20 Agosto 2016

Accoltellamento di stampo antisemita a Strasburgo

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Elisabetta Rosaspina, Marco Ventura

Ebreo accoltellato a Strasburgo al grido «Allahu Akbar»

L’aggressore, con problemi psichiatrici, si riteneva vittima di «complotto». Esclusa l’ipotesi del terrorismo

Parigi. Un urlo «Allahu Akbar!» e una coltellata all’addome: l’aggressione ieri mattina di un ebreo, in una via centrale di Strasburgo non era un atto di terrorismo, ma un tentato omicidio dettato da odio razziale. Questa è la direzione delle indagini intraprese dalla procura dopo che il mancato assassino, fermato da alcuni passanti e arrestato dalla polizia senza opporre resistenza, è stato riconosciuto come un soggetto con problemi psichiatrici e precedenti specifici. La vittima, un pensionato ebreo francese di 62 anni, con tre figli, è riuscito a schivare un secondo fendente, è stato ricoverato sotto choc, ma non è in pericolo di vita. Non conosceva il suo accoltellatore, che si è lanciato contro di lui soltanto perché indossava la kippah, ed era quindi riconoscibile come un ebreo religioso. L’aggressore probabilmente non era a caso in quel quartiere , ad alta densità di abitanti ebrei, dove sei anni fa si era scagliato con un bastone e un coltello contro un altro uomo identificato dall’abbigliamento come un ebreo ortodosso. Era stato, anche in quell’occasione, catturato e processato. Davanti ai giudici aveva spiegato il suo gesto, affermando di essere la vittima di «un complotto ebraico» al quale attribuiva le sventure che gli erano capitate nella vita. Per questo, nel 2010, era stato considerato penalmente non perseguibile ed era stato disposto il suo trattamento sanitario obbligatorio. Maurice Dahn, responsabile della sicurezza della comunità ebraica nel Basso Reno, ha ricordato che l’uomo, affidato a cure psichiatriche, aveva ricevuto il divieto di rimettere piede a Strasburgo per dieci anni. Il gran rabbino di Strasburgo, René Gutman, ha chiesto che siano prese misure più efficaci: «Se questo individuo può andarsene in giro per la città e saltare addosso a chiunque veda con una kippah, ciò pone un problema». Nel primo pomeriggi o il gran rabbino ha ricevuto una telefonata di solidarietà del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve. (E.R.)

Antisemitismo in Europa, un male che riguarda tutti noi

Shalom Levy si è preso una coltellata in pancia perché portava in capo la kippah: il copricapo degli ebrei ha reso il Signor Levy un bersaglio. L’attacco al grido di Allah akbar è avvenuto ieri nel quartiere di Strasburgo in cui risiedono quindicimila ebrei. Personalità eminente della comunità ultraortodossa Lubavitch, il sessantaduenne è riuscito a rifugiarsi in un bar. Non corre pericolo di vita. Davanti alle recenti carneficine, il fatto può sembrare trascurabile. Dopotutto è stato un episodio individuale, finito bene. Invece il ferimento di Shalom Levy insegna due cose molto importanti. In primo luogo, le aggressioni contro persone, simboli o proprietà legate all’ebraismo sono un grave problema europeo. Secondo una fonte britannica, gli insulti per strada e i graffiti antisemiti sono cresciuti a Londra del 60% nel primo semestre del 2016. La nostra reazione è debole. Siamo indulgenti con l’antisemitismo musulmano e con quello cristiano. Ci illudiamo che il male inflitto ai pochi non riguardi noi molti. Qui s’innesta la seconda lezione dell’accoltellamento di ieri. Il massacro di Nizza e l’aggressione di Strasburgo sono tanto diversi. Ci terrorizza il primo; ci tocca meno il secondo: poteva capitare anche a noi di essere falciati sul lungomare, ma ci sentiamo al riparo dalla lama antisemita perché non portiamo la kippah. Eppure Nizza e Strasburgo hanno la stessa sostanza. La macro violenza si nutre di micro violenza. La carneficina dei tanti nasce dalla minaccia sui pochi. Non basta sconfiggere l’Isis a Raqqa, se l’odio di cui l’Isis si alimenta è così diffuso, anche a casa nostra. Shalom Levy è stato aggredito in Avenue des Vosges, a pochi passi dalle istituzioni europee, a una cinquantina di chilometri dal campo di concentramento nazista dello Struthof. Ci vuol senso della storia per vedere il grande nel piccolo, il noi nel loro.(M.V.)