Fonte:
Gay.it
Autore:
Emmanuela Longo
Dopo le polemiche che hanno travolto il Roma Pride 2025, anche il Napoli Pride 2025, in programma per il 5 luglio, finisce nell’occhio del ciclone delle guerre che infiammano il mondo. A scatenare il caso è ancora una volta il tema Palestina-Israele, che divide il movimento e la comunità LGBTQIA+ nazionali e innesca la protesta di due realtà storiche del territorio: l’Associazione Transessuale Napoli (ATN) e la Onlus i-Ken, che hanno annunciato pubblicamente il boicottaggio della parata. Anche Arcigay Nazionale, in queste ore, si è esposta in modo netto, mandando un chiaro e inequivocabile richiamo. Ma cosa sta succedendo?
Napoli Pride 2025 come Roma Pride: tensioni e spaccature
A poche settimane dalla grande parata del 5 luglio del Napoli Pride 2025, la comunità LGBTQIA+ partenopea è spaccata da tensioni profonde, innescate dal conflitto in Medio Oriente e dalle divergenze politiche sull’invasione di Gaza da parte di Israele. Le polemiche stanno emergendo con forza e rischiano di compromettere non solo la partecipazione di storiche realtà associative, ma anche l’immagine di una manifestazione che negli anni si è proposta come simbolo di coesione, diritti e lotte condivise.
E così, il Napoli Pride 2025 riaccende le polemiche e le tensioni già viste, e non affatto sopite, del Roma Pride appena celebrato, quando la diffusione dei loghi degli sponsor ufficiali – tra cui Starbucks e Procter & Gamble, aziende accusate di avere rapporti economici diretti o indiretti con Israele – aveva scatenato un’ondata di proteste e spaccature interne, soprattutto da parte del Priot Pride, realtà alternativa – radicale e transfemminista – al Roma Pride, apertamente schierata a favore della causa palestinese. A Roma si era registrata anche l’affissione di manifesti No Pride in Genocide da parte dell’artista Laika per conto di Arcigay Roma, che aveva ferocemente attaccato il Circolo Mario Mieli.
Il motivo della frattura
Anche a Napoli, la frattura è ormai più che evidente. Al corteo del prossimo 5 luglio mancheranno due realtà storiche, a sfilare non ci saranno infatti né l’Associazione Transessuale Napoli (ATN) né la Onlus i-Ken. Le due realtà hanno annunciato la loro uscita dal corteo a causa di una posizione ritenuta inaccettabile: quella di Antonello Sannino, presidente di Antinoo Arcigay Napoli, che ha accettato l’invito del Ministero degli Esteri israeliano per visitare il Tel Aviv Pride, poi annullato in conseguenza della guerra scatenata Israele contro l’Iran. Sannino, rimasto bloccato in Israele a seguito della violenta escalation della guerra, nelle passate ore aveva annunciato via social di trovarsi in Egitto, in procinto di fare ritorno in Italia. Da Tel Aviv Sannino aveva iniziato a pubblicare contenuti che raccontavano la vita della popolazione israeliana sotto le bombe, condividendo sui social aggiornamenti dal bunker e testimonianze di cittadini coinvolti nel conflitto. Una scelta che, secondo ATN e i-Ken, lo schiera in modo aperto e a loro dire problematico con la narrazione filo-israeliana rispetto alla situazione geopolitica del Medio Oriente in fiamme.
ATN e i-Ken non sfileranno al Napoli Pride: l’annuncio
Alla luce di ciò, ATN ha pubblicato un comunicato sui propri canali social, annunciando non solo l’intenzione di non partecipare al Napoli Pride 2025, ma anche di uscire dalla piattaforma costruita finora con le altre associazioni. Così scrive ATN:
“Per noi è una decisione molto sofferta, e abbiamo fatto fin troppo per evitarla, ma crediamo che in questo momento non ci siano le condizioni per procedere insieme in questo cammino”
La condizione chiesta da ATN era chiara: inserire nella piattaforma politica la frase “Basta genocidio, Palestina libera”. Una frase che, a detta dell’associazione, non richiederebbe grandi spiegazioni né giustificazioni. Richiesta, evidentemente venuta meno. Da qui la decisione: “Non volevamo arrivare a dividerci in questo momento storico di grande vulnerabilità della comunità LGBTIQ+”, scrivono ancora, ricordando come l’avanzata delle destre e del fascismo, anche in Italia, abbia messo in pericolo la comunità e in modo particolare le persone trans. “Ma proprio adesso che è urgente farci vedere presenti e pronte a resistere, crediamo che non si possa fare un passo indietro nella lotta per la giustizia”, hanno aggiunto, sottolineando ancora una volta la vicinanza al popolo palestinese.
Anche i-Ken APS ETS ha preso posizione dopo la decisione di ATN di uscire dalla piattaforma del Napoli Pride 2025, condividendone gli intenti e annunciando in un comunicato la non adesione alla parata del 5 luglio. “La mancata accoglienza dello slogan ‘Basta genocidio, Palestina libera’ solleva interrogativi sulla coerenza del Pride con i suoi valori fondativi: antifascismo, solidarietà e diritti umani. Crediamo che il Pride debba restare uno spazio credibile, inclusivo e impegnato per la giustizia globale. Siamo disponibili a collaborare con tutte le realtà che condividano questo percorso”, scrivono nel comunicato social.
