26 Aprile 2021

Discorsi del Presidente Mattarella e del Premier Draghi in occasione del 25 aprile

Fonte:

La Repubblica

Autore:

Concetto Vecchio

Il 25 aprile di Draghi “Gli italiani non furono tutti brava gente”

Il premier al Museo della Liberazione di Roma nell’ex carcere nazista di via Tasso: `No a revisionismi”. Mattarella: “I valori della Resistenza ci sostengono anche oggi”

ROMA — «Non fummo tutti, noi italiani, brava gente». Mario Draghi arriva in via Tasso, al Museo della Liberazione, dove i nazisti torturavano i partigiani, alle dieci del mattino. La gente fuori lo applaude. Dentro, dopo la visita, fa un discorso contro ogni revisionismo. «Nell’onorare la memoria di chi lottò per la libertà dobbiamo anche ricordarci che non fummo tutti, noi italiani, brava gente. Non scegliere è immorale, per usare le parole di Artom. Il dovere della memoria riguarda tutti. Nessuno escluso. Assistiamo oggi, spesso sgomenti, ai segni evidenti di una progressiva perdita della memoria collettiva dei fatti della Resistenza sui valori della quale si fondono la Repubblica e la nostra Costituzione. E a troppi revisionismi riduttivi e fuorvianti». In quel momento Sergio Mattarella, dopo essersi recato all’Altare della Patria, si trova al Quadraro, un quartiere popolare di Roma, per deporre una corona di alloro al monumento che ricorda il rastrellamento di molti abitanti nel quartiere, il 17 aprile 1944. Un’azione decisa dal maggiore delle Ss Herbert Kappler che portò alla deportazione di un migliaio di uomini e donne. Più tardi Draghi e Mattarella saranno insieme alla cerimonia del Quirinale. «Il 25 aprile — dice Mattarella — rappresenta uno spartiacque imprescindibile della nostra storia nazionale. La Resistenza fu «un laboratorio dove si sperimentò l’incontrò e la collaborazione tra le grandi forze popolari, tra le diverse posizioni e culture politiche. La Resistenza come grande serbatoio di istanze morali. Valori che è tanto più necessario ricordare oggi, in un tempo nel quale l’orizzonte appare oscurato dall’angoscia, il futuro nascosto dalla incertezza e dalle ferite profonde prodotte dalla pandemia». Mai come stavolta le celebrazioni si sono intrecciate con l’attualità, nella consapevolezza che la situazione economica dell’Italia di oggi abbia delle analogie con quella dell’immediato Dopoguerra. Su questo concordano Draghi e Mattarella. Il premier dice che i giovani dovrebbero andare a visitare il Museo di via Tasso «per conoscere le storie dei combattenti per la libertà e capire fino in fondo il senso del loro sacrificio e comprendere che senza il loro coraggio non avremmo la libertà e diritti di cui godiamo. Libertà e diritti che non sono conquistati per sempre e non sono barattabili con nulla, sono più fragili di quanto si pensi». Per Draghi «il linguaggio d’odio, che sfocia spesso nel razzismo e nell’antisemitismo, contiene sempre i germi di potenziali azioni violente. Non va tollerato. E una mala pianta che genera consenso per chi calpesta libertà e diritti — quasi fosse un vendicatore di torti subiti — ma diffonde soprattutto il veleno dell’indifferenza e dell’apatia. Questa ricorrenza non deve invecchiare, non deve subire l’usura del tempo. Nel conoscere in profondità la storia di quegli anni, del fascismo e dell’occupazione nazista, saremo più consapevoli dell’importanza dei valori repubblicani e di come sia essenziale difenderli ogni giorno». Mattarella ricorda che le conquiste politiche, sociali, culturali, i diritti, la libertà di opinione, di voto, di associazione, di cui godiamo oggi, «trovano il loro saldo radicamento nel 25 aprile. E, grazie alla Repubblica e alla sua Costituzione nate dalla Resistenza, furono estesi a tutti, senza eccezioni. A chi partecipò al movimento di Liberazione, a chi lo sostenne, a chi se ne sentì estraneo, anche a chi lo combatté. Resistere allora significò combattere, rischiare di morire. Ma significò anche curare, accogliere perseguitati, testimoniare la propria umanità. Significò scrivere e parlare. Preparare con le idee nuove il tempo della libertà per tutti. Significò coraggio e speranza». Nel momento più buio e drammatico della nostra storia molti italiani, a prescindere dalle loro appartenenze politiche, culturali e religiose — ricorda il Capo dello Stato — risposero prima di tutto alla loro coscienza per opporsi alla violenza, alla dittatura, all’ingiustizia. In nome della libertà».

Photo Credits: La Repubblica