26 Gennaio 2011

Intervista al professor David Meghnagi sulle radici dell’antisemitismo

Fonte:

http://www.televideo.rai.it

Autore:

David Meghnagi

Le radici dell’antisemitismo – Intervista a David Meghnagi, psicoanalista e direttore del Master in didattica della Shoah

Cosa ha alimentato il mito del’ebreo deicida, reietto, che si nutre del sangue dei bimbi cristiani, avido oltre misura, che giustifica la discriminazione che subisce da secoli? Questa forma di antisemitismo è ancora tra noi?

Gli stereotipi antiebraici hanno avuto una lunga gestazione. Sono presenti sin dall’antichità e si sono trasformati nel corso del tempo. L’antisemitismo presenta molte facce. C’è stato un antisemitismo di matrice pagana, un antisemitismo di matrice cristiana, un antisemitismo di matrice araba e islamica, un antisemitismo moderno e razzista, un antisemitismo dopo Auschwitz. L’antisemitismo non è solo di destra. Non è stato così nel passato. Proudhon per esempio aveva un odio contro gli ebrei uguagliato solo per l’odio nutrito contro le donne. C’è stato un antisemitismo sovietico, c’è un antisemitismo di sinistra e terzomondista. Non sempre è facile distinguere. Nella realtà le forme si intrecciano fra loro alimentandosi a vicenda.

Gli stereotipi di matrice cristiana sono una parte integrante dell’antisemitismo razzista, gli hanno strada fornendo l’humus. La definizione “razziale” degli ebrei utilizzava come strumento l’appartenenza religiosa per la semplice ragione che le razze sono un’invenzione del razzismo.

La stessa parola antisemitismo è un’invenzione del razzismo che arbitrariamente unifica nello stesso registro concetti diversi di lingua, cultura e “razza”.

Dire come fanno alcuni che gli arabi non possono essere antisemiti perché sono essi stessi semiti, è un esempio concreto di questa deriva del linguaggio che unifica in uno stesso registro la lingua, la cultura, la religione, la nazione, l’”etnia” e le “razze”. Gli stereotipi sono radicati nel linguaggio. La prima cosa da fare è curare le parole. Se le parole sono malate bisogna curare le parole come si fa con le persone.

I pagani rimproveravano agli ebrei il loro monoteismo. Il rifiuto dell’idolatria era considerato una colpa. L’adorazione di un Dio invisibile e onnipresente, madre e padre di ogni vivente metteva in discussione radicalmente ogni potere costituito. Per questa ragione gli ebrei erano posti ai margini della vita sociale, accusati di “ostilità” verso gli altri popoli con cui non volevano “mescolarsi” e “assimilarsi”.

Con l’avvento del cristianesimo alle vecchie accuse se ne aggiungono delle nuove che sono in consonanza con la volontà della Chiesa di sostituire la “Vecchia Alleanza” con la “Nuova Alleanza”.

Il punto di intersezione fra l’antisemitismo pagano e quello cristiano è ben rappresentato dalla posizione di Agostino di Ippona che odiava gli ebrei prima di farsi cristiano e che nella storia biblica di Caino e Abele vedeva una rappresentazione simbolica della successiva “caduta” ebraica. In questa nuova dialettica gli ebrei diventano ontologicamente colpevoli per il loro rifiuto a convertirsi. Sono il simbolo di Caino, o meglio caino li simboleggia col suo eterno girovagare con il segno di colpa cucito addosso sino alla fine dei tempi. Con la loro esistenza umiliata ed esiliata devono testimoniare il trionfo della nuova religione. A differenza dei pagani che se non si convertivano, venivano sterminati, lo spazio simbolico degli ebrei era di un’esistenza umiliata, simbolo di un’alterità assoluta su cui proiettare immagini interne negative insopportabili.

Nell’universo simbolico del cristianesimo preconciliare, gli ebrei hanno una via di uscita alla loro condizione umiliata se si convertono. Convertendosi possono “ritrovare” la loro umanità. La colpa trasmessa da padre in figlio (una vera e propria mostruosità) può essere fermata attraverso il battesimo. Col battesimo si è “salvi”. Nella Spagna dell’Inquisizione la conversione al cattolicesimo da sola non basta. La colpa si trasmette anche dopo la conversione per generazioni. Il mito della limpieza de sangre che si afferma in Spagna sullo sfondo della Reconquista trasforma la vita dei conversos in un incubo. La Spagna impazzita è ben rappresentata dal Cervantes nel combattimento contro i mulini al vento. Il mito della purezza del sangue rappresenta l’anello di congiunzione con l’antisemitismo moderno e razziale che si afferma nell’Europa moderna contro la cultura della libertà e dell’uguaglianza.

