31 Ottobre 2017

Intervista al presidente dell’associazione dei bengalesi di Roma dopo il recente episodio di aggressione razzista

Fonte:

Corriere della Sera edizione di Roma, Il Messaggero

Autore:

Rinaldo Frignani

«Troppe aggressioni alla nostra comunità Perché non provano a molestare i nigeriani?»

Il numero uno dei bengalesi a Roma: «Noi, per indole, non reagiamo mai»

La verità è che siamo troppo buoni. Noi, per indole, non reagiamo quasi mai, e non scappiamo nemmeno. Per questo i bengalesi sono sempre fra le vittime delle aggressioni, specialmente quelle razziste. Ma adesso è ora di finirla, cosa dobbiamo fare? Andare a picchiare chi ci minaccia e ci insulta?». Siddique Nure Allam, per tutti Bachcu, sa che il pestaggio del povero Kartik Chombro non è il primo e non sarà nemmeno l’ultimo. Solo nel 2017 i connazionali pestati a sangue sono stati quattro – almeno quelli finiti poi sui giornali -, ma gli episodi di violenza e sopraffazione nei confronti di appartenenti alla comunità sono all’ordine del giorno. Basti pensare al commerciante ferito poche settimane fa a colpi di pistola alle gambe per aver affrontato un paio di rapinatori nel suo bazaar all’Aurelio. «Paghiamo perché una certa politica – e non solo di estrema destra – dipinge l’immigrato come un poco di buono, un delinquente che vive sulle spalle degli italiani, ma non è così», dice ancora Bachcu, da quasi 20 anni alla guida di Dhummcatu, l’associazione dei bengalesi di Roma protagonista di proteste e manifestazioni per i diritti dei lavoratori stranieri. «Di conseguenza i ragazzi romani, specialmente quelli giovanissimi, si sentono protetti e direi quasi autorizzati a picchiarci». Un lavapiatti da trent’anni a Roma con i figli studenti universitari ormai italiani, un giovane agricoltore che ha avviato un’azienda tutta sua, un commerciante ambulante che ha fatto arrivare la moglie da Dakka. Sono le vittime delle ultime aggressioni a sfondo razziale e di bullismo fra Tor Bella Monaca, Anzio e Don Bosco prima di quella di Chombro a piazza Cairoli sabato scorso. «Noi pensiamo solo a lavorare, non vogliamo creare problemi. A Roma e provincia siamo 35 mila. Per cultura non siamo portati ad aggredire, a confrontarci con i violenti – spiega Bachcu – e anche quanto accaduto di recente ci scoraggia dal farlo: a Torpignattara, ad esempio, alcuni commercianti hanno provato a bloccare dei teppisti che li insultavano. Sapete come è finita? Si sono beccati loro una denuncia per rissa. Insomma, meglio lasciar perdere». Ma il leader dei bengalesi ha anche un’altra teoria sul perché da qualche mese bande di ragazzetti, spesso minorenni, non esitano a prendersela con un connazionale quando lo incrocia per strada. «I movimenti di estrema destra mandano avanti loro perché è più difficile perseguirli. E’ un trucco per non essere mai colpevoli. E sono vigliacchi perché se la prendono con chi non reagisce. Sanno bene che attaccare nigeriani o nordafricani non è così facile: allora sì che le prenderebbero. Ma da noi no, almeno non è successo ancora», avverte Bachcu, che per oggi ha indetto «una riunione della nostra associazione per affrontare la situazione dopo il pestaggio di Kartik e organizzare quantomeno un presidio di solidarietà e protesta in piazza Cairoli. Roma sta diventando troppo violenta per noi. Ci sono interi quartieri dove è ormai rischioso farsi vedere in giro. Penso alla zona fra Quadraro, Arco di Travertino e Porta Furba ma anche a Porta Maggiore, Tor Bella Monaca e via Prenestina».