15 Gennaio 2015

Estremismo e teorie complottiste tra gli studenti delle banlieues parigine

Fonte:

la Repubblica

Autore:

Daniele Mastrogiacomo

Tra i prof delle banlieue “Nelle nostre scuole c’è anche chi non piange”

All’inizio -racconta una professoressa di filosofia in un liceo di Seine Saint Denis, banlieue difficile della periferia parigina – ho pensato a una stupida contestazione. Senza molto senso. Di principio. Poi ho sentito tanti altri miei colleghi ai quali era capitata la stessa cosa. Allora ho capito che era molto più grave e profondo. Gli studenti rifiutavano quel minuto di silenzio. Lo sentivano estraneo. Un’imposizione. E motivavano questa scelta con frasi forti, scioccanti. Tipo: se la sono cercata. So che in alcuni istituti si è rischiato lo scontro tra favorevoli e contrari. Spesso si è preferito sospendere il dibattito. La tensione era troppo alta. Ci abbiamo riflettuto e quando i discorsi sono continuati sulla rete e sui blog, con insulti fino alle minacce, allora abbiamo capito quanto fosse profondo il fossato tra la Francia musulmana e quella laica».

Dalla mattina di quel giovedì 8 gennaio, ancora scossi dalla strage a Charlie Hedbo, non si parla d’altro. Decine di classi, spesso anche elementari, si sono rifiutate di osservare il momento di riflessione che il governo aveva chiesto come forma di cordoglio per i vignettisti assassinati. Non erano casi isolati. Certo, un’esigua minoranza: 400 su 64 mila, secondo le statistiche raccolte dal ministero. Ma rappresentavano il sintomo di un disagio più vasto. In Francia ci sono sono 8 milioni di musulmani. L’islam è la seconda religione per importanza. Più che condannare la strage, i ragazzi criticavano le vignette e i disegni. Ribaltavano i valori: non c’era da difendere la vita contro la morte, la libertà d’espressione sulla censura. Era stato offeso Maometto. Per l’ennesima volta. L’anima più profonda della religione islamica era stata sbeffeggiata, messa in ridicolo. Si rideva del Profeta e questo prescindeva da tutto: persino da un’esecuzione.

Poi ci sono stati l’altro massacro alla drogheria dei prodotti kosher, le sparatorie per liberare gli ostaggi. È arrivata la manifestazione oceanica di domenica. La Francia e il mondo intero si sono sentiti finalmente stretti in un grande abbraccio che condannava il terrorismo jihadista e rilanciava i valori laici e repubblicani. Solo lunedì, spento l’entusiasmo, tv e siti hanno dato fiato a una realtà ben diversa. Che spiega i 50 episodi di intolleranza nei confronti degli musulmani in sette giorni e la paura che attanaglia la comunità ebraica.

Decine di professori hanno raccontato che il rifiuto del minuto di silenzio è stato più ampio di quello che si pensava. Questo non accadeva solo nei quartieri delle periferie o nelle banlieues dove convivono etnie e religioni diverse. Ma in metropoli come Marsiglia, città importanti come Reims, Lille, Tolosa, dove i francesi di origine maghrebina hanno un peso rilevante. Ieri il tema è stato affrontato dall’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia ( Uoif) in un lungo dibattito a porte chiuse. Anche qui i toni sono stati accesi e le posizioni diverse. Ufficialmente c’è stato un appello alla moderazione, a evitare reazioni; ma anche un invito al governo a proteggere i luoghi di culto islamici. I casi di rifiuto nelle scuole sono minimizzati. Per chiara opportunità Ma il nuovo numero di Charlie Hebdo, con il Profeta ancora messo in prima pagina, è stata altra benzina sul fuoco. «Questo modo di insistere nel ridicolizzare il Profeta», diceva ieri il presidente Amar Lasfar, «ha distrutto ciò che la manifestazione di domenica aveva costruito. Come musulmani è un’offesa che non possiamo accettare».

Ci vorrà tempo per ricucire. Le rivendicazioni di Al Qaeda nello Yemen non aiutano. «Parole come attentato, terrorismo, islam radicale, libertà di espressione – osserva un’altra docente – non suscitano interesse e dibattito nelle classi. Molti si abbandonano a tesi complottiste». Soprattutto nelle elementari. E questo, detto da dei bambini, significa che lo hanno appreso in famiglia. Nelle case degli arabi, che sono cittadini francesi, non si è discusso dei morti e della strage: si è parlato soprattutto delle offese al Profeta. In un istituto del XII arrondissement, scrivono su un blog alcuni insegnanti, gli studenti sono stati caustici nei confronti dei vignettisti: «Se la sono cercata. Si raccoglie ciò che si semina a forza di provocare». A Roubaix si è arrivati alle mani: «Non capiamo a cosa serva questo silenzio», ha urlato la maggioranza. La riunione è stata sciolta dopo una rissa. I momenti più tesi sono avvenuti alla presenza dei genitori. A Saint Nazare, scrive un professore sullo stesso blog, «è stata una giornata durissima. Abbiamo rischiato una rivolta. La maggioranza lo affermava quasi con rabbia: Charlie Hebdo non è stato un agguato, ma una giusta punizione».