19 Luglio 2016

Analisi del destino della Comunità ebraica di Nizza

Fonte:

Il Fatto Quotidiano

Autore:

Cosimo Caridi – Ferruccio Sansa

“Loro in Siria e noi torniamo in Israele”

Nizza I giovani estremisti arabi vanno in Siria, gli ebrei in Israele. Decine, centinaia, tanti miei amici sono partiti. Anch’io. Vogliamo sicurezza e preservare la nostra identità”. Benjamin è appena rientrato da Israele. Dopo due anni: “Sentivo che dovevo tornare a Nizza, in Francia, pure qui sono a casa”. Succede anche questo a Nizza, capitale francese dell’estremismo. Dove l’antisemitismo ha provocato una reazione imprevista: il ritorno in Israele, per lavorare, per fare il servizio militare. Da una parte c’è il mondo nascosto dell’estremismo islamico che recluta disperati nelle banlieue e li manda in Siria. Per tornare poi a combattere in Francia. Dall’altra ci sono le sinagoghe, in un paese, la Francia, che ha la seconda comunità ebraica più numerosa del mondo,dopo gli Stati Uniti. E anche qui, lontano dai riflettori, è in atto un’opera di reclutamento. Molto diverso, ovviamente. Legale, senza la propaganda della violenza. “Sono i genitori a spingere i figli a partire. Sentiamo che non sono più al sicuro qui. E cambiata l’atmosfera”, racconta Patrik Amoyel.

LO VEDI PROPRIO DALLE SCUOLE scelte dalle famiglie ebree: “Non li mandiamo più negli istituti pubblici. Qualcuno va nelle tre Yashiva (scuole ebraiche), ma lì si insegnano soprattutto i precetti religiosi. Molti vanno negli istituti cattolici, dove si seguono i programmi ministeriali e si può scegliere di non frequentare le ore di religione. È un ambiente più protetto, anche se può sembrare un paradosso”. Finito il liceo, tanti decidono di partire. Le mete sono anche il Canada, il resto d’Europa. Soprattutto, però, Israele, patria dell’identità. Dello spirito. Il primo passo è chiedere notizie all’Agenzia Ebraica, un palazzone in rue Roassal, a pochi passi dalla stazione. Secondo il ministero israeliano della Diaspora nei prossimi dieci anni in Israele migreranno 120mila francesi. Nel 2015 sono partiti in 15mila. È quella che viene chiamata Aliyah, “ritorno” o “pellegrinaggio”. Racconta ancora Benjamin:”Il viaggio e la cittadinanza sono garantiti a chi potrebbe essere perseguitato per motivi razziali. Ma Israele garantisce anche affitti calmierati, riduzioni fiscali, incentivi per i minori”. Nel 2013, appena laureato, Benjamin ha lasciato la sua vita, la famiglia ed è andato a Herzelya, a pochi chilometri da Tel Aviv: “Il fanatismo islamico che noi vediamo nelle città francesi, soprattutto qui a Nizza, ha riacceso la piaga dell’antisemiti-smo”. Ecco allora il bisogno di partire “in cerca di sicurezza e di quella identità che sentiamo minacciate dagli estremisti, ma anche da una certa sinistra francese che in nome della laicità e della tolleranza ci sta mettendo in pericolo”, racconta un esponente della comunità ebraica che chiede di restare anonimo. Fede e identità si radicalizzano. Si cercano simboli in cui identificarsi. Te lo trovi davanti per le strade di Nizza tante donne velate, ma sempre più spesso anche abito scuro e i cernecchi degli ebrei ortodossi. “Per tanti c’è bisogno di bandiere, di divise – ti senti dire davanti alla sinagoga di rue Rossini – e la laicità non te le dà”.