13 Gennaio 2015

Discorso di Manuel Valls all’Assemblée nationale in omaggio alle vittime degli attentati

Fonte:

gouvernement.fr

Autore:

Manuel Valls

13 gennaio 2015 – Discorso

Discorso di Manuel Valls all’Assemblée nationale in omaggio alle vittime degli attentati

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“C’è qualcosa che ci ha rafforzato, dopo questi avvenimenti, e dopo le marcie di questo fine settimana. Credo che lo sentiamo tutti, c’è più che mai l’orgoglio di essere francesi.

Non dimentichiamolo mai!”

Signor Presidente,

Signore, signori ministri,

Signora, Signori presidenti di gruppo,

Signore, signori deputati.

 

Signor Presidente, l’avete detto, come ognuno degli oratori, con forza e sobrietà, in tre giorni, sì in tre giorni 17 vite sono state spazzate via dalla barbarie.

I terroristi hanno ucciso, assassinato dei giornalisti, dei poliziotti, dei Francesi ebrei, degli impiegati. I terroristi hanno ucciso persone conosciute o anonime, nella loro diversità di origine, di opinione e di credenza. E’ stata toccata tutta la comunità nazionale. Sì, è la Francia che è stata toccata al cuore.

I sostegni, la solidarietà, arrivati dal mondo intero, dalla stampa, dovunque, cittadini che hanno manifestato in numerose capitali, capi di Stato e governi, tutti questi supporti non si sbagliano; è proprio lo spirito della Francia, la sua luce, il suo messaggio universale che si è voluto abbattere. Ma la Francia è in piedi. E’ là, è sempre presente.

Dopo le esequie di questa mattina a Gerusalemme, della cerimonia toccante, bella, patriottica, alla Prefettura di Polizia di Parigi, in presenza del capo di Stato, a qualche ora o giorni di esequie per ognuna delle vittime, nell’intimità familiare, io voglio, come ognuno tra voi, rendere, di nuovo, l’omaggio della Nazione a tutte le vittime.  E la Marsigliese, proprio adesso, che è esplosa, in questo emiciclo, è stata una magnifica risposta, un magnifico messaggio ai feriti, alle famiglie che sono in un dolore immenso, inconsolabile, ai loro parenti, ai loro colleghi, voglio porgere a mio turno e di nuovo la nostra compassione e il nostro sostegno.

Il Presidente della Repubblica l’ha detto questa mattina con parole forti, personali: “la Francia sta e starà al loro fianco”.

Nella prova, l’avete ricordato, il nostro popolo si è riunito, da mercoledì. Hanno camminato ovunque nella dignità, nella fraternità, per gridare il loro attaccamento alla libertà, e per dire un “no” implacabile al terrorismo, all’intolleranza, all’antisemitismo, al razzismo. E anche in fondo, a qualsiasi forma di rassegnazione e d’indifferenza.

Queste manifestazioni, voi lo sottolineate signor presidente dell’Assemblea, sono la più bella delle risposte. Domenica, con i capi di Stato e di governo stranieri, con l’ex presidente della Repubblica, con gli ex Primi ministri, con i responsabili politici e le forze vive di questo paese, con il popolo francese, abbiamo affermato – e con quale forza – la nostra unità. E che Parigi era la capitale universale della libertà e della tolleranza.

Il popolo Francese, ancora una volta, è stato all’altezza della sua storia. Ma, è anche, per tutti noi su questi banchi, l’avete detto, un messaggio di grande responsabilità. Essere all’altezza della situazione è un requisito enorme. Noi dobbiamo ai Francesi  di essere vigili sulle parole che utilizziamo e sull’immagine che diamo. Naturalmente in democrazia, quella che si voleva abbattere, ci sono dibattiti, scontri. Sono necessari, indispensabili per la sua vitalità, e riprenderanno, è normale.

Lungi da me l’idea di porre, dopo questi avvenimenti, una cappa di piombo sul nostro dibattito democratico, e voi non lo permettereste, comunque. Ma, ma noi dobbiamo essere capaci, collettivamente, di tenere sott’occhio l’interesse generale, e di essere all’altezza, in una situazione che è già difficile, sul piano economico, perché anche il nostro paese è fratturato da molto tempo, perché ci sono stati degli eventi gravi, si sono dimenticati oggi, anche se non avevano alcun legame tra di loro, che ha colpito gli spiriti alla fine dell’anno, a Joué-Lès-Tours, a Digione e a Nantes. Dobbiamo essere all’altezza delle aspettative, questo è il requisito del messaggio dei Francesi.

