20 Luglio 2025

“Interrompere i rapporti significa accentuare le differenze”. Aldo Winkler tra i promotori dell’appello per la libertà accademica

Oltre 2000 firme sono state raccolte a sostegno dell’appello contro il boicottaggio delle università israeliane e l’antisemitismo negli atenei italiani. L’iniziativa, promossa da un gruppo di ricercatori e docenti universitari italiani, mira a sollevare l’attenzione su un fenomeno che, negli ultimi due anni, ha interessato gli atenei italiani e non solo.

Nell’appello, rivolto alla Ministra dell’Università e della Ricerca, alla CRUI, al mondo accademico e a tutti i cittadini si ribadisce “il valore della libertà accademica e la contrarietà a ogni forma di boicottaggio fondato su criteri politici o identitari” e l’impegno “a garantire la tutela di ogni studente, docente o ricercatore, indipendentemente dalla sua origine o cittadinanza” insieme al contrasto all’antisemitismo all’interno degli atenei.

Aldo Winkler, fisico e ricercatore, tra i sei promotori dell’appello e già membro di questa redazione, ha spiegato ad Hatikwa le motivazioni alla base dell’iniziativa: “Questa proposta nasce per opporsi alla pressione sul boicottaggio, che diventa insostenibile considerando episodi come quelli che hanno visto coinvolta l’UGEI a Torino e gli appelli che sono stati pubblicati da numerose università”.

Il boicottaggio accademico, infatti, oggi non affronta soltanto il problema del dual use, già regolamentato dagli statuti degli atenei italiani, ma promuove vere e proprie dichiarazioni politiche contro lo stato di Israele.

Il vero problema di questo fenomeno? “Boicottare significa compromettere una delle principali missioni dell’università. La radice stessa della parola richiama l’universalità e se si esclude la partecipazione di una parte, l’istituzione ha già fallito nel suo principale compito”. Winkler porta all’attenzione anche numerose conseguenze di tutto ciò. “Ostracizzare non solo gli atenei ma, come è accaduto, anche i singoli ricercatori semplicemente per la loro origine o nazionalità è un atto discriminatorio”.

La possibilità di cambiare direzione esiste, come ricorda Winkler, “gli atenei dovrebbero dare la possibilità di creare luoghi che siano terreno di confronto e mai di divisione”. “L’aspetto su cui si deve puntare è la diplomazia scientifica e l’accoglienza da quanti più paesi possibili con l’obiettivo di promuovere collaborazioni”, sostiene Winkler. Come mai? “Quando si interrompono i rapporti con una realtà, si rischia di accentuare le differenze e causare danni significativi. Nel caso di Israele, ad esempio, rompere ogni legame significa escludere anche chi è critico nei confronti del governo, contribuendo così a una crescente polarizzazione”.

La scienza può rappresentare la chiave di volta per contribuire al processo di pace e collaborazione tra tutte le realtà. Il gruppo dei promotori infatti, negli scorsi anni aveva promosso l’arrivo in italia di ricercatori israeliani e palestinesi con lo scopo di sostenere iniziative di pace attraverso la cooperazione scientifica. Come ribadisce lo stesso ricercatore, “la scienza è finalizzata al benessere comune e non può essere limitata a causa di un conflitto, non c’è nessuna etica nell’interrompere gli studi, questo è il nostro lavoro”.

Le adesioni aumentano di giorno in giorno, portando alla luce il pluralismo di idee che c’è all’interno della nostra società e mostrando a chi si trova isolato nel contesto accademico che non è da solo, ma sono numerosi coloro che desiderano riaffermare l’importanza della libertà accademica. In tal senso anche i giovani possono fare la differenza e dare il loro contributo, sottolinea Winkler. “Dobbiamo fare in modo che il mondo giovanile possa vivere alla luce del sole, questo è uno degli scopi primari dell’appello”, conclude.