Una scelta, quelle delle due storiche realtà, che ha portato a una frattura netta con il comitato organizzatore del Pride di Napoli, ritenuto “incapace di prendere posizione” sulla guerra in Medio Oriente e, secondo i contestatori, colpevole di una complicità silenziosa con la sponda israeliana.
Il ruolo di Antonello Sannino e le critiche per Tel Aviv
Nell’occhio del ciclone è finito soprattutto Antonello Sannino, presidente di Antinoo Arcigay Napoli, rimasto bloccato in Israele a causa dell’escalation militare con l’Iran insieme anche al diversity editor del Gruppo GEDI (Republlica, La Stampa) Pasquale Quaranta e ad altr* attivist* e giornalist* ospitati da Israele per il Pride. Le continue pubblicazioni di Sannino via social – bunker, testimonianze di cittadini israeliani sotto le bombe, esplosioni – sono state giudicate da ATN e i-Ken come una “scelta grave e dolorosa compiuta a soli 70 km da Gaza, dove va in scena un genocidio“.
Le associazioni dissidenti ATN e i-Ken ritengono dunque che la partecipazione a un Pride in quel contesto equivalga a legittimare il rainbow washing israeliano.
“Riteniamo che sarebbe stato altrettanto grave e profondamente disumano partecipare a una parata festosa di Tel Aviv a pochi chilometri di distanza da luoghi dove, nello stesso momento, si sta perpetrando l’annientamento sistematico di un intero popolo”, si legge sul profilo di i-Ken.
Nei giorni precedenti ATN si era esposta con un post su Instagram, prendendo le distanze da Sannino, Israele, dal pinkwashing e, chiaramente, dal genocidio. “Abbiamo appreso che Antonello Sannino in questo momento è in un bunker sotto la protezione dello stato d’Israele. Non eravamo al corrente dell’esistenza di una delegazione italiana al pride di Tel Aviv, e l’Associazione Transessuale Napoli non ha partecipato a questa scelta e né ha aderito”, avevano ribadito, sottolineando la loro posizione contraria a ciò che ritengono essere un pink washing, definito “una menzogna”.
La posizione di Arcigay Nazionale
Nelle passate ore, anche Arcigay ha voluto prendere una posizione netta contro “l’uso strumentale dei diritti LGBTQIA+ come alibi per giustificare politiche genocide e belliche”, al motto di “Le nostre bandiere non vanno in guerra”.
Le recenti notizie relative alla partecipazione di esponenti del movimento LGBTQ+ italiano a iniziative promosse dallo stato d’Israele hanno scosso Arcigay Nazionale, che si è detta “non al corrente”, sottolineando come coloro che sono rimasti bloccati a Tel Aviv e che hanno preso parte a tali iniziative “lo hanno fatto a titolo personale”. Arcigay Nazionale ha parlato nel suo comunicato di azioni “in contrasto con la linea politica di Arcigay su quanto sta accadendo in Medio Oriente”.
Anche dalla più grande organizzazione LGTBIAQ+ italiana, dunque, giunge la ferma condanna alla “sistematica strategia del rainbow washing” messa in atto dalle autorità israeliane, ribadendo la “narrazione tossica” fatta negli anni dal governo israeliano. Per questo, “Arcigay rigetta con fermezza l’idea che la battaglia per i diritti LGBTQIA+ possa essere strumentalizzata per legittimare politiche belliche, aggressioni unilaterali o campagne di regime change”, stigmatizzando al tempo stesso il coinvolgimento di attivist3 e organizzazioni internazionali che prestano il fianco a tali narrazioni.
Arrevutamm Pride: l’alternativa radicale al Napoli Pride e pro-Palestina
Arrevutamm Pride, il 28 giugno a Napoli
Prima che le tensioni esplodessero, un fronte critico si era già aperto, organizzato dal basso da realtà non associative: il 28 giugno andrà in scena l’Arrevutamm Pride, marcia alternativa e sociale organizzata da una “Rete per la costruzione di un Pride transfemminista queer dal basso a Napoli nata da collettive e singolə”. Il nome richiama l’orgoglio partenopeo e ribelle, e la data non è casuale: coincide con l’anniversario dei Moti di Stonewall.
“Arrevutamm è un Pride totalmente costruito dal basso, autofinanziato e senza sponsor, nasce dalla volontà di collettivi e singolə di portare in città un’altra visione di Orgoglio, che sia queer, transfemminista, anticapitalista e antisionista, libero da ogni dinamica di mercificazione delle istanze della nostra comunità”, si legge nel comunicato sul profilo social del pride che si pone in posizione critica rispetto al Napoli Pride 2025.
Una posizione forte che segna, ancora una volta, la spaccatura interna al mondo LGBTQIA+ italiano, diviso tra lotte locali per i diritti e solidarietà internazionale. A conferma che la lotta intersezionale è la più complessa delle lotte possibili. E forse, anche per questo, la più giusta.