5 Dicembre 2016

L’editorialista del Corriere della Sera Pierluigi Battista commenta le recenti risoluzioni Onu contro Israele

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Pierluigi Battista

L’Intifada diplomatica e i silenzi dell’Italia

Ora che abbiamo smesso di accapigliarci sull’Armageddon referendario, possiamo cominciare a ragionare sull’accondiscendenza dell’Italia di fronte all’Intifada diplomatica con cui i nemici di Israele stanno travolgendo le istituzioni internazionali? Meno di un mese fa lo scivolone «allucinante» (copyright Matteo Renzi) dell’unesco, che ha dato prova di un antiebraismo forsennato negando l’ebraicità dei luoghi di Gerusalemme cari agli ebrei da sempre, con la sconcertante astensione dell’Italia. L’ultima di una delle tante risoluzioni Unesco con cui il fronte che nega lo stesso diritto all’esistenza dello Stato di Israele cerca di mettere all’angolo il nemico «sionista». Ora ci si mette, nel silenzio del mondo, l’Assemblea generale dell’Onu che reitera una mozione «per la quale ogni azione presa da Israele, il Potere occupante, volta a imporre le sue leggi, la sua giurisdizione e la sua amministrazione, sulla Città Santa di Gerusalemme, è illegale e dunque nulla e priva di validità». Israele «Potere occupante»: è l’Onu a dirlo, e l’Italia, ancora una volta, si è accodata senza reagire a una mozione sbilanciata, ingiusta, persecutoria nei confronti di uno Stato liquidato come un esercito di occupazione. La debolezza dell’Italia su questi temi è preoccupante. Le scelte del premier Renzi sono molto chiare, in linea di principio, e ribadite anche nel suo intervento alla Knesset, il Parlamento israeliano. Ma le giustificazioni molto pasticciate del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sul voto «allucinante» di astensione dell’Italia alla famigerata mozione Unesco dimostrano una confusione di idee che non promette niente di buono. Forse non si vuole capire che l’Intifada diplomatica con cui si vuole cancellare il diritto di esistere della nazione ebraica (nell’ambito di una giusta politica incentrata su «due popoli, due Stati»), non è una somma di casi singoli, ma una strategia fondata sul presupposto che i regimi non democratici nemici di Israele sono maggioranza. Per questo i Paesi democratici, che hanno a cuore le sorti dello Stato di Israele, dovrebbero contrastare con forza la delegittimazione dello Stato ebraico ottenuto attraverso una raffica di mozioni dell’Onu. Non un’astensione disattenta. Non il silenzio imbarazzato per mantenere buoni rapporti con gli Stati arabi e islamici. Ma un’azione di contrasto esplicito. Per non trovarsi a dire «allucinante» solo a cose fatte. Quando non c’è più tempo.