30 Ottobre 2015

Pregiudizi antisionisti

Fonte:

Il Venerdì di Repubblica

Autore:

Annibale Mirolo - Michele Serra

Troppe guerre nel nome di Dio, comodo alibi per mascherare l’odio

Gentile Michele Serra, una sua Amaca sulla tomba di Giuseppe mi portato a meditare sul termine Terra Santa. Mi sembra che il luogo sia tutt’altro che santo. Conosciamo la sua storia dalla Bibbia, da Flavio Giuseppe, dalle Guerre Giudaiche dei Romani e tantissimo altro. In questi supposti tremila armi non c’è mai pace. Guerre continue (anche civili). Inganni, tradimenti, violenze. Sempre sangue umano. Ho visitato la Palestina nei primi anni ottanta, l’odio fra musulmani ed ebrei era palpabile. Ho capito che non c’era nessuna possibilità di pace. Il più grave errore del XX secolo è stato la fondazione dello Stato di Israele. L’Europa è responsabile dell’assurdo, orribile, inaccettabile genocidio di ebrei. In primis la Germania nazista e l’Italia fascista. Ma i pogrom erano iniziati molto prima in tutta Europa. Sorvolo sugli interessi che hanno determinato questa scelta. Era evidente che quel popolo – sopravvissuto alla diaspora in forza della religione – non poteva che divenire teocratico. La guerra iniziata nel 1948 ha sconvolto tutto il Medio oriente e innescato il terrorismo in tutto il globo. Il fanatismo religioso dei contendenti (con le armi di distruzione di massa a disposizione) può veramente portare a quell’apocalisse che entrambe le religioni profetizzano. I primi per avere il dominio di tutti popoli, i secondi il paradiso di giardini profumati con fresche acque e vergini sempre disponibili. Solo che non ci saranno più popoli né giardini. Allora più che Terra Santa mi sembra più appropriato Terra maledetta.

Annibale Mirolo

Gentile Mirolo, ho qualche dubbio sul fatto che la fondazione di Israele sia stata, come lei scrive, «il più grande errore del XX secolo». Non lo è certamente stata per gli scampati al genocidio, non tutti «teocratici» ma ugualmente ebrei, e in quanto tali perseguitati in cerca di un approdo. A parte questo, nella sua stringata durezza la sua lettera mi trova su una lunghezza d’onda molto simile. Le tre religioni di Abramo, i tre grandi monoteismi che hanno avuto una influenza così determinante nella storia dell’Occidente e, di riflesso, dell’umanità intera, sono state fonte di costante divisione, sopraffazione, odio, fratricidio «nel nome di Dio»: spesso addirittura dello stesso Dio, come nelle atroci guerre tra cristiani dopo la Riforma protestante o come nell’infinito, sanguinario regolamento di conti tra sciiti e sunniti. Per la serie «il mio Allah è più Allah del tuo». Ovviamente l’argomento è così vasto e complicato che in poche righe se ne può dire pochissimo: le religioni (vedi il messaggio evangelico, quando non è stato imposto con la spada) sono anche portatrici sane di cultura, pietà, saggezza e carità, laddove sappiano esprimere una visione olistica e armoniosa del nostro stare al mondo. Ma sono anche un formidabile, direi ineguagliabile medium per convogliare l’aggressività umana, la ferocia tribale, l’intolleranza. Non sono mai andato in Terra Santa e so perfettamente di nutrire, nei confronti di quei luoghi, qualcosa che assomiglia molto a un pregiudizio (ognuno ha i suoi; e se non deve vantarsene, deve però farci i conti). La concentrazione in un luogo così piccolo di una così smisurata quantità di protervia confessionale mi sgomenta e me lo rende – come dire – profondamente estraneo. Non vi riconosco – lo ammetto – radici. Né come europeo di nascita cristiana né in altre maniere, bibliche o coraniche o d’altro conio. Se fossi Dio, gaberianamente parlando, disperderei quei litiganti facendo loro presente che con le loro beghe millenarie non c’entro proprio niente. Che non si permettano mai più di usarmi come pretesto del loro fanatismo. È molto comodo e molto vile addurre il metafisico e l’invisibile come prova a discarico della propria visibile ferocia. E lo Stato islamico, da questo punto di vista, è una specie di trionfale punto di approdo dell’atroce propensione umana a bestemmiare Dio nominandolo mandante dei propri delitti.