27 Giugno 2025

L’Associazione Transessuale Napoli lascia il Pride dopo la partecipazione di Arcigay al Tel Aviv Pride

Il Napoli Pride 2025 si avvicina, ma la sua composizione quest’anno sarà segnata da una frattura profonda. L’Associazione Transessuale Napoli (ATN), storica realtà della comunità LGBTQIA+ partenopea, ha deciso di uscire dal comitato organizzatore, prendendo le distanze da una piattaforma che, secondo le parole della presidente Ileana Capurro, è stata “irrimediabilmente inquinata”.

La decisione, maturata dopo settimane di confronto interno, nasce in particolare dalla scelta di Antonello Sannino, presidente di Arcigay Napoli, di partecipare su invito del Ministero degli Esteri israeliano al Tel Aviv Pride – evento poi annullato a seguito dell’escalation del conflitto tra Israele e Iran.

Nell’intervista rilasciata a VD News, Capurro ha chiarito i contorni di questa scelta:
«Non siamo ancora certi di cosa faremo il giorno del Pride, ma una cosa è sicura: ci siamo sfilati dal comitato. È stata una decisione dolorosa, ma non avevamo altra strada».

Il motivo di fondo, per ATN, è la perdita di neutralità della piattaforma politica del Pride:
«L’anno scorso avevamo scelto insieme di porre l’attenzione soltanto sui diritti LBGTQIA+, perché è l’unico giorno dell’anno in cui possiamo rivendicare i diritti che ci vengono negati. […] Volevamo proteggere il Pride come spazio di rivendicazione, in un momento in cui le persone trans, le famiglie arcobaleno e tutta la comunità sono sotto attacco da parte del governo italiano».

Il gesto di Sannino – racconta Capurro – non è stato condiviso preventivamente con le altre associazioni:
«Abbiamo saputo che era a Tel Aviv solo quando la notizia è diventata di dominio pubblico […]. Nessuno di noi era stato informato prima, né consultato. Questo ha dato la percezione esterna che la sua scelta fosse stata approvata da tutto il comitato. Ma così non è stato».

Per ATN, questa sovrapposizione di piani è inaccettabile:
«Non si può confondere la posizione personale di una figura così istituzionale con quella di tutto il Pride. La sua presenza in Israele ha contaminato la neutralità della piattaforma, trasformando un evento di rivendicazione in un palco politico su un tema su cui non c’era condivisione».

La scelta di ATN affonda le radici nella sua storia:
«Siamo sempre stati dalla parte delle persone più marginalizzate, delle fragilità sociali. Lavoriamo con sex workers, con le persone trans più vulnerabili, con chi subisce discriminazione ogni giorno», ha spiegato Capurro.
«Non possiamo accettare una posizione che rischia di farci percepire complici, anche solo indirettamente, di uno stato che oggi è accusato di genocidio. Il Pride nasce come rivolta politica delle persone trans, e oggi non possiamo che essere al fianco della Palestina. È nostra storia, è la nostra identità».

Un punto critico è stato anche il rifiuto da parte del comitato del Napoli Pride di inserire nella piattaforma politica la frase: “Basta genocidio, Palestina libera”, una richiesta avanzata da ATN ma respinta dagli altri membri del coordinamento.

La decisione definitiva sulla partecipazione fisica al corteo del 5 luglio non è ancora stata presa:
«Stiamo valutando se esserci comunque, magari con una presenza silenziosa e simbolica, portando i colori della Palestina come segno di protesta – ha dichiarato Capurro – ma non saliremo sul palco, né saremo parte del carro del coordinamento. L’alternativa è restare fuori del tutto».
Di certo, ATN non organizzerà un Pride alternativo, come accaduto quest’anno a Roma con il Priot Pride:
«Non vogliamo alimentare una contrapposizione interna, né creare nuove spaccature nella comunità. La nostra scelta è di coerenza politica e storica, non di conflitto fine a sé stesso».

Il caso Napoli arriva dopo la polemica esplosa a Roma, dove molti attivisti e parte della comunità LGBTQIA+ avevano abbandonato il Roma Pride per dissociarsi dalla presenza di sponsor considerati compromessi sul tema della Palestina. Un malessere che ora si ripete anche a Napoli, segnando una crepa visibile tra le anime della comunità LGBTQIA+ italiana sui temi internazionali e sui rapporti tra diritti civili e geopolitica.

Per ATN, la priorità resta chiara:
«Difendere i più deboli, i più marginalizzati, senza perdere coerenza – ribadisce Capurro – Non possiamo far finta di niente. Uscire dal comitato ha avuto un costo altissimo per noi, ma era necessario. Il Pride deve restare un momento di rivendicazione autentica, senza ambiguità».