28 Marzo 2018

L’esperto Lorenzo Vidino analizza l’importante operazione della Digos di Bari contro un imam jihadista di Foggia

Fonte:

la Stampa, Corriere del Mezzogiorno

Autore:

Matteo Indice, Lorenzo Vidino, Bepi Castellaneta

L’ombra delle madrase dell’odio sui doposcuola illegali per islamici

Serve un’indagine per scoprire dove si insegna l’estremismo

L’operazione antiterrorismo compiuta  ieri a Foggia segna una pietra miliare nel contrasto all’estremismo islamista nel nostro Paese. L’inchiesta nasce dal monitoraggio della moschea Al Dawa, piccolo luogo di culto (abusivo) nei pressi della stazione di Foggia che la Digos di Bari, da qualche anno attentissima a dinamiche di radicalizzazione nel proprio territorio, aveva iniziato a tenere sotto controllo dopo aver notato che due importanti jihadisti che aveva arrestato (incluso un foreign fighter ceceno appena tornato dalla Siria) ne erano assidui frequentatori. Ma gli inquirenti non si potevano immaginare che tipo di scene le telecamere ambientali che avevano sapientemente nascosto all’interno della moschea avrebbero ripreso. Utilizzando libri e video di propaganda prodotti direttamente dall’Isis e che venivano scaricati online, l’egiziano Abdel Rahman Mohy teneva regolarmente «lezioni» per piccoli gruppi di bambini, vere e proprie sessioni di indottrinamento in cui il «cattivo maestro» (nome poi usato dalla Digos per battezzare l’operazione) insegnava ai bambini a odiare gli infedeli, lodava il martirio e arrivava perfino a far fare il giuramento di fedeltà al Califfo a bambini di quattro anni. Fa particolare impressione che le «lezioni» avvenissero in italiano: con accento arabo, quello del maestro, ma con un perfetto accento pugliese, quello dei bambini, figli di immigrati pachistani o maghrebini ma nati e cresciuti nel nostro Paese. Fa quindi pensare a quanto sia sciocco il discorso che vede le prediche in italiano come la soluzione al radicalismo. Come se la bellezza della lingua di Dante potesse magicamente diluire l’estremismo jihadista. Ignorando che i predicatori d’odio che da decenni operano in Gran Bretagna, Francia o Germania hanno radicalizzato decine di migliaia di giovani delle seconde e terze generazioni parlando in perfetto inglese, francese o tedesco. E’ palese che l’odio può essere predicato in qualsiasi lingua. Lo si vede chiaramente su internet, dove siti, gruppi Facebook o conversazioni su vari social esclusivamente in lingua italiana abbondano da anni e sono in costante crescita. L’unico «vantaggio» di un sermone in italiano è che le autorità inquirenti risparmiano sui costi di traduzione, nulla più. Viene poi da porsi alcune domande. Cosa ne sarà dei bambini della Al Dawa? Ragazzini che hanno subito un vero e proprio lavaggio del cervello e che però frequentano le scuole elementari e medie a Foggia, nelle stesse classi coi bambini «infedeli» che Mohy insegnava loro a odiare, a vedere come nemici da sgozzare. Per quanto riguarda i loro genitori va chiarito se sapessero cosa veniva insegnato ai loro figli. E chiaro che se la risposta è positiva il problema è ancora più grande. I bambini invece non possono che essere visti come delle vittime incolpevoli. Ma come cancellare dalle loro giovani menti quanto è stato loro propinato per mesi, in alcuni casi anni’ Come rieducarli? Non è certo il compito delle autorità inquirenti, ma richiede uno sforzo congiunto della scuola, del sistema sociosanitario e della parte sana della comunità islamica. E’ naturale poi chiedersi quante Al Dawa ci siano in Italia. Già nel 2007 le autorità avevano arrestato un imam marocchino che indottrinava al credo jihadista bambini musulmani all’interno della moschea di Ponte Felcino, alle porte di Perugia. «Ci sarà un giorno del giudizio in cui tutti i musulmani andranno in paradiso, mentre gli italiani miscredenti andranno all’inferno e bruceranno», tuonava davanti ai bambini l’imam di quella che le autorità definirono una «scuola di terrorismo». E nel 2015 un’operazione antiterrorismo aveva portato all’arresto a Merano di una cellula che, oltre a reclutare foreign fighters, faceva sistematicamente vedere a bambini i video dell’Isis a scopo di indottrinamento. Casi isolati o esistono altre madrase dell’odio nel nostro Paese? Che esistano scuole e doposcuola privati, spesso illegali, per bambini musulmani è noto. E che in alcune di queste scuole usino metodi coercitivi contro i bambini è altrettanto noto (recente è un caso a Pordenone). Predicano il jihadismo? E’ chiaro che, alla luce dell’inchiesta di Foggia, la questione va investigata a fondo.