27 Novembre 2015

Azioni xenofobe contro sedi Caritas

Fonte:

Avvenire edizione di Milano

Autore:

Lorenzo Rosoli

Blitz xenofobi, Caritas: «Dialogo contro la paura»

Forza Nuova in azione a Magenta Fronte Skinheads a Brescia e Como

«Non parliamo di sedi Caritas devastate, come hanno fatto alcuni media: si tratta di manifesti funebri e di sagome di cadaveri con i colori dell’Italia lasciati all’esterno. Spiace che gli autori lo abbiano fatto di notte. È come se non avessero il coraggio di metterci la faccia. È come se temessero il confronto. Ma noi siamo pronti – è il nostro stile – ad ascoltare tutti, dialogare con tutti, condividere con tutti le ragioni del nostro servizio al Vangelo, ai poveri, alla comunità. Perché la paura non resti inascoltata. Ma non abbia l’ultima parola. E chi ha paura non si ritrovi solo con le sue fatiche». Don Claudio Visconti è l’incaricato per la Caritas della Conferenza episcopale lombarda. A lui spetta di dare voce alle Caritas diocesane obiettivo dei blitz xenofobi avvenuti nella notte fra martedì e mercoledì. Azioni che hanno interessato Lombardia, Emilia e Veneto e hanno riguardato anche sedi del Pd . Ora la mappa dei blitz è più chiara. «Comprende le sedi Caritas di Brescia e di Como e il centro d’accoglienza di Magenta, nel Milanese, gestito dalla cooperativa Intrecci di Caritas Ambrosiana, mentre le sedi Caritas di Crema e di Lodi, contrariamente alle prime voci, non sono state toccate», tira le somme don Visconti. Tutti blitz rivendicati da Veneto Fronte Skinheads. Tranne quello di Magenta, che – ha reso noto Caritas Ambrosiana – porta una firma diversa: Forza Nuova. Qui mercoledì mattina gli operatori del centro d’accoglienza «La Vincenziana» hanno trovato sul cancello volantini con un testo farneticante: «Rimpatrio immediato dei clandestini. Cento sconosciuti. Cento bombe pronte ad esplodere». Volantini analoghi sono stati ritrovati in Comune. Materiale ora all’esame degli inquirenti. «Siamo sempre aperti al dialogo anche con chi non la pensa come noi. Ma non ci faremo intimidire da chi semina odio, tantomeno in un momento difficile come questo dove bisognerebbe usare ancor più la testa e non la pancia per affrontare i problemi – commenta don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana –. Siamo convinti che il nostro impegno a favore dei migranti ispirato alla Parola del Vangelo vada a vantaggio di tutti, perché serve a tessere quei legami sociali che sono il migliore antidoto alla radicalizzazione e al fanatismo». I blitz, riprende don Visconti, «non hanno fatto danni materiali». Ma lanciano un segnale. «Sono l’eco di un disagio che conosciamo. Sappiamo bene come ci siano nostri connazionali che fanno fatica a capire il nostro impegno nell’ac- coglienza dei migranti e dei richiedenti asilo. Una fatica acuita dalla crisi economica e dalle vicende internazionali di questi anni, che attraversa anche la comunità cristiana. Quante volte abbiamo visto, nelle nostre parrocchie, esperienze di ospitalità dei profughi accolte all’inizio con timore se non con ostilità, ma che nel cammino condiviso, nell’incontro faccia a faccia, hanno poi generato relazioni belle e profonde…». Queste vicende, prosegue il sacerdote, «ci permettono di testimoniare una volta di più l’identità e il ruolo – educativo, anzitutto – della Caritas. Il nostro compito non si esaurisce nell’aiuto materiale ai poveri, ma ci chiama alla costruzione di una comunità più evangelica e alla pro- mozione di una società più coesa, sicura, solidale, pacifica, a partire dall’inclusione dei poveri». Attenzione: «Noi aiutiamo tutti, da sempre. Italiani e stranieri – ribadisce don Visconti – . L’accoglienza dei richiedenti asilo si sostiene sulle rette che lo Stato attraverso le prefetture dà agli enti gestori. Dunque: non ha tolto un centesimo a quello che facciamo per i poveri delle nostre terre. Ai profughi, inoltre, non ci limitiamo a dare un letto e un piatto caldo, ma offriamo corsi per imparare la nostra lingua, le nostre leggi, la nostra cultura, un mestiere per il futuro, assieme ad occasioni d’impegno al servizio delle comunità che li ospitano».