Voglio, Signore e Signori deputati, a nome di tutti noi, rivolgere un plauso – e la parola è debole – alla grande professionalità , all’abnegazione, al coraggio di tutte le nostre forze dell’ordine – poliziotti, gendarmi, squadre di tiratori.

In tre giorni, le forze di sicurezza, spesso a rischio della propria vita, hanno condotto un ottimo lavoro d’investigazione, sotto l’autorità della procura antiterrorista, rintracciando gli individui ricercati, lavorando sulle reti, interrogando negli ambienti, al fine di mettere nell’impossibilità di nuocere, al più presto possibile, questi tre terroristi.

Signor ministro degli Interni, caro Bernard CAZENEUVE, voglio ringraziare anche voi. Voi non avete solo trovato le giuste parole, ma ho potuto vedere che in ogni ora, eravate concentrato su questo obiettivo.

Attorno al Presidente della Repubblica, anche voi signora ministro della Giustizia, siamo stati pienamente mobilitati  per far fronte a questi momenti così difficili per la patria. E per prendere delle decisioni gravi che s’imponevano.

Signore, Signori deputati, in nessun momento dobbiamo abbassare la guardia. E voglio dire, gravemente, alla rappresentanza nazionale e attraverso voi ai nostri concittadini, che non solo è sempre presente la minaccia globale, ma che, legati agli atti dell’ultima settimana, restano rischi seri e molto elevati: quelli legati ad eventuali complici, o quelli dalle reti, presidi di terrorismo internazionale, gli attacchi informatici. Le minacce perpetrate contro la Francia ne sono sfortunatamente la prova.

Vi devo questa verità, e dobbiamo questa verità ai Francesi. In risposta, su tutto il territorio, militari, gendarmi, poliziotti sono mobilitati. I rinforzi assegnati ai soldati, in tutto, quasi 10.000 – e vi ringrazio signor ministro della Difesa -, ciò è senza precedenti, consentono un livello d’impegno massiccio, oltre 122.000 persone assicurano la protezione permanente dei punti sensibili e dello spazio pubblico.  I rinforzi militari sono e saranno utilizzati principalmente per la protezione  delle scuole religiose ebraiche, delle sinagoghe e delle moschee.

Signora, Signori presidenti, dopo il tempo dell’emozione e del raccoglimento – e non è finito – arriva il tempo della lucidità e dell’azione.

Siamo in guerra? La questione ha, in realtà, poca importanza, perché i terroristi jihadisti colpendoci per tre giorni consecutivi ci hanno dato, ancora una volta, la più crudele delle risposte.

Con determinazione, con sangue freddo, la Repubblica porterà la più forte delle risposte al terrorismo, la fermezza implacabile nel rispetto di ciò che noi siamo, uno Stato di diritto.

Il governo viene davanti a voi con il desiderio di ascoltare e di esaminare tutte le risposte possibili, tecniche, regolamentari, legislative, di bilancio, signor presidente JACOB. A una situazione eccezionale devono rispondere delle misure eccezionali. Ma dico anche con la stessa forza: mai delle misure eccezionali in deroga con i principi del diritto e dei valori.

La migliore delle risposte al terrorismo che vuole specificamente distruggere ciò che noi siamo, vale a dire una grande democrazia, questo è il diritto, questa è la democrazia, questa è la libertà e questo è il popolo francese.

A questa minaccia terrorista, la Repubblica porta e porterà delle risposte sul suo suolo nazionale. Ne porterà anche là dove i gruppi terroristici si organizzano per attaccarci, per minacciarci, ai nostri interessi come ai nostri concittadini.

E’ per questo che il Presidente della Repubblica ha deciso di coinvolgere le nostre forze in Mali, un 11 gennaio. L’11gennaio 2013, il giorno in cui è caduto il nostro primo soldato in questo conflitto, Damien BOITEUX.  Ed inoltre nella stessa notte, signor ministro della Difesa, tre membri dei nostri servizi cadevano in Somalia.

Il presidente della Repubblica ha deciso di impegnarsi per aiutare un paese amico, il Mali, minacciato di disgregazione da parte di gruppi terroristici; il Mali, paese musulmano.

Il presidente della Repubblica ha deciso di rafforzare la nostra presenza a fianco dei nostri alleati africani con l’operazione Barkhane.  Si tratta di un grande sforzo assunto dalla Francia, in nome specialmente dell’Europa e dei suoi interessi strategici. Uno sforzo costoso. La solidarietà dell’Europa deve essere nelle strade, anche nei bilanci deve essere dalla nostra parte. Una forza irresistibile. E che bella immagine vedere domenica, spalla a spalla del capo di Stato, dei capi di governo, il presidente della Repubblica  e il presidente del Mali, Ibrahim Boubacar KEITA. Ancora una volta è stata la migliore delle risposte per dire che non combattiamo una guerra di religione, ma che combattiamo, sì, una lotta per la tolleranza, la laicità, la democrazia, la libertà e gli Stati sovrani, ciò che i popoli devono scegliere.

