5 Marzo 2024

Milano, segnali di antisemitismo

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Maurizio Crippa

L’antisemitismo è tornato a circolare come moneta (il)legale

Le accuse a Liliana Segre, il nuovo pensiero dominante sul “genocidio” e altre ignoranze

Mllano medaglia d’oro della Resistenza, Milano del Binario 21. Milano che da tempo soffre tanti piccoli brutti segnali di un antisemitismo che si diffonde come nebbia. Milano è anche la città di Liliana Segre, che si è vista costretta a querelare la non-ex ambasciatrice Elena Basile che l’accusava di avere a cuore solo i bambini ebrei e non quelli palestinesi. Segre che nel weekend, a Roma, è stata insultata da un cartello: “Non sento la tua voce sulle stragi a Gaza”. Bene ha fatto Corrado Augias a schierarsi “dalla parte di Segre” su Repubblica, scrivendo che l’insulto “dice da solo quanto confusa sia la situazione”. Si può però precisare, rispetto alle sue parole, che la causa dei rigurgiti antisemiti non è di “quanto confusa sia la situazione”, bensì di quanto siano confusi gli autori. Anzi, più che confusi, coloro che quelle accuse agitano, dai giornali, dai talk, dalle manifestazioni (fortunatamente senza manganelli) o dalle scuole occupate si possono definire in preda “a totale e programmata ignoranza delle circostanze” (Ferrara). Lo fanno confondendo le parole, ma soprattutto lo fanno costruendo una lettura dei fatti forzosa e deviante, corriva. Che impedisce di distinguere l’aggressione terroristica a scopo di rigettare un intero popolo “fino al mare” dalla reazione -di cui sui può ovviamente, dopo cinque mesi, accusare la spietatezza e la dimensione – tesa però a sradicare la minaccia terroristica. Scaricare la colpa sui “colonizzatori” (non i coloni, ma tutti quanti gli ebrei), e ovviamente sui loro alleati d’occidente è un gesto di polemica politica e di grave ambiguità etica. Di fronte a cui, per tornare alla dimensione della nostra cronaca, non conta soltanto, anche se è il primo passo basilare della verità, ribadire che invece la senatrice Segre “ha detto con parole nette il suo strazio sui bambini palestinesi e su tutti i bambini coinvolti nei combattimenti e nelle stragi”, come ha scritto Augias. Il punto preoccupante è il clima da cui nascono queste affermazioni, che colpiscono persino chi è, nella sua stessa persona. testimone dell’odio contro gli ebrei. Il punto da non nascondere, da non edulcorare, è chiarire il perché siano tornate a circolare come se fossero normale (o addirittura legale) moneta del dibattito politico. Trascendendo, spesso, persino la normale logica politica basata sui facili opposti: “Governo Meloni complice del genocidio”, dicevano gli striscioni del corteo pro-Palestina di Roma, ma accanto la stessa sorte sloganistica la subiva anche la segretaria del Pd, Elly Schlein: “Complice di genocidio” in effigie pure lei. Fino all’identica accusa rivolta all’ex sardina Mattia Santori, come qualche giorno fa a Tomaso Montanari, ma qui si scivola nel grottesco. Invece la confusione delle idee, e l’uso improprio delle parole, è esattamente il motivo, o la goccia che ha fatto traboccare il vaso, per cui il presidente dell’Anpi provinciale di Milano Roberto Cenati si è dimesso dalla carica: per una ambiguità mai chiarita e pericolosa dell’uso de termine “genocidio”. Ancora il commento di Corrado Augias può essere utile a inquadrare il tema, riassumendolo in una paradosso tremendo: “Quando Saddam Hussein uccise migliaia di curdi con le armi chimiche non ci furono appelli a demolire l’Iraq; quando le donne iraniane vengono bastonate o impiccate perché non indossano correttamente il velo, non ci sono cortei per invocare la dissoluzione di quel paese, ha argomentato ieri: “Ma quando Israele reagisce con furia agli eccidi e agli stupri, si chiede non un cambio di governo e che il disastroso Benjamin Netanyahu ceda finalmente il passo, si chiede che quel paese venga cancellato dalla faccia della terra”. C’è un modo di pensare difficile da estirpare.