26 Gennaio 2024

Non solo memoria. L’antisemitismo spiegato da sociologia e psicologia

Domenica scorsa, sull’inserto culturale Domenica del Sole24Ore, lo storico sociale delle idee, David Bidussa, ha scritto un interessante articolo sulla crisi del Giorno della Memoria, dove invita a riarticolare i contenuti della comunicazione e delle iniziative usando meglio le profilazioni storiche del tema. L’anno scorso, su queste pagine, il rabbino Riccardo Di Segni presagiva un impoverimento o una crisi da assuefazione per il Giorno della Memoria, che favorirebbe una percezione riduttiva degli ebrei, come mere vittime di persecuzioni. Modestamente anche io segnalavo, a ruota, il problema, e discutevo qualche idea.

Nei giorni scorsi ho commentato qui il report della Commissione Lancet su “Medicina, nazismo e olocausto”, che invitava tutte le scuole di medicina occidentali a introdurre nei curricula formativi di medici e professionisti della sanità, insegnamenti obbligatori di storia della medicina e bioetica dedicati al ruolo dei medici nella Shoah; sulla base dell’idea che i medici e professionisti sanitari sono moralmente fragili e che è necessario fare richiami periodici, più consistenti che una celebrazione, per vaccinarli contro l’antisemitismo. Insomma, la più autorevole rivista medica in Europa propone di insegnare la storia e l’etica medica della Shoah per ridurre la circolazione dell’antisemitismo, dove questo è più costantemente una minaccia. E lo propone con esempi e discussione di piani didattici volti a perforare anche l’indifferenza o insofferenza supponente di alcuni studenti per temi che ritengono superati – di regola discutendo con costoro si scopre che coltivano i più scontati luoghi comuni antisemiti (es. gli ebrei comandano il mondo, controllano l’economia, non è vero che i nazisti furono perseguitarono gli ebrei).

Dati interessanti sono emersi recentemente anche sulle basi psico-sociologiche dell’antisemitismo, che dovrebbero istruire i contenuti delle iniziative e delle comunicazioni sull’Olocausto. In modo da lavorare con più precisione nell’intercettare i fattori causali remoti e prossimi dell’antisemitismo. Il problema del perché delle persone umane, in numero così cospicuo, hanno potuto, con una perizia tecnologica, organizzare persecuzioni, torture e assassinii di tutti gli ebrei a tiro, in un paese che tanto doveva alla cultura ebraica, è ancora irrisolto. Come è potuto accadere? Conosciamo bene la cronologia e gli argomenti antisemiti dei nazisti, in particolare la strategia propagandistica della deumanizzazione e la descrizione degli ebrei come “parassiti” o “germi” da sterminare. Quali rapporti sussistono tra l’antisemitismo pre e post Seconda guerra mondiale, ovvero anche con le forme odierne? Come fu possibile che la comunità medica di un paese che dal 1931 si era data il più avanzato codice di etica medica al mondo, in pochissimi anni si sia affiliata al partito nazista e sia diventata responsabile di un olocausto: dei boia in un piano statale di “igiene razziale” o di “politica biologica?” Etc.

Questi interrogativi se li pose a modo suo, forse per primo, lo psichiatra e psicoanalista Leo Alexander, che fu uno dei due principali periti degli Alleati durante il processo di Norimberga ai medici nazisti, e coautore del Codice di Norimberga. Anche Theodor Adorno ci rifletteva in un classico studio sulla personalità autoritaria, condotto insieme a scienziati sociali all’Università di Stanford. Ovviamente Primo Levi, in Se questo è un uomo, discute scientificamente e acutamente, da chimico, su diversi aspetti psicologici dell’interazione tra carcerieri  o medici nazisti e prigionieri, osservabili nei lager. Poi vengono gli esperimenti di Stanley Milgram sull’obbedienza, ispirati anche dal concetto di “banalità del male” di Hannah Arendt. Philip Zimbardo discusse le questioni in diverse pubblicazioni sull’esperimento delle prigioni, mentre Albert Bandura – lo psicologo più citato nella storia dopo Freud e Piaget – nelle sue pubblicazioni sulla teoria del disimpegno morale discute la componente della deumanizzazione, che vedeva all’opera non solo nel nazismo ma anche in Donald Trump. Senza dimenticare lo psichiatra Robert Jay Lifton che in un classico, I medici nazisti, propone una spiegazione psicoanalitica dell’Olocausto. Infine, ma solo per non tirarla per le lunghe, lo straordinario saggio di Claudia Koonz, The Nazi Conscience, che è illuminate nel descrivere la morale dei nazisti, che non erano amorali o contro la morale comune o folli, ma coltivavano una morale/etica del tutto umana e basata su idee totalitarie/organiciste e di igiene razziale, su un complottismo pervasivo e la disumanizzazione di ebrei, Rom, etc.

