27 Settembre 2017

Intervista al presidente del Consiglio centrale ebraico in Germania sul successo elettorale del partito estremista AfD

Fonte:

La Repubblica

L’intervista. Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale ebraico in Germania

“Oggi attaccano i musulmani domani toccherà a noi ebrei”

BERLINO. Josef Schuster, presidente del Zentralrat der Juden, il Consiglio centrale degli ebrei, non usa giri di parole. Il risultato dell’Afd «riempie di preoccupazione la comunità ebraica in Germania», spiega in questa intervista a Repubblica. Adesso attaccano «soprattutto musulmani e profughi», ma «sono sicuro che potrebbero farlo anche con noi». L’antisemitismo, negli ultimi tempi, «sta aumentando». Perciò il medico che dal 2014 presiede l’organizzazione degli ebrei tedeschi chiede che il prossimo governo nomini un Responsabile contro l’antisemitismo e mette in guardia da un partito, che come dimostrano le ambigue dichiarazioni di Alexander Gauland su Israele, che «mina il codice di valori della nostra società». Una preoccupazione condivisa, evidentemente, dal premier israeliano Netanyahu, che ha ieri messo in guardia dall’avanzata dell’Afd.

Presidente Schuster, è preoccupato per l’avanzata Afd?

«Sì, il risultato a due cifre dell’Afd riempie di preoccupazione la comunità ebraica in Germania. Un partito che aizza contro le minoranze e altre culture e che tollera idee di estrema destra, è diventato il terzo partito nel Bundestag. Al momento l’Afd attacca soprattutto musulmani e profughi. Ma sono sicuro che potrebbero farlo anche con noi, non appena lo ritenessero opportuno».

Pensa che l’antisemitismo potrebbe aumentare?

«Da un po’ di tempo i sondaggi e le statistiche criminali ci dicono che l’antisemitismo sta aumentando. Soprattutto l’antisemitismo riferito a Israele. Per noi è molto importante, perciò, che il nuovo governo nomini un Responsabile per la lotta contro l’antisemitismo, perché si batta per respingere con forza e con convinzione l’antisemitismo».

Alcune biografie dei neoparlamentari dell’Afd non promettono nulla di buono, ci sono estremisti di destra, nostalgici, negazionisti. Come può accadere in un Paese come la Germania che ha svolto un approfondito esame del proprio passato nazista?

«Qui dobbiamo distinguere sicuramente tra Est e Ovest. Nella Ddr il nazionalsocialismo è stato rielaborato in modo meno intenso e soprattutto meno autocritico rispetto alla Germania federale. E anche oggi il compito deve continuare ad essere quello di proseguire con lo studio del nazionalsocialismo, soprattutto con i giovani, per i quali quegli accadimenti sono molto lontani nel tempo. E per i cittadini di origine straniera, che non hanno un legame famigliare con quel periodo. La conoscenza del nazionalsocialismo e della Shoah è spaventosamente scarsa».

Come si spiega un successo cosi enorme dell’Afd?

«Evidentemente c’è una importante fetta di elettorato dell’Afd che nutre una grande insoddisfazione e delusione, rispetto alla politica attuale. Molti cittadini si sentono anche angosciati per l’enorme numero di profughi arrivato nel 2015. Le parole d’ordine populiste dell’Afd, purtroppo, hanno prodotto i loro frutti. Il partito illude le persone che ci siano soluzioni semplici ai loro problemi. Ma per molti problemi seri, l’Afd non ha una soluzione».

Il leader Afd, Alexander Gauland, ha detto che il diritto all’esistenza di Israele non può essere un ragion di Stato, per la Germania. ?

«Se non ho capito male il signor Gauland, quando ha parlato alla prima emittente pubblica Md, ha chiarito che non voleva mettere in discussione questo principio, ma voleva solamente capire che cosa significhi esattamente. Tuttavia l’obiettivo di dichiarazioni di questo tipo, per me, è molto chiaro. L’Afd tenta in molti punti di mettere in discussione e di screditare il codice di valori che rappresenta il fondamento della nostra società e cerca anche di sabotare i nostri principi di fondo. È qualcosa che non dobbiamo lasciar accadere».

L’Afd ha mai cercato di mettersi in contatto con voi? C’è il tentativo di un dialogo?

«No, finora no. Ma non vedo le basi per un colloquio». (t.m.)