31 Marzo 2016

Il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – CDEC compie 60 anni

Fonte:

Corriere della Sera edizione di Milano

Autore:

Paola D’Amico

Dalla Shoah al film di Benigni L’archivio che salva la storia

Festeggia 60 anni il Centro di documentazione ebraica di via Eupili

La sala di lettura al primo piano della palazzina di via Eupili 8, sede del Cdec, il Centro di documentazione ebraica contemporanea, è una tappa obbligata per scrittori, studiosi, registi. Qui è germogliata la sceneggiatura de «La vita è bella» di Roberto Benigni e di «Jona che visse nella balena», il film di Roberto Faenza. Compie 60 anni questo luogo unico in Europa, che ha trovato sede nella ex scuola ebraica milanese, quella nata per accogliere i bimbi che le leggi razziali avevano espulso dalla scuola pubblica. E per sostenerlo nasce l’associazione Amici del Cdec (amicidelcdec@cdec.it). Perché custodire la memoria ha costi enormi.

«Il nucleo originario nacque a Venezia — racconta Liliana Picciotto, che ne è oggi il direttore scientifico — da una idea della federazione giovanile ebraica». Erano i figli di chi aveva subito la persecuzione durante la seconda guerra mondiale. «Volevano ricostruire i fatti, avevano raccolto materiale, intervistato sopravvissuti — continua —. Robi Bassi, dermatologo veneziano, ne fu il primo segretario e racconta di aver custodito il materiale documentale in valigie sotto il letto». Un intero armadio di tesi di laurea documenta il lavoro che pochi esperti e molti volontari svolgono tra queste mura. La biblioteca ha trentamila volumi sull’ebraismo, più di duemila riviste. Il Cdec fa consulenza a ricercatori di tutto il mondo.

Ma il Centro è il primo motore di ricerca. L’ultimo lavoro avviato nel 2007 vuole ricostruire la storia degli ebrei che sono sfuggiti alla deportazione . «Si chiama ”Memorie di salvezza”. Vogliamo ricostruire come si sono salvati. Siamo partiti dalle case di riposo, dove sono ospitati molti di coloro che allora erano bambini — spiega Liliana Picciotto —. Emerge lo spaccato di una società civile che fu capace di grandissima generosità. A svolgere un ruolo cruciale furono le concordanze amicali e occupazionali. Mi spiego, dall’avvocato a chi aveva il banco al mercato aprirono la loro casa a chi si doveva nascondere per non essere deportato». Ma già prima, nel ‘94, lo stesso metodo aveva consentito di fissare per sempre il racconto di 105 deportati sopravvissuti ai lager. Ne è nato un film, « Memoria», un documento unico in Europa che ha strappato all’oblio pagine di storia.

Quelle valigie di cartone custodite sotto il letto dello studente veneziano sono diventate nel tempo un archivio gigantesco che raccoglie ogni documento , diario , lettera e testimonianza di vita delle comunità ebraiche in Italia e anche in Europa. Paola Mortara si occupa dell’archivio fotografico: una storia per immagini dell’ebraismo italiano. Da un nucleo di immagini in bianco e nero che riguardavano la Shoah , il database s ’è ampliato e oggi ricostruisce la storia di famiglie arrivate in Europa dai Paesi Arabi e dall’Est. Il fiore all’occhiello è, però, lo studio sui deportati ebrei dall’Italia. Un lavoro durato diciotto anni e concluso nel 1991, che ha ricostruito la storia di ogni persona scomparsa. Diecimila schede raccolte in un volume. «Qualcuno ci ha detto ”Finalmente i miei genitori hanno una tomba”». spiega la direttrice. A Roma, per esempio, in una sola notte, nel rastrellamento del 16 ottobre 1943, la Gestapo arrestò 1 .259 persone. Duecentosette erano bambini. Una lapide nel ghetto ricorda la retata. E prima ancora della fine della guerra, aprì un piccolo ufficio delle ricerche dove si portava la foto dello scomparso . «Da lì siamo partiti e dalle carceri, dagli archivi di Prefetture e Questure, dove abbiamo trovato gli ordini di arresto. È stata una impresa pazzesca, non c’erano ancora i pc quando abbiamo iniziato».

In questa piccola casa trova posto anche la più grande biblioteca italiana di testi antisemitici. «Una editoria molto vivace», commenta con ironia Stefano Gatti che si occupa anche dell’Osservatorio sull’antisemitismo italiano con Betti Guetta. Il Cdec spegne 60 candeline. La festa a fine maggio.