letti nel silenzio del Tempio di via Guastalla. Tanti gli ebrei milanesi venuti ad ascoltare le parole del rabbino capo della città rav Alfonso Arbib, a leggere insieme i tehillim e recitare il kaddish per le undici vittime dell’attentato. Parlando ai presenti, rav Arbib ha ricordato come l’antisemitismo sia una minaccia costante, che nel corso dei secoli ha cambiato maschera ma il cui bersaglio è rimasto lo stesso: gli ebrei. Questo non significa che non si possa combattere ed è necessario che la politica si prenda le sue responsabilità, il concetto espresso dal rabbino capo: è necessario che i politici smettano di usare toni che incitano alla violenza e all’odio. “Ci troviamo anche questa volta a dover aprire le nostre sinagoghe per ricordare delle vittime innocenti causate dal cieco odio razzista – ha ricordato il presidente della Comunità ebraica milanese Milo Hasbani – Le undici vittime della strage di Pittsburgh stavano pregando, stavano celebrando lo shabbat, e non si aspettavano di morire in questo modo vile”. Hasbani ha poi richiamato le parole d’odio del responsabile della strage – “Tutti gli ebrei devono morire” – a cui fanno da contraltare quelle dell’ex primo ministro d’Israele Golda Meir che ricordava come ebrei “ci rifiutiamo di scomparire, non importa quanto forte, spietata e brutale possa essere la forza usata contro di noi”. Tra i presenti in sinagoga il presidente dell’Anpi Milano Roberto Cenati, che in un messaggio al mondo ebraico all’indomani della strage aveva sottolineato: “Ci sono persone a cui si mette in testa che le ideologie razziste siano ancora oggi la risposta alle problematiche attuali, scaricando sugli ebrei, su chi fugge dalle guerre e da situazioni disastrose, la responsabilità della crisi della società contemporanea: è la ricorrente teoria del capro espiatorio. La discriminazione razziale e l’odio per lo straniero così come la purezza etnica sono risposte tragicamente già date nel secolo appena trascorso”. Contro questa retorica d’odio, sottolineava Cenati, l’antidoto più efficace “è costituito dalla Memoria e dalla cultura, legate alla conoscenza storica”.

Ad intervenire nella sinagoga fiorentina la presidente della Comunità ebraica Daniela Misul, il rabbino capo Amedeo Spagnoletto e il console americano Benjamin Wohlauer. “Sono andato sul sito della sinagoga di Pittsburgh e mi ha fatto impressione constatare come le attività che organizziamo siano molto simili. Veniamo da uno Shabbat particolarmente intenso, qui a Firenze. E proprio di Shabbat si è deciso di colpire a Pittsburgh. Il giorno più importante, il dono più grande che l’ebraismo ha fatto al mondo assieme al monoteismo” ha commentato il rav Spagnoletto.

“Non dobbiamo essere indifferenti a quel che ci succede intorno” il monito della presidente Misul, che ha invitato a non sottovalutare i segnali di odio crescenti anche nella società italiana. Segnali che, ha sottolineato, hanno trovato la loro simbolica e allarmante rappresentazione nel corteo fascista di Predappio.

In sinagoga tra gli altri l’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il sindaco Dario Nardella, la senatrice Caterina Biti, il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, la Consigliera regionale Titta Meucci, gli assessori comunali Sara Funaro e Massimo Fratini. Oltre alla dirigenza comunitaria, per l’UCEI era presente la Consigliera Sara Cividalli. “Noi oggi ci sentiamo più che mai vicini alla Comunità ebraica di Firenze, agli ebrei di Pittsburgh e del mondo. Oggi siamo tutti ebrei” ha detto il sindaco Nardella a margine della cerimonia. “Essere qui lo considero un dovere di senatore, rappresentante del proprio territorio. Ma anche un dovere di padre. L’odio antisemita va combattuto anche oggi, ancora oggi” ha affermato il senatore Renzi.

Il cordoglio e la frattura aperta

Dopo l’attentato alla sinagoga Tree of Life di Pittsburgh il mondo ebraico, dentro e fuori dai confini americani, si è ritrovato di fronte al dolore per le 11 vite spezzate e allo shock per l’episodio antisemita più grave della storia Usa.

Tuttavia, il cordoglio unanime non è bastato a rimarginare una delle fratture che pervadono la realtà ebraica contemporanea: la contrapposizione tra diverse denominazioni. All’indomani dell’attacco infatti, non è passato inosservato come nella stampa espressione del mondo ebraico haredi, il luogo della strage, affiliato al movimento conservative, non sia stato denominato sinagoga, ma tutt’al più centro ebraico. Un approccio di cui è stato chiesto conto al rabbino capo ashkenazita di Israele, rav David Lau, in un’intervista al quotidiano israeliano Mekor Rishon. Pur cercando di non scatenare polemiche, il rabbino non ha a sua volta voluto impiegare il termine sinagoga, parlando invece di un luogo di chiaro carattere ebraico. “Questa domanda non è rilevante. Non importa come viene chiamato dove è avvenuto, le vittime sono state uccise in quanto ebrei”, ha dichiarato, aggiungendo: “Non c’è bisogno di creare problemi in un momento doloroso”. Diverse le reazioni, a partire da quella del primo ministro Benjamin Netanyahu, che pur non menzionando esplicitamente Lau, ha ribadito senza equivoco l’identità di Tree of Life come sinagoga. “Degli ebrei sono stati uccisi in una sinagoga. Sono stati uccisi perché erano ebrei, e il luogo è stato scelto perché è una sinagoga. Non dobbiamo dimenticarlo, siamo un unico popolo”, ha twittato Netanyahu.

“Il rabbino Lau si è rifiuta di chiamare sinagoga un luogo in cui degli ebrei sono stati uccisi pregando. Una sinagoga tale anche dal punto di vista halakhico”, ha commentato Tomer Persico, Research Fellow al Hartman Institute di Gerusalemme e docente di religioni comparate all’Università di Tel Aviv.

Anche rav Benny Lau, importante voce del mondo ortodosso progressista (e cugino di David), è intervenuto ricordando i “fratelli e sorelle uccisi in una sinagoga perché ebrei”, e mettendo in guardia contro le divisioni all’interno della comunità.

Mentre rav David Stav, a capo dell’organizzazione ebraica Tzohar, ha dichiarato in un messaggio “Nessun ebreo, a prescindere da dove si trovi può non essere rimasto scioccato e profondamente addolorato dall’attacco a ebrei innocenti in una sinagoga avvenuto a Pittsburgh. Tutti noi esprimiamo solidarietà alla comunità ebraica di Pittsburgh e auguriamo una rapida guarigione ai feriti. Questa orripilante tragedia prova ancora una volta che le minacce del terrore e l’odio rimangono – ha proseguito – Oggi più che mai dobbiamo assicurarci che i nostri nemici sappiano che siamo un popolo unito, che condivide dolore e angoscia di tutti i fratelli ebrei a prescindere dal luogo di appartenenza, denominazione o livello di osservanza, e che non verremo mai sconfitti da odio o terrore”.

La questione dell’uso del termine sinagoga si inserisce nel contesto più ampio del rapporto tra Stato di Israele e denominazioni ebraiche non ortodosse, che negli Stati Uniti rappresentano la maggior parte della comunità, ma le cui istanze sono in gran parte non riconosciute dal Rabbinato Centrale israeliano.

Rossella Tercatin

 

(Foto: cge fotogiornalismo)