15 Luglio 2014

Immagine distorta del conflitto medio-orientale

Fonte:

Corriere della Sera

Autore:

Gian Guido Vecchi

Il disagio che cresce nella comunità ebraica «Informazione distorta»

Il caso delle toto manipolate in rete

Roma — «Vede, quella che riteniamo vada chiarita, anzitutto, è la distinzione tra chi aggredisce e chi si difende: questa esplosione di violenza è nata da una pioggia di missili inviata con un crescendo impressionante sulle città israeliane…». Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, tira un lungo sospiro, non sono giorni facili neanche per gli ebrei della diaspora e l’aggressione alla sinagoga di Parigi non aiuta, «in Francia c’è una situazione di tensione più alta ma sappiamo che fatti incresciosi potrebbero accadere anche qui, da parte nostra si cercano di prendere tutte le precauzioni possibili…».

Domenica il consiglio dell’Ucei si è riunito e ha discusso a lungo. Il mondo ebraico è variegato e complesso, il confronto di opinioni è la norma e non mancano talvolta scontri anche aspri. Così è significativo che sia stato approvato all’unanimità, in un’assemblea di 52 persone, un testo che «condanna con forza qualsiasi narrazione dei fatti che non riconosca a Israele il diritto alla difesa dei propri cittadini minacciati da nemici come Hamas, che propugnano nei loro atti ufficiali la sua distruzione». E condanna pure «chi, nel mondo dell’informazione, mistifica i diversi rapporti di causalità del conflitto, per offrire al pubblico un’immagine distorta di Israele».

Ne hanno discusso con tre esponenti di primo piano della «comunità degli italkim», gli italiani di Israele. Collegati in video, c’erano il demografo Sergio Della Pergola, consigliere di Sharon quando nel 2004 decise il ritiro dalla Striscia di Gaza, il diplomatico Vittorio Dan Segre e Sergio Minerbi, già ambasciatore di Israele a Bruxelles, che faceva notare la «consecutio temporum» degli ultimi giorni, «una escalation di violenza iniziata dal lancio di razzi da Gaza», come riporta Pagine ebraiche: «Israele è rimasta tre giorni senza reagire e poi ha deciso di intervenire, quindi non dice il vero chi racconta che questo conflitto è iniziato per volontà israeliana». Considera il direttore del mensile, Guido Vitale: «La realtà è che gli avvenimenti di questi giorni, nel mondo ebraico, hanno creato un consenso generale sul fatto che il mondo occidentale sia troppo poco sensibile al logoramento di una popolazione civile bersagliata ogni giorno da razzi».

A questo si aggiunge la consapevolezza di quanto sia ormai decisivo il «piano politico-mediatico» notava Dan Segre, fino a osservare: «Israele ha capito che le azioni terrestri sono inutili e politicamente perdenti». C’è una guerra che si combatte sui social network e basta un’occhiata all’hashtagt #GazaUnderAttack, su Twitter, per vedere la strategia di «disinformazione in immagini» dimostrata dalla Bbc e dal francese Libération, quotidiano della sinistra francese mai tenero con Israele: foto di archivio dei massacri in Siria e Iraq, da Aleppo a Bagdad, spacciate come immagini di Gaza. «A questo punto i mezzi di comunicazione sono fondamentali in tutti questi conflitti» dice ancora Vitale: «Anche la vendetta repellente contro il ragazzo palestinese viene da mondi alimentati dalla “demenza digitale”, persone che si lasciano strumentalizzare da social network pilotati: i deboli di mente sono facilmente manipolati». E poi c’è la «narrazione» del conflitto, riflette Renzo Gattegna: «Siamo rimasti sorpresi e impressionati dal fatto che su alcuni media italiani si tenda a parlare delle sofferenze della gente di Gaza senza spiegare che sono causate anzitutto da chi ha aggredito e usa la popolazione civile come scudo degli arsenali e delle rampe di missili, mentre i militanti stanno nei bunker». Durante il consiglio si è parlato delle telefonate dell’esercito israeliano ai civili palestinesi, «non si è mai vista al mondo una guerra condotta in questo modo, per tutelare gli innocenti», degli avvisi di evacuazione «mentre Hamas pubblica avvisi contrari perché il numero delle vittime cresca», l’opposto di quanto ha fatto Israele con Iron Dome.

Resta la tragedia di due popoli e un disagio che nella comunità ebraica fa sfumare la distinzione tra conservatori e progressisti. «Parlare solo dei bombardamenti su Gaza e non delle centinaia di missili che piovono su Israele, da parte dei militanti di Gaza, vuol dire fomentare l’odio contro Israele e nascondere la verità» ha scritto all’inizio del conflitto Emanuele Fiano, già presidente della comunità ebraica milanese (il padre Nedo fu deportato con l’intera famiglia a Birkenau, di undici persone tornò solo lui) e oggi deputato del Pd: «Io sono un ebreo che ha sempre lavorato per la pace, conosco e ho criticato i limiti e gli errori dei governi di Israele, conosco e difendo i diritti dei palestinesi ad avere un loro Stato e di Israele a vivere in sicurezza, ma non tacerò mai quando la storia di quelle terre viene raccontata come se il male fosse tutto da una parte e il bene dall’altra. E quando il male viene identificato sempre e solo con Israele».