3 Marzo 2022

Presentazione della nuova edizione dell’ indagine annuale “Gli italiani e il Giorno della Memoria”

Memoria, valori e informazione

Le sfide dell’Italia ebraica

Dal 2014 l’istituto di ricerca triestino Swg, con la collaborazione della redazione di Pagine Ebraiche, realizza l’indagine su “Gli italiani e il Giorno della Memoria”. Uno studio che rappresenta uno strumento importante per capire quale percezione ha l’opinione pubblica del nostro paese rispetto alla Memoria della Shoah. Utile a comprendere le variazioni nel tempo di questa percezione, ma anche per aprire una riflessione interna al mondo ebraico sui propri valori e su come comunicarli alla società oggi.

“Il lavoro di Swg, un dono prezioso, ci spinge a interrogarci su chi siamo, su cosa stiamo facendo come ebrei italiani, su dove potenzialmente potremmo andare”, ha sottolineato il direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale, in occasione della presentazione dell’indagine sul Giorno della Memoria organizzata dall’Adei Wizo di Trieste nelle sale del Museo Carlo e Vera Wagner.

A illustrare al pubblico i risultati di quest’anno è stato il direttore di ricerca di Swg Riccardo Grassi, che si è soffermato subito su un dato legato alla consapevolezza, nel pubblico italiano, di cosa sia il 27 gennaio. “In questi nove anni abbiamo registrato delle oscillazioni rispetto alla capacità di riconoscere correttamente la ricorrenza del Giorno della Memoria. Oscillazioni che ci dicono una cosa molto chiara: non dobbiamo mai abbassare la guardia su questo tema”. Alti e bassi nel tempo, ha evidenziato Grassi, suggeriscono la necessità di intervenire e mantenere costante il lavoro della Memoria per evitare il rischio di cadute nella consapevolezza della sua importanza per l’intera società. Una diminuzione che si è registrata in questi due anni di pandemia, con un calo rilevante rispetto alla percentuale di chi identifica autonomamente “quale commemorazione ricorre il 27 gennaio”. Si passa infatti dal 55,6% del 2021 al 52,3% registrato quest’anno. A confermarsi è una tendenza già registrata nel 2020 e 2021, con una crescita considerevole del gruppo di chi ritiene innanzitutto “giusto” celebrare il Giorno della Memoria. Il segno, si spiega nel rapporto, “di uno scarto semantico rispetto al passato e di una nuova attualizzazione dei contenuti legati al 27 gennaio”.

Il Giorno della Memoria sarebbe “giusto” per il 39% degli italiani, “formativo” per il 37%, “dovuto” e “necessario” per il 33%. Il 10% lo definisce invece “retorico”, mentre il 5% “inutile”. Per il 23% degli intervistati, uno dei dati più allarmanti in assoluto, il Giorno della Memoria “non servirebbe più a nulla”. Se però si guarda al trend degli ultimi nove anni, emerge un elemento positivo: il 27 gennaio si è consolidato come un momento sempre più irrinunciabile per la società italiana. E su questo, ha evidenziato Grassi, è possibile continuare a costruire il futuro e promuovere i valori strettamente connessi alla Memoria, ma anche all’ebraismo. “Dobbiamo però interrogarci su quali siano questi valori alla luce delle trasformazioni che stiamo vivendo”, lo spunto dell’analisi di Vitale, che si è soffermato sulla stretta attualità. “La pandemia ha messo in opera delle trasformazioni gigantesche che ancora non siamo in grado di misurare. E il conflitto in Ucraina be metterà in gioco delle altre. Anzi ha già causato in meno di una settimana ha innescato nella società delle trasformazioni mai avvenute dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi”. Davanti a questi cambiamenti epocali due sono le strade possibili, anche per il piccolo mondo ebraico: subirli oppure comprenderli e usarli per trarne del bene, ha evidenziato il direttore della redazione di Pagine Ebraiche. “Anche la guerra, portatrice di mostruosi effetti in termine di vite umane e distruzione, ha però consolidato in pochi giorni il mondo democratico, ha messo nell’angolo i populismi che infestavano le società europee”. In questo quadro, in cui informare e comunicare ha un ruolo centrale, la minoranza ebraica deve chiedersi cosa vuole dire e come farlo in maniera efficace. “Qui abbiamo accumulato, come ebrei italiani, un ritardo drammatico e molto pericoloso. – l’analisi di Vitale – Siamo rimasti impigliati in un’idea per cui il mondo dell’informazione è un campo giochi in cui far proliferare iniziative estemporanee, in cui ognuno può agire sulla base dei propri sentimenti momentanei senza preoccuparsi delle conseguenze. C’è così un enorme quantità di interventi, di investimenti, di voci, ma abbiamo molta difficoltà a trasformare tutto questo in un’informazione di spessore ed efficace”. Il problema, ha aggiunto il direttore, “è che dobbiamo ricordarci che l’informazione è un veicolo. Possiamo salirci a bordo, ma dobbiamo sapere dove vogliamo andare. Muoversi senza una meta è molto pericoloso”. Avere chiaro il messaggio che si vuole portare avanti, ha aggiunto, è fondamentale per costruire un futuro per l’Italia ebraica, per poter essere parte integrante della società, per essere riconosciuti al suo interno come un valore aggiunto e, sulla base di questo, per poter reperire risorse per il suo mantenimento.