Nella civiltà islamica gli ebrei condividevano con le altre minoranze religiose tollerate, cristiani e zoroastriani, la condizione di dhimmi. I dhimmi erano oggetto di disprezzo e asservimento. In cambio della sottomissione assoluta al potere potevano ottenere protezione. Una protezione che era però precaria soggetta ai cambiamenti nella sfera del potere, perennemente esposta a ricatti e rappresaglie. I cristiani un tempo maggioritari nell’Oriente arabo si sono assottigliati sino a diventare esigue minoranze. Gli ebrei sono fuggiti prima. Il loro è stato un esodo silenzioso che la stampa non ha registrato. Hanno trovato in larga parte rifugio in Israele. La progressiva scomparsa delle diversità del mondo arabo, ha finito per polarizzare su Israele l’ostilità che un tempo si scaricava sulle minoranze.

Quando lo stereotipo può essere attraente?

Lo stereotipo è una facile scappatoia che scarica su altri colpe proprie. Trasformando gli ebrei in un capro espiatorio si evita di affrontare i problemi veri. Il dispositivo antisemita è talmente collaudato che può essere utilizzato anche in assenza di ebrei.

L’ossessione rivolta agli ebrei in quanto “diversi”, è ancora attuale. Magari rivolta ad altre minoranze,(immigrati, islamici….). Gli stereotipi antisemiti sono simili a tutti gli altri stereotipi razzisti?

L’antisemitismo non va confuso con le altre forme di razzismo o con la xenofobia. Le analogie non colmano le differenze. Nell’antisemitismo c’è un che di unico per la continuità che ha avuto nel tempo, per i simboli a cui attinge, i fantasmi di cui si alimenta. Per fare un esempio che riguarda il nostro paese nel 1938 da un giorno all’altro fu colpita una popolazione pari all’uno per mille che era profondamente integrata e identificata con la realtà del paese. Il dieci per cento dei docenti universitari erano ebrei. Cacciandoli dall’Università l’Italia si è culturalmente suicidata, l’università è stata distrutta. Molti dei problemi attuali dell’Università hanno lì la loro origine più profonda. Se da un giorno all’altro, i portaborse prendono il posto degli scienziati veri, non ci può meravigliare della deriva successiva. Ad essere colpiti insieme agli ebrei, sono stati anche i loro allievi non ebrei. Nel’esercito c’erano ebrei fedelissimi. Furono cacciati come se fossero estranei danneggiando la struttura militare. A Roma c’erano ebrei che vendevano stracci per sopravvivere. Amavano la loro città come nessun altro. Furono trattati come alieni. Metà della popolazione ebraica italiana era imparentata con non ebrei, il che spiega perché fu più facile nascondersi che altrove.

Quali sono le nuove forme di antisemitismo e i meccanismi dell’antisemitismo moderno?

Prima di Auschwitz l’antisemitismo aveva nella cultura europea una sua presunta “rispettabilità”. Chi era antisemita non se ne vergognava. Lo gridava ai quattro venti e ne faceva un programma. Lo sterminio nazista ha costituito una cesura profonda. Dopo Auschwitz l’antisemitismo ha perduto la sua presunta “rispettabilità”. Chi è antisemita non lo può più affermare apertamente. Deve declinare il suo odio in altre forme: relativizzando la tragedia della Shoah, dirottando su Israele l’accusa che un tempo era rivolta contro gli ebrei, accusando gli ebrei di alimentare il senso di colpa degli europei per alimentare una “rendita di posizione” contro gli altri popoli. In questa perversa logica lo “stato degli ebrei” diventa “l’ebreo degli stati”, giudicato secondo criteri che non si applicherebbero a nessun altro stato. L’aspetto caricaturale di questa nuova dialettica è che si possa fare dell’antisemitismo in nome dell’”antirazzismo” trasformando le vittime di ieri “nei carnefici di oggi”.

Scheda dell’autore

Psicoanalista, professore di psicologia clinica Roma Tre dove dirige il Master internazionale di II livello in didattica della Shoah. Studioso dell’opera di Freud e della psicodinamica del pregiudizio. Tre dei suoi libri affrontano nello specifico queste tematiche: “Il padre e la legge (Freud e l’ebraismo)”, Marsilio terza edizione 2004.“Ricomporre l’infranto. L’esperienza dei sopravvissuti alla Shoah”,Marsilio 2005. “Le sfide di Israele”, Marsilio, 2010