Sì, noi combattiamo insieme e continuiamo a lottare instancabilmente.

E’ questa stessa volontà, curiosa concordanza legata al calendario, che ora esprimeremo votando per l’estensione dell’impegno delle nostre forze in Irak. Anche questa è la nostra risposta chiara e ferma, ne parlerò proprio qui per un momento, il ministro degli Esteri lo farà al Senato. Anche questa è la nostra risposta contro il terrorismo, e noi dobbiamo avere per i nostri soldati impegnati, sui teatri delle operazioni esterne, a migliaia di chilometri da qui, un profondo rispetto e una grande gratitudine.

La minaccia è anche interna. Lo ho anche spesso ricordato a questa tribuna.

E di fronte alla tragedia che è appena accaduta, interrogarsi è sempre legittimo e necessario. Dobbiamo dare delle risposte alle vittime, alle loro famiglie, ai parlamentari, ai Francesi. Bisogna farlo con determinazione, serenità, senza mai cedere alla precipitazione. E farò mia la formula del presidente LEROUX : «non vi è alcuna lezione da dare, c’è solo una lezione da imparare».

Il Parlamento ha già votato due leggi anti terrorismo ancora un paio di settimane fa a larga maggioranza, i decreti sono in corso di pubblicazione. Il Parlamento ha già inserito le questioni relative alle reti jihadiste.

Anche qui, all’Assemblea nazionale, il 3 dicembre scorso, si è creata una commissione d’inchiesta sul monitoraggio delle reti e degli individui jihadisti. Il presidente, Signor Eric CIOTTI, lavora a stretto contatto con il relatore, Signor Patrick MENNUCCI.

Al Senato, dal mese di ottobre, esiste una commissione d’inchiesta sull’organizzazione  e i mezzi per lottare contro le reti jihadiste in Francia e in Europa. Molti membri del governo sono già stati ascoltati. I lavori devono continuare e so che il ministro degli Interni è particolarmente attento a questi lavori. Ha già incontrato ieri i gruppi e i parlamentari che lavorano su queste questioni.

Il governo, signor presidente dell’Assemblea nazionale, Signora, Signori presidenti di gruppo, è a disposizione del Parlamento. Su tutti questi soggetti, o su altri che abbiamo già esaminato, e penso alla questione spinosa particolarmente complessa, ma che bisogna trattare con ancora più determinazione, che è quella del traffico d’armi nei nostri quartieri.

Plaudo, anche, il lavoro dei nostri servizi d’Intelligence: DGSI, DGSE, il Servizio di intelligence territoriale. Esprimo il mio apprezzamento anche per la giustizia antiterrorista. Il compito di queste donne, di questi uomini è essenzialmente discreto  e immensamente delicato. Si trovano ad affrontare una sfida senza precedenti, un fenomeno proteiforme, in movimento e anche nascosto; e perché sanno come lavorare insieme ottengono dei risultati.

A cinque riprese, in due anni, hanno permesso di neutralizzare dei gruppi terroristi che potevano passare all’azione.

In Francia, come nell’insieme dei paesi europei, le persone che si riconoscono nel jihadismo internazionale sono fortemente aumentate nel 2014. Sulla revisione della  legge anti-terrorismo, nel dicembre 2012, dissi che in Francia c’erano decine di MERAH potenziali. Il tempo ha confermato, drammaticamente e implacabilmente, questa diagnosi.

Senza rinforzi molto significativi sulle risorse umane e materiali, i servizi d’intelligence interni potrebbero essere sopraffatti. Ormai si superano i 1.250 individui solo per le reti irako-siriane. Senza mai trascurare gli altri teatri di operazione, le altre minacce, quelle degli altri gruppi terroristici nel Sahel, nello Yemen, nel corno d’Africa, e nella zona afgano-pakistana.

