3 Aprile 2017

Intervista del direttore di Pagine Ebraiche Guido Vitale allo storico francese Georges Bensoussan

Fonte:

Moked.it

Autore:

Georges Bensoussan, Guido Vitale

Lo storico Bensoussan a Pagine Ebraiche

“Antisemitismo arabo, parliamo chiaro”

C’è ancora aria di Purim quando Georges Bensoussan si stacca dalla folla che traffica incessabilmente ai confini di Belleville. È subito chiaro il perchè́: “In mezzo a tanta gente è difficile ritrovare anche un amico”. “Mi sono un po’ camuffato”, scherza lui, che è appena uscito da un’emozione forte e continua a guardarsi le spalle.

La magistratura parigina ha appena statuito che c’è speranza, che le sorti dell’Europa e delle democrazie sono ancora tutte da giocare, che si può parlare chiaramente, quando si parla civilmente. E che la subcultura dell’antisemitismo così̀ popolare e così diffusa nel mondo arabo può essere chiamata con il proprio nome, può essere denunciata. La sentenza, assoluzione con formula piena dall’accusa di fomentare l’odio antiarabo arrivata per aver avuto il coraggio di denunciare l’antisemitismo arabo, è ancora fresca. Una sentenza scomoda, di cui molti preferiranno non parlare. Eppure già si capisce che si tratta di un provvedimento destinato a fare storia. Forse la parola finale di decenni di malinteso buonismo pseudoprogressista, secondo il quale dalle popolazioni immigrate, e in particolare dalle popolazioni arabe o islamiche, bisognerebbe accettare di tutto, anche la violazione dei principi di base delle nostre democrazie.

Lo storico francese, direttore delle pubblicazioni al prestigioso Memorial de la Shoah di Parigi e polemista di fama mondiale, è sollevato, ma forse anche intimorito dalla responsabilità̀ che la società e la magistratura gli hanno assegnato con questa vittoria.

Adesso, Georges, dopo questa sentenza è ora di tirare le fila. Di capire come andare avanti.

L’episodio che mi ha visto coinvolto, l’essere stato portato in tribunale e accusato paradossalmente di razzismo per aver denunciato quanto l’antisemitismo sia diffuso, popolare e trasmesso di generazione nel mondo arabo, è stato un passaggio di una “jihad” giudiziaria condotta oggi dall’Islam politico. Mi hanno rimproverato di aver detto in una trasmissione che esiste un antisemitismo culturale trasmesso nell’ambito familiare (ho usato l’espressione “che si succhia con il latte della madre”) in certi ambienti d’origine araba in Francia. E mi si è rimproverato di aver evocato la formazione di una contro società̀ che tende a isolarsi dalla nazione pensando che la legge islamica debba prevalere sulle leggi della Repubblica, arrivando a invertire le regole comunemente ammesse dell’integrazione. Questa strategia giudiziaria intimidatoria si inscrive in una strategia politica più̀ generale e questi processi che si ripetono sulla base di denunce che provengono da organizzazioni che pretendono di agire nel nome della lotta al razzismo, costituiscono un test di resistenza per la nazione.

Il Gran Rabbino di Francia Haim Korsia, assieme a intellettuali come Elisabeth Badinter, Elisabeth de Fontenay, Pierre Nora, Pascal Bruckner, Jacques Tarnero e molti altri hanno denunciato questo “terrorismo culturale che completa il terrorismo assassino”. In Italia, fra gli altri, la storica Anna Foa sulle colonne di Pagine Ebraiche, ha denunciato quanto stava accadendo con il tuo processo. Credi che l’esito positivo di questo giudizio contribuirà a cementare una nuova consapevolezza, una nuova alleanza fra diversi intellettuali?

Quello che mi auguro, soprattutto, è la crescita di una nuova identità nazionale. Il patriottismo e l’amore per l’identità nazionale sono stati colpevolmente a lungo considerati un patrimonio della destra. Solo un recupero collettivo di questi ideali può̀ garantire un futuro alle democrazie, all’Europa e a una presenza ebraica in questo contesto.

Parliamoci chiaro, la Francia è in piena campagna elettorale, l’ondata della protesta populista e di destra sale. Questa sentenza rischia di piacere soprattutto alla destra e a chi specula su una politica contraria all’integrazione.

Certo, è un rischio, è inevitabile. Ma domandiamoci dove sta il problema. Tacere di fronte al problema dell’integrazione di un mondo arabo che non rispetta la legge, la diversità̀, i diritti della donna, non mi sembra la soluzione. Tacere è colpevole. Più si tace, meno si denuncia, e più sale il populismo. La pentola a pressione è stata tenuta troppo a lungo sul fuoco da governanti attendisti e ambigui. E ora rischia di esplodere.

E il mondo ebraico francese in questa morsa fra odio antisemita e populismo come si colloca?

Il mondo ebraico francese, il più vasto nel contesto europeo e il più̀ preso di mira dai grandi sconvolgimenti, deve fare i conti con fattori molto complessi. Dobbiamo tenere conto di una crescita del settarismo religioso e la diffusione del sentimento di essere costantemente nel mirino. Chi crede che l’Aliyah, la fuga attraverso la salita in Israele, sia la soluzione sbaglia.

E non solo per il gran numero di rientri in Francia dopo un’Aliyah mancata, ma anche e soprattutto perchè́ la fuga non è mai la condizione più̀ felice per un’Aliyah riuscita.

Cosa dobbiamo temere nell’evoluzione sociologica dell’ebraismo europeo?

La stupidità̀, l’ignoranza che dilaga. L’oppressione e l’odio rendono stupidi, non hanno mai creato intelligenza. Determinano l’intelligenza spicciola dell’arte di sopravvivere, ma ci privano della grande crescita culturale.

E cosa dobbiamo temere nell’evoluzione delle componenti arabe?

La scarsa integrazione, l’insufficiente condivisione dei valori nazionali. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che nella Francia di oggi un arabo che ha studiato ha meno chance di un altro cittadino di far valere il proprio diploma, di avere riuscita sociale. Dobbiamo batterci per superare il pregiudizio. E al tempo stesso denunciare chiaramente il veleno dell’odio e del pregiudizio che circola nella società islamica.

Che cosa ci riserva il futuro in Europa?

I grandi ideali che ci hanno accompagnato dal termine della Seconda guerra mondiale, l’integrazione europea e la rivoluzione politica del Sessantotto sono esauriti. È ora necessario rifondare un’identità̀ di europei, inventare qualcosa che ci faccia riscoprire l’orgoglio nazionale. Regalare il valore dell’identità nazionale alle destre è un errore catastrofico. E tutto il nostro futuro si basa su questa possibile presa di coscienza.

Tutto il futuro?

Ricordiamoci che fino a qualche anno fa l’elettore medio del Front National era un anziano, oggi la situazione si è capovolta. La gioventù chiede idee chiare. I valori della Rivoluzione francese sono ancora necessari e possono tornare d’attualità.