12 Aprile 2017

Intervista sul negazionismo allo storico Francesco Germinario

Fonte:

Il Dubbio

Autore:

Matteo Luca Andriola

«Sì, anche la sinistra è stata. negazionista»

Le convergenze fra destra estrema e sinistra estrema nel minimizzare la Shoah sono state diverse nel 900 soprattutto in Francia. Su tutti il caso di Paul Rassinier

 Quando nel 2009 il vescovo “lefebvriano” Richard Williamson negò l’Olocausto ebraico, all’opinione pubblica” fu lasciato credere che si trattava di un fenomeno marginale, esclusivamente “di estrema destra” o “neofascista”. Ma è così? Lo chiediamo allo storico Francesco Germinario, membro del Comitato scientifico della Casa della memoria di Brescia e autore del saggio Negazionismo a sinistra. Paradigmi dell’uso e dell’abuso dell’ideologia (Asterios 2017, pp. 176,18,00 euro), da poco in libreria.

Dottor Germinario, prima di analizzare il “negazionismo di sinistra”, dia ai lettori de Il Dubbio la definizione di “negazionismo”…

Per negazionismo è da intendersi quelle correnti politiche tendenti a negare che la Shoah si sia verificata; ovvero, che tendono a ridurne la portata e gli effetti. Obiettivo del negazionismo di destra è quello di rendere più “presentabile” il nazismo.

Lei si sofferma su gruppi negazionisti d’estrema sinistra, comunisti radicali che in Italia e Francia si richiamano ad Amadeo Bordiga, che Lenin bollò come «estremista» in L’estremismo, malattia infantile del comunismo. Significa che Bordiga, primo segretario del Pcd’I, negò i crimini nazisti? Com’è possibile che raggruppamenti marxisti sposino tesi che circolano nell’estrema destra?

Amadeo Bordiga non c’entra nulla col negazionismo. Da parte esponenti del bordighismo, dopo la morte di Bordiga, avvenuta nel 1970, si è voluto contrabbandare per opera di questi un saggio che di Bordiga non era, ma di un militante dell’area bordighista, Axelrod. E’ stato nulla più che un falso storico: non mi risulta che Bordiga abbia mai negato gli stermini organizzati dai nazisti. Lo stesso Axelrod, molti anni dopo, polemizzando con il grande storico Pierre Vidal-Naquet, sottolineava che nel suo saggio non aveva mai inteso negare la Shoah. Le convergenze fra destra estrema e sinistra estrema sono state diverse nel corso del Novecento, soprattutto in Francia. Al di là di questa constatazione, quei minuscoli raggruppamenti marxisti hanno sposato certe testi sulla Shoah, pretendendo di condurre un’analisi “marxista” dell’antisemitismo nazista. Credo di avere dimostrato in maniera esauriente che, per un verso, queste analisi marxiste non lo erano tanto — almeno se vogliamo mantenerci sul piano di un’applicazione delle categorie marxiane e marxiste a questa vicenda. Per l’altro verso, a costoro sfuggivano, come erano sfuggite a Bordiga, le specificità del totalitarismo nazista, ossia il primato assoluto della politica sull’economia.

E’ mai avvenuta una convergenza fra questi settori del radicalismo marxista e quelli dell’estrema destra?

Una quindicina di anni fa Trieste fu tentata l’organizzazione di un convegno che prevedeva la partecipazione di negazionisti di destra e di sinistra. Il fiore all’occhiello era dato dalla prevista partecipazione di Ernst Nolte: storico discutibile e discusso, ma comunque storico. Il convegno, a quanto mi risulta, non riuscì a tenersi.

Uno dei primi negazionisti francesi è stato Paul Rassinier, ex deportato politico a Dora e Buchenwald, comunista libertario espulso dal partito per il suo antistalinismo. Perché un’ex deportato dei lager nazisti nega i crimini che vi venivano perpetrati?

All’inizio Rassinier non negò i crimini nazisti. In seguito, vistosi ridotto qualsiasi spazio a sinistra, egli spostò progressivamente le sue posizioni, fino a intrattenere rapporti organici con ambienti dell’estrema destra, fino a pubblicare volumi per le case editrici di quest’area. Pubblicò, così, testi cospirazionisti, di critica a Israele ecc. E’ un esempio di ciò che dicevo in precedenza, a proposito degli incroci destra-sinistra nel Novecento.

E’ possibile criticare Israele per quello che avviene nei territori occupati ai danni dei palestinesi senza negare il genocidio perpetrato dai nazisti? Molti, nell’estrema sinistra, lo pensano. Lei che ne dice?

Comparare non significa identificare. Certamente si può criticare la politica israeliana nei territori occupati. Epperò, lasciamo perdere l’identificazione della Shoah: non mi risulta che Israele sia considerato uno Stato totalitario neanche dai più feroci critici del “sionismo”.

Nel giugno 2016 è stata approvata una legge che rende reato ne gare la Shoah. Nel 2007 ben 200 accademici hanno firmato un appello dicendosi “sinceramente preoccupati che si cerchi di affrontare e risolvere un problema culturale e sociale certamente rilevante (il negazionismo e il suo possibile diffondersi soprattutto tra i giovani) attraverso la pratica giudiziaria e la minaccia di reclusione e condanna”. Non teme, da storico di professione, che si possa arrivare ad intromissioni legislative nel lavoro di ricerca degli storici, rendendo – come diceva l’ex ministro Mastella – i negazionisti una sorta di “martiri”?

Mi permetto di non essere d’accordo con i 200 storici e con le loro preoccupazioni. Non mi risulta, ad esempio, che nel senso comune giovanile siano diffusi atteggiamenti negazionisti. Preciso meglio: se emergono talvolta posizioni negazioniste, queste sono provocate dal contesto di penosa destoricizzazione di cui è oggetto l’argomento della Shoah nell’ambiente scolastico. Su questo tema – antropologico, didattico e sociologico – mi permetto di rimandare al mio prossimo lavoro in uscita da alcuni mesi presso il medesimo editore, Asterios.