19 Maggio 2016

Polemiche sulle ambiguità verso Israele di una candidata alle elezioni municipali di Milano

Fonte:

Il Giornale edizione di Milano

Autore:

Alberto Giannoni

Islamici contro Israele Il caso scoppia nel Pd «Ora basta ambiguità»

Nuove polemiche sulla candidata musulmana Sumaya Fiano: «È inaccettabile avere dubbi sullo Stato ebraico»

«Basta ambiguità su Israele». Dopo giorni di malumori il caso è scoppiato apertamente. Le due anime del Pd sono uscite allo scoperto e si fronteggiano. Al centro della polemica, il nervo scoperto di sempre: l’esistenza e le scelte dello stato ebraico in Medioriente. Politica estera? No, non solo. La contrapposizione può replicarsi sul tema milanese per antonomasia: la moschea. Finora silenzioso, solitamente cauto, al centro della polemica da ieri c’è un peso massimo del Pd, Emanuele Fiano. Oggi responsabile sicurezza Pd, in passato presidente della comunità ebraica, Fiano è intervenuto sulla candidata (indipendente) Sumaya Abdel Qader. E l’ha fatto per richiamare la posizione del partito: «Avere dubbi sul diritto all’esistenza dello Stato d’Israele non è concepibile» ha detto, ricordando che questa «esattamente la stessa linea» del leader Matteo Renzi. Fiano ha definito inaccettabile «che qualcuno che si candidi con il Pd trovi difficoltà a sfilare dietro il vessillo della Brigata ebraica». E rivolgendosi alla Abdel Qader: «A volte è difficile essere chiari e non ambigui su questioni spinose, è difficile specificamente con la propria comunità che magari pretende obbedienza ad una tradizione». La sostanza è chiarissima: «Su Israele non ci possono essere ambiguità nel Pd». Ma perché si è reso necessario questo richiamo? La Abdel Qader era intervenuta dopo le polemiche dei giorni scorsi su alcune (vecchie) posizioni del marito (leader dei Giovani musulmani). Sentendosi chiamata a un chiarimento, Sumaya ha ammesso che «signori, Israele c’è. Esiste e non si può pensare altrimenti. Possiamo essere in disaccordo su come è nata ma la storia oggettiva di milioni di profughi, terre confiscate (io sono nata in Italia perché nipote di profughi) e le migliaia di morti resta». Poi la precisazione sui partigiani ebrei: «Non ho sfilato con la Brigata ebraica il 25 aprile, ero appena dietro con il corteo del Pd e sono passata a fianco più volte alla ricerca di amici». «Sfilerei con la Brigata ebraica senza problemi – ha aggiunto – se non confondesse il suo essere profondamente italiana con Israele che non rappresenta me e tanti italiani». Distinguo che non sono piaciuti a Daniele Nahum, altro candidato Pd, altro esponente della comunità, fautore di posizioni ragionevoli (e perciò minoritarie a sinistra) sul tema-moschee. «Il punto non è riconoscere l’esistenza di Israele» – ha detto, anticipando Fiano – ma «le ragioni storiche della sua nascita in quanto Stato ebraico e democratico. Un candidato del Pd non può esimersi dal farlo. Senza alcuna ambiguità». Lapidario anche Sergio Scalpelli, ex assessore, amico di Israele e oggi grande sostenitore del Pd e di Beppe Sala candidato: «Ai compagni Pietro Bussolati e Lia Quartapelle è stata tirata la classica sòla», ha detto, evocando una «fregatura» presa dalla sinistra interna.