28 Dicembre 2018

Gruppi ultras di estrema destra

Fonte:

Il Fatto Quotidiano, La Repubblica

Autore:

Lorenzo Vendemiale, Sandro De Riccardis

La ripresa delle violenze

Nazi e criminali sugli spalti

Dopo anni di calo, scontri e feriti erano già aumentati del 20% nel 2017/2018  

La tregua è finita, o forse non era mai davvero iniziata: la morte di Daniele Belardinelli fa riesplodere il problema delle tifoserie violente. Ma i criminali dalle curve non se ne erano mai andati: neonazisti, skinhead, affiliati ai clan della ‘ndrangheta, pregiudicati per droga, nei gruppi ultras italiani continua ad esserci di tutto. Bastava guardare i numeri per accorgersene: dopo un paio di anni positivi, già il 2017/2018 aveva mostrato un preoccupante aumento di scontri e feriti. E quest’anno in Serie A c’è almeno una partita a giornata classificata a rischio. Alla 24esima ci è scappato il morto.

SONO PASSATI quattro anni e mezzo dall’ultima volta: il 25 giugno 2014 in occasione della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina a Roma moriva Ciro Esposito. Dopo la tragedia c’erano stati gli annunci delle istituzioni, il pugno duro del governo, l’ondata delle trasferte vietate e delle curve chiuse. E forse le statistiche incoraggianti degli anni successivi avevano dato l’illusione di aver debellato il fenomeno: tra il 2015/2016 e il 2016/2017 il numero di gare con scontri era calato, passando dalle 72 del 2014/2015 a 52 ne1 2017; stesso discorso per feriti (da 164 a 100) e arrestati (da 99 a 29). Invece il rigurgito di violenza era già in atto. Gli scontri sono ricominciati, e non nella notte di Santo Stefano a Milano. Secondo l’Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive, la scorsa stagione ha registrato una forte inversione di tendenza, con tutti gli indici in aumento, in media del 20%: sono tornati a crescere le partite segnate da scontri (da 52 a 63), i feriti (da 102 a 121), gli arrestati (da 29 a 72) e i denunciati (da 951 a 1.023). Gli ultimi dati del Viminale sembravano indicare un nuovo calo (feriti da 32 a 14), ma riguardavano un periodo di tempo circoscritto (luglio-ottobre 2018) e sono stati smentiti dai fatti. I protagonisti sono sempre gli stessi: la recente inchiesta di Report sulla curva della Juventus o l’indagine della Commissione antimafia conclusa a fine 2017 lo hanno ricordato. Capi ultras che sono spesso anche spacciatori, rapinatori o capi clan, regolamenti di conti, riciclaggio, agguati, affari sporchi: il tifo italiano resta un sottobosco dove la criminalità comune si intreccia con quella organizzata in gruppi formati in certi casi fino al 30% da pregiudicati. E l’altra sera a Milano si sono incontrate due tifoserie particolarmente problematiche. Prendiamo i “Blood and honour” di Varese, a cui apparteneva Belardinelli, la vittima: è uno dei 40 gruppi di “estrema destra” nel censimento dell’Osservatorio. Irriducibili, Gruppo Inferno, Warriors: i nomi sono schedati al Viminale. Da Verona a Palermo, passando per la Capitale, le curve italiane hanno sempre avuto una prevalenza “nera”. Questi sono i gruppi più attivi: fanno comunicazione, puntano sull’immagine, organizzano incontri. Sono anche solidali fra loro: ieri ha reso omaggio all’ultras deceduto Maurizio Boccacci, romano, già capo del disciolto Movimento politico occidentale neofascista, amico di Daniele De Santis, l’ultrà romanista condannato per l’omicidio di Ciro Esposito: erano coimputato a Brescia per l’accoltellamento di un vicequestore davanti allo stadio negli anni 90. “Chi muore giovane è a caro agli dei. Daniele per sempre nei nostri cuori”.

