7 Agosto 2020

Jacques Roumani, David Meghnagi e Judith Roumani “Libia ebraica. Memorie e identità. Testi e immagini” (Belforte, Livorno 2020).

Fonte:

Moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

Semplificazioni e distorsioni

Non è fine scriverlo su una newsletter informativa, ma è noto che il mondo del giornalismo comunica ricorrendo spesso alle semplificazioni. Il rischio, a volte, è quello però di cadere nella più pericolosa pratica della “distorsione”. Si comunica cioè in maniera non solo semplificata, ma anche distorta, quella che è la realtà dei fatti. La quale, purtroppo o per fortuna, è sempre molto complessa e articolata, sfumata. Accade così che un rinomato giornalista del Corriere della Sera, Antonio Ferrari, decida di dedicare la prima parte di un suo servizio giornalistico a descrivere le “Comunità ebraiche fra polemiche e veleni”, presentando un quadro che a molti osservatori è parso confuso e a tratti mistificatorio. Lasciando da parte la descrizione molto superficiale del dibattito in seno alla comunità ebraica a proposito del progetto di annessione di territori proposto dal premier israeliano Netanyahu e dal presidente Trump (dibattito intenso e molto complesso, ma che Ferrari usa solo per dire che lui si oppone al piano medesimo), il servizio introduce il tema dell’immigrazione in Italia di ebrei dai paesi arabi negli anni del dopoguerra. La sua tesi è esplicita: “Numerosi israeliti provenienti dal mondo arabo portarono a Roma il credo di un’appartenenza assai conservatrice alla più antica delle tre grandi religioni monoteiste. A differenza del nord Italia, dove vi erano atteggiamenti assai più aperti, moderni e riflessivi”. Chi volesse informarsi, al di là delle semplificazioni e distorsioni, sull’effettivo apporto che la comunità ebraica libica (la più numerosa) ha offerto al nostro Paese (non solo alle comunità ebraiche) negli ultimi cinque decenni sarà sufficiente leggere lo splendido libro a cura di Jacques Roumani, David Meghnagi e Judith Roumani “Libia ebraica. Memorie e identità. Testi e immagini” (Belforte, Livorno 2020). In alternativa si potrebbe affrontare la straordinaria avventura di visitare l’archivio della Fondazione CDEC, dove sono conservate centinaia di interviste a ebrei provenienti, oltre che dalla Libia, anche dall’Egitto, dalla Siria, dal Libano e dall’Iran, organizzate nell’ambito del “Progetto Edòth”. Si potrà così scoprire che la straordinaria spocchia euro-bianca rappresentata dalla frase del giornalista del Corriere non sta né in cielo né in terra. L’immigrazione ci fu (e le ragioni vanno esplicitate: si tratta di ebrei cacciati dai paesi arabi e in fuga da pogrom e da violenze inenarrabili) e si distribuì a Roma come al Nord. Di certo si introdussero nell’Italia ebraica dinamiche di osservanza religiosa più attenta, ma nel contempo fu grande ed è importante il contributo di brillanti personalità che ancora oggi costituiscono un asset fondamentale per l’ammodernamento del nostro Paese. La distorsione Roma conservatrice vs Nord moderno è semplicemente inesistente, falsa, mistificatoria. Sarebbe bello che il giornalismo più accorto provasse ad abbandonare le semplificazioni e si inoltrasse in una inchiesta seria sulle comunità ebraiche oggi. Una realtà vivace, articolata, mai descrivibile in maniera manichea, mai fatta di bianco e nero, ma ricca di sfumature e di sorprese. In fondo è quello che da anni proviamo a descrivere da queste pagine, ma evidentemente non basta.