8 Marzo 2017

La Corte di Cassazione assolve alcuni militanti di destra che avevano fatto il saluto romano

Fonte:

Il Tempo

Autore:

Attilio Ievolella

La Cassazione riabilita il saluto romano

Nel mirino la commemorazione di Ramelli, Borsani e Pedenovi

Riabilitato il«saluto romano». Esso non è sufficiente per ipotizzare desideri di ritorno al partito fascista. A far tirare un sospiro di sollievo ai nostalgici della destra mussoliniana sono i magistrati della Cassazione, che hanno fatto cadere definitivamente le accuse nei confronti di sette persone, a cui in origine era stato contestato di avere messo in pratica, in occasione di un evento a Milano, «manifestazioni fasciste» assolutamente vietate. Tutto comincia il 29 aprile del 2014, all’ombra della Madonnina, in occasione di una iniziativa «promossa da alcuni appartenenti al partito Fratelli d’Italia» e finalizzata alla «commemorazione di Enrico Pedenovi, consigliere provinciale del Msi-Dn, di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, e di Carlo Borsani, militante della Repubblica Sociale Italiana». In quel contesto alcuni manifestanti ripropongono riti tipici del partito fascista, cioè «”saluto romano” e “chiamata del presente”», accompagnati da uno «striscione inneggiante ai camerati caduti» e da «numerose bandiere con croci celtiche». La ricostruzione fatta dagli uomini della «Digos» di Milano è sufficiente, secondo la Procura, per contestare il reato di «manifestazioni fasciste». Ma a sorpresa il Gup fa cadere ogni accusa, sottolineando, da un lato, «il carattere della manifestazione, centrata sul ricordo dei tre defunti, tutti storicamente vittime di una violenta lotta politica», e, dall’altro, evidenziando che «le manifestazioni di carattere fascista», accompagnate dal ricorso a una determinata «simbologia», sono state tutte «finalizzate alla commemorazione», senza alcuno richiamo a un’ipotesi di «restaurazione del regime fascista». In sostanza, secondo il Gup, l’evento realizzato a Milano, nonostante «l’ostentazione di simboli e saluti fascisti», non era certo tale da «suggestionare i partecipanti inducendo in loro sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista». E questa visione è condivisa dalla Cassazione, che cancella le accuse mosse alle sette persone resesi protagoniste del «saluto romano» durante la manifestazione milanese. Per i magistrati del Palazzaccio, difatti, «l’espressione del pensiero e dell’ideologia fascisti» non è «vietata in sé», ma solo «se può determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste». E applicando questa prospettiva ai fatti di Milano appare evidente, secondo i giudici, che«il “saluto romano”, la “chiamata del presente”, l’uso della croce celtica» erano «rivolti esclusivamente ai defunti, in segno di omaggio e di umana pietà», senza avere «alcuna finalità di restaurazione fascista».