DALL’ALTRA PARTE gli ultras del Napoli, considerati tra i più “pericolosi”d’Italia. Le loro trasferte non sono mai tranquille: l’anno scorso avevano lasciato il segno a Udine come a Verona, dove avevano messo a ferro e fuoco un bar dei supporter dell’Hellas. Fascismo e violenza, un mix pericoloso. Infatti Inter-Napoli era “a rischio” ma nemmeno troppo, l’Osservatorio l’aveva catalogata tra i match con “profili di rischio” normale, come ce ne sono a decine in Serie A. Vuol dire che la vendita dei tagliandi era limitata ai possessori della tessera del tifoso ma solo per residenti in Campania, non per tutti come si fa invece per i casi più estremi. Quattro invece le partite ad allerta massima, ed in tre di questi casi c’era il Napoli di mezzo (contro Roma, Juventus e Torino; l’ultima Atalanta-Lazio). Adesso sarà di nuovo allarme violenza. Magli stadi italiani non erano mai stati sicuri.

Il Fatto Quotidiano – Lorenzo Vendemiale

 

Il destino di Daniele espulso dagli stadi già due volte

Fede neonazi, scontri in strada e arti marziali la vita di Belardinelli tra le frange estreme del tifo

Caduto a 39 anni sul campo di un agguato contro i nemici napoletani, che lui e gli altri capi ultras avevano pianificato a un chilometro dallo stadio di San Siro, Daniele “Dede” Belardinelli, piastrellista, esperto di arti marziali, al vertice del gruppo di tifosi più estremo di Varese, i “Blood&Honour”, ieri è stato ricordato in rete dai suoi compagni di curva e di militanza neonazista come «un guerriero, con una vita da combattente». Una storia segnata da un primo “Divieto di accesso a manifestazioni sportive” di cinque anni, nel novembre 2007, dopo gli scontri nel corso di una partita del Varese contro il Lumezzane, e da un secondo “Daspo” nel luglio 2012, per le tensioni durante un’amichevole tra l’Inter, con cui Varese è gemellata, e gli acerrimi nemici del Como. Ma le cronache registrano i primi problemi con la giustizia già nel 2000, quando Belardinelli ha 21 anni, è coinvolto negli incidenti di una gara per i play-off per la B tra Cittidella e Varese, e gli ultras prendono di mira un blindato delle forze dell’ordine. Da quelle prime schermaglie a bordo campo, Belardinelli negli anni ha scalato le gerarchie della galassia di gruppi di estrema destra. Senza paura di dirsi anche neonazista. Di “Blood&Honour”, Sangue e Onore, motto della gioventù hitleriana, Belardinelli è stato uno dei capi, appena un gradino sotto Matteo Bertoncello, che è anche vicepresidente di Do.ra, la Comunità militante dei dodici raggi. Vasi comunicanti di cultura neonazista e militanza, tra curve e politica. Due mesi fa, “B&H” ha festeggiato i vent’anni di vita sotto la curva dello stadio Ossola, a Varese, struttura devastata due anni prima: con un raid notturno sono stati distrutti il campo di gioco, le porte, le bandierine, e simbolicamente — come messaggio alla dirigenza — la panchina. Tristemente attuale, invece, è la contestazione a sfondo razziale del 2012 contro Osarimen Ebagua, attaccante nigeriano, allora al Varese. Oltre i confini del campo di calcio, amici di gioventù di Belardinelli sono Saverio Tibaldi e Filadelfio Vasi, per molto tempo capi dei “B&H”. Il primo, cranio rasato e svastica tatuata, è stato ucciso a coltellate in una rissa, nel 2003, a Torremolinos, località turistica nel sud della Spagna, dove si trovava per evitare l’esecuzione di una condanna a 11 anni per episodi di violenza da stadio. Lo striscione “Saverio presente” è in bella vista a ogni partita all’Ossola. Vasi è invece in carcere per reati comuni: nelle carte di un’inchiesta, una testimone racconta i riti violenti di fedeltà ai sottoposti del mappo. Ora “B&H” e gli ultrà interisti dei Boys hanno organizzato una raccolta fondi per la famiglia di Belardinelli, che lascia una moglie e due figli adolescenti.

 La Repubblica – Sandro De Riccardis