17 Novembre 2015

Intervista al rabbino Giuseppe Laras sugli attentati jihadisti di Parigi

Fonte:

Quotidiano nazionale

Autore:

Cristiano Bendin – Giuseppe Laras

Il rabbino: il buonismo è un lusso «Così si fa il gioco dei tagliagole»

L’analisi di Laras . certo moralismo pacifista e cattolico ha scalzato l’etica

Milano«Dolore per le vittime ma anche rabbia per chi giustifica quegli attacchi: sono gli alleati inconsapevoli e subdoli del terrore». A dare voce alle ansie degli ebrei italiani, scossi dai fatti di Parigi e dall’accoltellamento del giovane chassìd Nathan Graff, la settimana scorsa a Milano, è Giuseppe Laras, presidente del Tribunale rabbinico del Centro-Nord Italia e rabbino capo emerito di Milano.

Che sentimenti ha provato di fronte alla tragedia di Parigi?

«Dolore, sconforto e indignazione. Solidarietà commossa con le vittime e con i loro familiari. Mi chiedo poi quale perversione e blasfemia possa albergare nei cuori e nelle menti di chi crede di essere gradito a Dio compiendo simili efferatezze. Ho provato rabbia e sdegno nei confronti di quegli opinionisti e di quei politicanti che adducono giustificazioni, attenuanti, contestualizzazioni: alleati inconsapevoli, ma egualmente pericolosi e subdoli, del terrore».

Ci può spiegare meglio?

«Oltre al terrore, tra le armi classiche dei sostenitori dello jihadismo da sempre vi sono la confusione e l’equivoco. Siamo vulnerabili anche su questo campo perché in Occidente purtroppo siamo stati da decenni abituati a usare male le parole, a impiegare parole inadatte o improprie. E così si pensa male e dilaga la confusione. Pacifisti, terzomondisti, religiosi buonisti e pensiero’ radical-chic hanno fatto sì che un moralismo assolutista e conformista sia subentrato all’etica. La libertà, la dignità e la vita etica richiedono forza e carattere. Questi pulpiti vacui e ignavi, con i loro ‘ismi’, ci hanno reso deboli, in parte avallando la sottomissione’».

Si riferisce anche alla Chiesa?

«Vi sono tentazioni utopistiche circa la guerra e la pace in seno alla tradizione cristiana. Ma la violenza fa parte del reale, come la guerra. Tommaso d’Aquino prevede, quando necessario e inevitabile, il ricorso alla violenza. Bonhoeffer, uno dei massimi teologi cristiani del 900, ritenne necessario cercare di uccidere Hitler, anche se l’attentato purtroppo fallì. Quando sento alcuni cristiani confondere pace e pacifismo, bontà e buonismo, persecuzione e uso legittimo della persecuzione mi viene da chiedere loro: cosa avresti fatto con Hitler? Come l’avresti fermato senza il ricorso alla forza? E non ritieni che, mentre tu interrogavi (male) la tua nobile coscienza, avresti avuto delle responsabilità effettive nei confronti delle persone che nel frattempo morivano? Il buonismo, quando non é una maschera per la viltà, é un lusso della coscienza».

Lei ha ricordato il nazismo. Vede delle analogie con l’oggi?

«Il clima che viviamo é inedito. Le Twin Towers e Parigi segnano dei punti di non ritorno. Vi sono analogie che possono rievocare l’ascesa del nazismo. Sicuramente l’imposizione di un nuovo ordine mondiale jihadista, i ricatti economici e l’uso dilagante del terrore. Come il nazismo anche lo jihadismo è ossessionato, in tutte le sue forme, dall’antisemitismo e dall’antisionismo. In particolare va fatto poi presente che lo jihadismo dal nazismo ha ricevuto non pochi contributi ideali».

Quali armi possiede oggi l’Islam politico secondo lei?

«Potenzialmente le nuove demo-grafie religiose europee. Poi il terrore eretto a sistema. Si aggiunga la loro forza economica e la dipendenza economica di molti Paesi europei impoveriti dalle loro economie. E, infine, un’arma impropria: il “non pensiero” culturale e politico di troppi occidentali.

Quale il sentimento degli ebrei europei ed italiani? E’ ancora possibile parlare di ‘dialogo ?

«Vi é molta preoccupazione e molti fantasmi sono tornati. Ma noi siamo tenaci. E la tenacia é un sentimento che dovremmo essere in grado di tradurre e trasferire agli altri europei in questi frangenti. Israele questi problemi purtroppo li conosce bene ed é in piccolo il laboratorio di quanto succede in Europa oggi. Il Dialogo ha e avrà sempre alti e bassi. L’importante é non farlo spegnere