28 Febbraio 2024

Biennale di Venezia, una lunga lista di artisti, curatori di rassegne, docenti e studenti di arte e architettura ha sottoscritto una lettera-appello per il boicottaggio dello Stato di Israele

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Paolo Conti

Raccolte 12 mila firme per escludere Israele

Polemica alla Biennale

La lettera degli artisti. Sangiuliano: «Inaccettabile»

Il conflitto in Medio Oriente entra clamorosamente sulla scena della 60° Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia curata dal brasiliano Adriano Perosa e intitolata «Stranieri ovunque/Foreigners everywhere». Una lunga lista di artisti, curatori di rassegne, docenti e studenti di arte e architettura ha sottoscritto una lettera-appello coordinata da Anga/Art Not Genocide Alliance per chiedere l’esclusione di Israele e del suo Padiglione nazionale dalla rassegna veneziana che si aprirà il prossimo 20 aprile. Come riporta artribune.com, ieri sera le firme erano più di 12.000, come si vede su anga.live. C’è il vincitore del Turner Prize 2023, lo scultore inglese ma residente a Berlino Jesse Darling, che espose a Venezia nel 2019. C’è Carolyna Caycedo, della Colombia, Biennale 2003. E poi Meriem Bennani (marocchina, residente a New York, presente quest’anno nelle esposizioni della Fondazione Prada). C’è Naeem Mohaiem, inglese di radici bengalesi, Biennale 2015. E Frieda Toranzo Jaeger, artista tessile tedesca, invitata e quindi presente quest’anno. C’è Katia Novitskova, Estonia, che animò il padiglione estone nella Biennale 2017. Tra gli italiani, l’artista Cesare Petroiusti, la curatrice Emilia Giorgi, Giulia Albarello del Museion di Bolzano, Lucrezia Cippitelli, docente di Estetica a Brera. Durissima e inequivocabile la reazione del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: «È inaccettabile, oltre che vergognoso, il diktat di chi ritiene di essere il depositario della verità e con arroganza e odio pensa di minacciare la libertà di pensiero e di espressione creativa in una Nazione democratica e libera come l’Italia. Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo proprio in un momento come questo in cui è stato duramente colpito a freddo da terroristi senza pietà. La Biennale sarà sempre uno spazio di libertà, di incontro e di dialogo e non uno spazio di censura e intolleranza. La cultura è un ponte tra le persone e le nazioni, non un muro di divisione». Quindi nessuna possibilità che la richiesta venga accolta. Anche perché i padiglioni nazionali, che appartengono ai singoli Stati, non dipendono dalla direzione della Biennale ma lavorano autonomamente con fondi, artisti e curatori decisi dalle singole nazioni. Ecco cosa si legge nell’appello: «No al Padiglione del genocidio alla Biennale. Mentre il mondo dell’arte si prepara a visitare il diorama dello Stato-nazione ai Giardini, noi diciamo che è inaccettabile che l’arte rappresenti uno Stato impegnato in atrocità continue contro i palestinesi di Gaza. La più alta corte del mondo, la Corte Internazionale di Giustizia, ha affermato che Israele sta plausibilmente commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza. La Corte ha emesso misure provvisorie che intimano a Israele di cessare qualsiasi atto di genocidio a Gaza. L’assalto di Israele a Gaza, che dura da mesi e in realtà da molti decenni, continua nonostante tutto, mentre i suoi leader proclamano di essere al di sopra del diritto internazionale e pubblicizzano audacemente il loro intento genocida». Per i firmatari «la richiesta di riconoscimento delle atrocità commesse dai partecipanti non sono senza precedenti. Dal 1950 al 1968 per la diffusa condanna globale e degli appelli al boicottaggio, il Sudafrica dell’Apartheid fu scoraggiato dall’esporre e messo da parte quando la Biennale assegnò gli spazi. II Sudafrica non fu riammesso fino all’abolizione del regime dell’apartheid nel 1993. Nel 2022 la Biennale ha condannato l’inaccettabile aggressione militare da parte della Russia». Per i sottoscrittori è grave «il silenzio della Biennale sulle atrocità di Israele contro i palestinesi: siamo sconvolti da questo doppio standard, qualsiasi lavoro che rappresenti Israele costituisce un’approvazione delle sue politiche genocide».