7 Ottobre 2014

Più di cinquecento antropologi sostengono il boicottaggio (BDS) contro Israele

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Giulio Meotti

Cinquecento antropologi boicottano Israele. Molte firme sono italiane Roma.

Ci sono anche numerosi docenti italiani fra gli antropologi che hanno deciso di boicottare lo stato d’Israele. Ci sono Silvia Posocco e Tommaso Sbriccoli della London University, Mara Benadusi dell’Università di Catania, Alessia Prioletta dell’Università di Pisa, Riccardo Putti dell’Università di Siena, Simona Taliani e Alejandra Carreño dell’Università di Torino, Angela Zito della New York University. Sono alcuni dei 500 antropologi che hanno appena promosso un appello per bandire docenti israeliani.

Ci sono nomi illustri dei dipartimenti di antropologia americani: dalla Columbia University arrivano tredici firme, da Harvard nove (come Steven Caton) e da Yale otto. Tra loro nomi importantissimi del mondo dell’antropologia, come i professori Jean e John Comaroff di Harvard, decani degli studi post coloniali e africani, e Michael Taussig della Columbia University, lo studioso della mimesi e dell’America Latina. Duro il giudizio della Israeli Anthropological Association, che parla di “attacco alla libertà accademica e di espressione”. E pensare che nel 1970 l’American Association of University Professors diede disposizione ai propri membri, in merito alla guerra in Vietnam, di “non diventare strumento di indottrinamento” e quindi di non assumere posizioni politiche pubbliche. Oggi Israele subisce una politica di trattamento ben differente. E’ l’unico stato al mondo sotto boicottaggio economico e culturale. Il paragone storico è con la decisione del 1985 di boicottare il Sudafrica dell’apartheid. Israele e il sionismo devono fare la stessa fine del razzismo afrikaner.

Alla base dell’appello, spiegano i 500 firmatari, si trova l’obiettivo stesso dell’antropologia, dunque la denuncia “del potere, dell’oppressione e della violenza strutturale” di Israele. A gennaio era arrivato il boicottaggio ufficiale della American Studies Association, poi centinaia di bibliotecari delle università occidentali avevano aderito al progetto, infine il Royal Institute of British Architects ha invitato la International Union of Architects a sospendere la collaborazione con Israele. A dicembre spetterà all’American Anthropological Association esprimersi sul boicottaggio. Il boicottaggio ufficiale di Israele porta all’annullamento di ogni rapporto accademico e culturale con lo stato ebraico. Si stabilisce anche che i professori cancellino ogni collaborazione con gli insegnanti e gli istituti israeliani. Le tesi di laurea non sono accettate se arrivano da Israele.

Come ha fatto la rivista inglese The Translator sotto la direzione di Mona Baker, stimata curatrice di una Encyclopedia of Translation Studies, che avendo deciso di boicottare le istituzioni universitarie israeliane “chiese” a due studiosi israeliani, Miriam Schlesinger e Gideon Toury, che facevano parte del comitato direttivo della rivista, di rassegnare le dimissioni. L’appello dei 500 chiede che “non si collabori a progetti o eventi ospitati o finanziati da istituzioni accademiche israeliane, non si insegni o si partecipi a conferenze di tali istituzioni, e non si pubblichi in riviste accademiche basate in Israele”. Una sola “apertura” è concessa dai 500 antropologi: la collaborazioni con singoli professori o studiosi israeliani se critici della politica del governo israeliano. Hanno fatto meno notizia purtroppo i 620 accademici, guidati da Judea Pearl, il padre del giornalista del Wall Street Journal Daniel, e dal giurista di Harvard Alan Dershowitz, che hanno appena rigettato l’invito a boicottare lo stato ebraico, “contrario alla libertà accademica”. C’erano nomi che potevano lusingare la stampa, come il liberal Eric Alterman storica firma della rivista di sinistra The Nation. Ma l’odio, alla fine, tira sempre di più. Specie quando si parla di ebrei.