24 Luglio 2016

L’ambasciatore di Israele Naor Gilon fa un bilancio dei suoi quattro anni di mandato in Italia

Fonte:

La Stampa

Autore:

Francesca Schianchi

“I grillini deformano la realtà di quel che avviene a Gaza per pregiudizio e ignoranza”

L’ambasciatore israeliano Gilon: rigurgiti antisemiti “D’Alema ossessionato da noi, Renzi è un grande amico”

«Italia e Israele condividono il Mediterraneo, che non è solo un mare ma anche una cultura. Ho lavorato qui con tre governi, con tutti abbiamo avuto ottimi rapporti». Arrivato a fine mandato, alla vigilia della sua partenza da Roma, l’ambasciatore israeliano Naor Gilon fa un bilancio dei suoi quattro anni nel nostro Paese.

Qua e là in Europa si assiste ancora oggi a rigurgiti di antisemitismo. In Italia che situazione ha trovato?

«Nonostante tutti i governi si siano sempre espressi in modo forte e chiaro contro l’antisemitismo, qualche elemento ancora c’è anche in Italia: come ha detto l’ex presidente Napolitano, si tratta di un tipo nuovo, che si definisce anti-sionismo, contrario alla politica di Israele, ma in realtà è spesso basato sull’antisemitismo».

A cosa pensa?

«Ad esempio c’è un giornale italiano, Il Fatto quotidiano, che propone spesso teorie della cospirazione e usa i rapporti con Israele come elemento per attaccare i politici, come se Israele fosse il male assoluto e il Mossad ancora di più. Ci sono anche politici italiani che parlano la stessa lingua».

Chi?

«E’ chiaro a tutti chi considera l’unica democrazia del Medio Oriente come il male assoluto, usandola a fini di politica interna».

Lei ha avuto polemiche con Massimo D’Alema.

«Per me chi rappresenta il Pd è il suo segretario, Matteo Renzi, che è un grande amico di Israele».

Ma qual è il problema con D’Alema? E’ troppo critico con Israele?

«Deve chiedere a D’Alema della sua ossessione per Israele».

Che rapporti ha avuto in questi anni con le forze politiche italiane?

«Ottimi, con tutti i partiti. Abbiamo appena inaugurato l’Associazione di amicizia interparlamentare Italia-Israele, a cui hanno già aderito circa 150 onorevoli. Di tutti i partiti tranne uno».

Quale?

«Il Movimento Cinque Stelle».

Ha conosciuto qualcuno dei suoi esponenti?

«Il mio staff ha incontrato Di Maio, e io alcuni parlamentari della Commissione Esteri come Di Stefano e Di Battista».

Come li ha trovati rispetto a Israele?

«Ho avuto l’impressione che in parte siano animati da pregiudizi, e in parte ci sia un’ignoranza della realtà. Da lì è nata l’idea di una visita a Israele».

Una delegazione M55 ha fatto questa visita la settimana scorsa: ma si sono lamentati perché non li avete lasciati entrare a Gaza.

«Non dovevano sorprendersi: già qualche giorno prima li avevamo avvertiti via mail. Hanno avuto molti incontri, seri e importanti: mi dispiace che abbiano scelto di fare uscire sulla stampa italiana la parte negativa più di quella del dialogo».

Non avete dato il permesso perché, avete spiegato, Gaza è controllata da Hamas, «organizzazione terroristica ostile a Israele». Di Stefano sottolinea però che Hamas ha vinto libere elezioni.

«Sì, ma meno di due anni dopo ha preso il controllo della zona con la violenza contro il governo legittimo di Abu Mazen. Mi ha sorpreso per esempio anche che chiedano di ritirarci dal Golan».

Perché? Anche la Ue non riconosce le alture del Golan come israeliane…

«Nella parte siriana del Golan c’è Isis che ammazza i dissidenti e quelli che si oppongono. Vogliamo rischiare che i terroristi controllino anche la parte del Golan israeliano?».

Di Maio ha annunciato che, se vincerà il M5S, riconosceranno la Palestina. Sarebbe un problema per voi?

«Tutti i governi israeliani dagli accordi di Oslo in poi hanno accettato il principio di due popoli e due Stati. Ma ci si può arrivare solo attraverso negoziati diretti tra Israele e l’Autorità palestinese: se creiamo un Paese debole, rischia di diventare un covo di Daesh. Creare un altro Paese instabile sarebbe un problema per il mondo intero, e per Israele un vero suicidio».

L’MSS dice riconoscimento senza condizioni. Siete in pieno di- mandato raccordo?

«Sicuramente si. Il riconoscimento deve avvenire dopo un israeliano fa processo e dopo che i palestinesi hanno mostrato la loro capacità di controllare il Paese».

La preoccupa che l’M5S possa nostro Paese andare al governo?

«No, noi lavoriamo con tutti tranne con gli antisemiti. E abbiamo esempi in altri Paesi di persone molto critiche con Israele all’opposizione, che al governo hanno cambiato idea, come Syriza in Grecia. Come recita un detto israeliano, le cose che si vedono da una posizione, si vedono diversamente da un’altra».