Fonte:
La Stampa
Autore:
Elena Loewenthal
Da Golda Meier a Parenzo, vergogna antisemita
Tira davvero una brutta aria. Un’aria pesante che ha un nome molto chiaro, purtroppo inequivocabile: un’aria di intolleranza, di chiusura, di fanatismo. Di pregiudizio ottuso. Un dispotismo intellettuale (si fa per dire) e politico che con una disinvoltura inquietante si fa violenza. Un oscurantismo degno dei tempi peggiori. Due giorni fa a Firenze la presentazione del libro di Elisabetta Fiorito, una biografia di Golda Meir è stata bloccata da una manifestazione. Fra parentesi, Golda Meir- una donna che è diventata primo ministro ben prima che inventassero le quote rosa, e che dovrebbe essere anzi è un modello di emancipazione femminile, di parità. Ieri David Parenzo è stato aggredito con epiteti quali “fascista! Razzista” nientemeno che alla Sapienza di Roma, per il solo fatto di partecipare a un incontro sulla parità di genere – avrebbe strumentalizzato la questione femminile per “giustificare il genocidio in Palestina”. Per inciso, tutto questo prima di prendere la parola. Come si chiama, dunque, questa brutta aria che tira? Ha un nome solo, senza mezzi termini: tira una brutta, orribile aria di antisemitismo, da queste parti. Non negli stadi o in qualche ambiente underground. Non nel sottobosco nazinostalgico. Quest’aria di antisemitismo che tira, e che ispira rabbia, paura, sconcerto – ma forse purtroppo neanche tanto stupore – tira in quel mainstream pseudo culturale e pseudo politico che coinvolge studenti universitari, movimenti sedicenti progressisti, presunti difensori di una causa palestinese che nulla, ma proprio nulla ha o dovrebbe avere a che vedere con la rimonta di un pregiudizio millenario. In parole povere, questi manifestanti che tolgono la parola e levano il pugno a Parenzo sono intrisi di un oscurantismo conservatore tremendamente retrogrado. Altro che paladini della parità di genere, altro che difensori del femminile, altro che rivoluzionari del terzo millennio. Questi studenti e questi manifestanti che tolgono la parola gridando slogan totalmente fuori contesto sono tanto lontani dalla realtà e dalla giustizia quanto pieni di luoghi comuni. Di uno, in particolare: questo è stato per secoli e millenni l’antisemitismo. Perché non c’è nulla, ma proprio nulla, che giustifichi queste violenze, questa repressione verbale e non di rado fisica. Non c’è nulla, in tutto questo, che si possa interpretare in modo diverso: è antisemitismo e basta. E l’idea che qualcuno ha diritto di parlare e qualcun altro no. L’idea che una biografia storica dedicata a una donna, una grandissima donna, vissuta fra il 1898 e il 1978, vada bruciata a priori. Alla vigilia, non a caso, di un otto marzo in cui abbiamo ancora da ascoltare, da parte dei movimenti femministi, una parola chiara sulle violenze del 7 Ottobre. Non sarà morto altrove, il femminismo, ma come ha scritto qui Lucetta Scaraffia di certo è morto in quell’inferno che è stato il 7 Ottobre. E ieri, che un giornalista per il fatto di essere ebreo non possa e non debba parlare di parità di genere e vada cacciato perché giustifica un genocidio (ma quando mai? Parenzo? Un genocidio?), è antisemitismo e basta. Ci piacerebbe tanto pensare che tutto questo sia una folata di follia, ma non è così. C’è, purtroppo, una lucida coerenza in questa montata di antisemitismo. C’è da farsi tante domande pur sapendo la risposta in partenza: se questa è una civiltà.
Photo Credits: La Stampa