Ognuno di questi approcci aveva le sue peculiarità epistemologiche. L’ultimo studio interessante è stato pubblicato circa sette mesi fa. Dei sociologi del King’s College e Goldsmiths University, a Londra, e della Arden University a Coventry hanno condotto due sondaggi su quasi 3000 adulti residenti nel Regno Unito, che costituiscono un campione demograficamente e culturalmente omogeneo. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature’s Humanities and Social Sciences Communications nel luglio 2003, è stata finanziata dalla Campagna contro l’antisemitismo e dalla Fondazione Alfred Landecker e si intitola L’antisemitismo è previsto dall’aggressività anti-gerarchica, dal totalitarismo e da credenze di cospirazioni globali malvagie. Lo studio è stato presentato anche su Times e discusso alla Camera dei Comuni il 10 luglio 2023In UK c’è allarme perché un quinto dei cittadini è antisemita e metà dei giovani tra 18 e 25 anni, che paragonano gli israeliani ai nazisti, negano il diritto ad esistere dello stato di Israele. Alla vigilia della Giornata della Memoria servirebbe, dicono alcuni autorevoli esponenti del mondo ebraico, con urgenza un ripensamento del modo in cui insegniamo l’antisemitismo, etc. Se i giovani non riescono a vedere la relazione tra l’antisemitismo genocida dei nazisti e l’antisemitismo genocida di Hamas e, peggio ancora, si rifiutano di parlare di come gli atteggiamenti verso Israele e i suoi sostenitori siano influenzati dal pregiudizio antisemita, allora è chiaro che non stiamo parlando di antisemitismo in modo corretto.

I ricercatori hanno in primo luogo scoperto che le opinioni antisemite sono più diffuse tra le persone che considerano giustificabile una svolta autoritaria estrema, contro gli oppositori politici, cioè tra coloro che vorrebbero il rovesciamento dell’ordine sociale e hanno un’idea populista della società. I risultati suggeriscono che l’antisemitismo potrebbe essere meno strettamente collegato alle convinzioni politiche di quanto si sia finora pensato, e più strettamente dipendente da opinioni e punti di vista su altri argomenti come la religione, il nazionalismo etnico e le teorie cospirative. Ricordiamo solo il peso che ebbe in Europa dal 1903 il pamphlet Protocolli dei Savi di Sion, una delle più riuscite teorie cospirative, che getta benzina sul fuoco dell’antisemitismo per decenni. E qualche idiota ne parla ancora. A causa del legame con i nazisti, in passato si è ritenuto che l’antisemitismo fosse un fenomeno di destra. I risultati cambiano la questione: opinioni/pregiudizi antisemiti sono più probabili tra i complottisti, i rivoluzionari e le persone che considerano la dittatura una forma di governo accettabile. È sempre esistito in entrambi gli schieramenti politici, come hanno dimostrato precedenti studi. La Commissione per l’Uguaglianza e i Diritti umani tempo fa ha rilevato che il Partito laburista ha commesso atti illegali a sfondo antisemita durante il periodo della leadership di Jeremy Corbyn, evidenziando il problema dell’antisemitismo nella sinistra politica contemporanea. Sono gli stessi commenti che fa il direttore di Lancet per spiegare come mai la sua rivista ha lanciato una campagna per insegnare i rapporti tra medicina, nazismo e olocausto

Nella popolazione britannica ci sono antisemiti i quali ritengono che lo Stato democratico sia un inganno del “perfidi ebrei”, e si sentono giustificati ad abbatterlo e a intraprendere azioni repressive contro i responsabili. Nondimeno, i movimenti politici che abbracciano fantasie cospirative possono sentirsi giustificati a reprimere gli avversari politici, cioè non temono di rovesciare lo Stato democratico e sono aperti all’antisemitismo. Un autore della pubblicazione ha commentato che la “ricerca apre la strada a un’analisi più approfondita delle fantasie cospirative” che alimentano l’antisemitismo. Un altro autore commenta che i risultati della ricerca aprono “la strada a ulteriori studi sulle forme di autoritarismo di destra e di sinistra, per creare un dibattito più equilibrato all’interno della letteratura sul pregiudizio”.

La ricerca fornisce dati significativi a sostegno dell’idea che le persone con atteggiamenti antisemiti nei confronti di Israele e dei suoi sostenitori hanno maggiori probabilità di avere atteggiamenti antisemiti nei confronti degli ebrei britannici. Un dato rilevante, alla luce degli eventi successivi al massacro del 7 ottobre 2023 commesso da Hamas nel sud di Israele, è l’aumento di crimini nel Regno Unito, che preoccupa il governo per l’alto tasso di episodi di aggressioni a sfondo antisemita nelle scuole. In Italia sembra non interessare il mondo politico che, tra il 18 e il 25% a seconda del contesto geografico, delle fasce di età e dei sondaggi coltivi una o più credenze antisemite allarmanti, che implicano di regola anche opinioni antidemocratiche, ma nessun sondaggio mi risulta sia stato fatto dopo il 7 ottobre.