27 Ottobre 2017

Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC, commenta gli atti di antisemitismo allo stadio Olimpico

Fonte:

Moked.it

Autore:

Gadi Luzzatto Voghera

…Antisemitismo

Sul tema dell’antisemitismo lo stato italiano, le istituzioni e l’intera società civile investono ogni anno una quota non indifferente di risorse. Non è sempre stato così, ma da qualche decennio il dato è inequivocabile e non può che essere apprezzato. Vengono prodotti studi accurati, sondaggi, ricerche sociologiche. Vengono pubblicati volumi su casi locali e finanziati progetti a livello accademico. I risultati sono spesso ben pubblicizzati e su di essi si attivano riflessioni e dibattiti. Poi capita che quindici ragazzotti poco colti facciano un utilizzo vergognoso della memoria di Anne Frank e la macchina va completamente in tilt. Le reazioni del mondo politico, del mondo della comunicazione, delle istituzioni in generale non dimostrano un’elaborazione matura dell’immenso lavoro che viene condotto da decenni, ma si esprimono “di pancia”, valutando i fatti e proponendo strategie che sono sorprendenti, per non dire allarmanti. Se ne sono sentite molte: viaggi di “recupero” ad Auschwitz, magliette con la foto di Anne Frank, corone di fiori. Una delle decisioni in risposta all’atto di evidente e conclamato antisemitismo (come sempre derubricato a “goliardata” innocua dai fiancheggiatori) è stata quella di leggere negli stadi calcistici della serie A un brano del Diario di Anne Frank prima delle partite. Ora – mi si lasci dire – viviamo nell’epoca della comunicazione, e da un mondo che investe così tante risorse nello studio del fenomeno dell’Antisemitismo ci si sarebbe aspettati un’idea un po’ più efficace, ma soprattutto non controproducente. Sono decenni che si sottolinea come le curve calcistiche siano uno dei terreni più coltivati di produzione e diffusione di stereotipi antiebraici. Quale tipo di reazione si pensava di poter ottenere con questa benintenzionata iniziativa di alto profilo culturale? La massa è massa, e la psicologia delle masse è materia di studio dalla seconda metà dell’Ottocento. Una massa ben guidata può determinare l’abbattimento di regimi politici, una massa provocata (come è accaduto nel turno infrasettimanale di campionato) può fare danni anche seri. È capitato così, che le manifestazioni vietate per celebrare l’anniversario della Marcia su Roma del prossimo 28 ottobre hanno trovato il luogo ideale per riproporsi, in anticipo di qualche giorno. Cori fascisti, saluti romani, fischi e tutto il repertorio del neofascismo, riprodotto a favore delle telecamere. Sono anni – mi ripeto – che diciamo che le curve degli stadi sono luoghi privilegiati dei nuovi linguaggi antisemiti. E sono anni che non si interviene. Se poi, quando si decide di intervenire, si mettono in atto improbabili strategie pedagogiche, l’unico prodotto possibile è un disastro che non sarà privo di conseguenze. Pessima vetrina internazionale per l’Italia, sentimenti di lacerazione nelle comunità ebraiche, immobilismo dell’apparato repressivo che fatica a cogliere l’emergenza del fenomeno e a gestirla.