Quindi dovremo stanziare le risorse necessarie per tener conto di questa nuova situazione. In materia di sicurezza, le risorse umane sono infatti essenziali. L’abbiamo messo in pratica dal 2012. Nel 2013, basandoci sugli insegnamenti  degli omicidi  di Montauban e di Tolosa e sulle proposte fatte dalla missione URVOAS-VERCHERE, è stata completata una profonda riforma dei nostri sevizi d’intelligence con la  trasformazione della Direzione centrale di Intelligence interna in Direzione generale della Sicurezza interna. E’ stata programmata la creazione di 432 posti di lavoro alla DGSI. Devono permettere di rafforzare le competenze e di diversificare i reclutamenti: informatici, analisti, ricercatori o interpreti. 130 sono già previsti. Abbiamo anche migliorato la cooperazione tra i servizi interni e esterni e anche rafforzato, anche se bisogna fare ancora di più, i nostri scambi con i servizi stranieri, in seguito all’iniziativa che ho potuto prendere due anni fa con i ministri europei e specialmente con il ministro belga, Joelle MILQUET dal momento che anche il suo paese deve affrontare questo problema. Iniziativa che Bernard CAZENEUVE ha esteso ancora con la riunione di numerosi ministri  degli Interni Place Beauvau. Ma dobbiamo andare oltre, e ho chiesto al ministro degli Interni di mandarmi entro otto giorni delle proposte per il rafforzamento. Esse devono riguardare in particolare Internet  e le reti sociali che sono più che mai utilizzati per l’arruolamento, il contattare, e per l’acquisizione di tecniche che permettano di passare all’azione.

Noi siamo anche una delle ultime democrazie occidentali a non disporre di un quadro giuridico coerente per condividere i servizi d’intelligence. Ciò pone due problemi. Un lavoro importante è stato fornito dalla missione d’informazione sulla valutazione del quadro giuridico dei servizi d’intelligence, presieduto da Jean-Jacques URVOAS nel 2013. Un prossimo progetto di legge quasi pronto mirerà a dare ai servizi tutti i mezzi giuridici per realizzare le loro missioni, nel rispetto dei grandi principi repubblicani di protezione delle libertà pubbliche e individuali, questo testo di legge che sarà senza alcun dubbio arricchito dai vostri lavori deve essere, è mia convinzione, adottato al più presto possibile.

Nel corso dell’anno, lanceremo anche il monitoraggio sui viaggi aerei delle persone sospettate di attività criminali. E’ il sistema PNR. La piattaforma di controllo francese sarà operativa da settembre 2015. Resta da istituire un dispositivo simile a livello europeo. Mi appello solennemente qui da quest’aula al Parlamento europeo  di prendere finalmente piena misura di questi problemi, e di votare, come chiediamo da due anni con tutti i governi, di adottare questo dispositivo che è indispensabile: non possiamo più perdere tempo!

Signore e Signori, i fenomeni di radicalizzazione sono presenti su tutto il territorio. Bisogna quindi agire ovunque. Il piano d’azione adottato lo scorso aprile  ha permesso di rinnovare l’approccio amministrativo e preventivo. La piattaforma di segnalazione è particolarmente richiesta dalle famiglie. Ha permesso di evitare molte partenze.

I prefetti, in collaborazione con le autorità locali che devono essere associate a tali procedure, stanno stabilendo gradualmente sistemi di monitoraggio e di riabilitazione delle persone radicalizzate. Di nuovo, ho chiesto al ministro degli Interni in collaborazione con gli altri membri del governo interessati da questi soggetti di indicarmi i mezzi necessari per amplificare queste azioni.

I fenomeni di radicalizzazione si sviluppano, lo sappiamo, l’avete detto, in carcere. Non è una novità! L’amministrazione penitenziaria rafforza anche l’azione dei suoi servizi d’intelligence strettamente legata al ministero degli Interni. Bisogna, anche lì, accrescere i nostri sforzi. Nelle nostre carceri agiscono, degli iman, come confessori di tutte le fedi. E’ normale! Ma abbiamo bisogno di un quadro chiaro per questo intervento. Dobbiamo realizzare una vera professionalità. Infine, prima della fine dell’anno, sulla base dell’esperimento condotto questo autunno alla prigione di Fresnes, la supervisione dei detenuti considerati come radicalizzati sarà organizzata in specifici quartieri creati all’interno delle carceri.

Sarà fornito anche un alto livello di formazione per la protezione giuridica dei giovani. Capire il percorso di radicalizzazione è sempre complesso. Sappiamo con quale facilità alcuni giovani delinquenti comuni cadono nei processi di radicalizzazione e il passaggio dalla delinquenza alla radicalizzazione e al terrorismo è un fenomeno che abbiamo più volte descritto qui nei lavori dell’Assemblea nazionale. Ma noi dobbiamo saper prendere misure adeguate e necessarie. Bisogna, certo, accompagnare, aiutare, seguire numerosi minori minacciati da questa radicalizzazione. Bisogna anche prendere atto della necessità di creare, nella direzione della PJJ, una unità di intelligence, come si fa nella gestione penitenziaria. Per tutti questi assi di lavoro, ma anche per rispondere ai bisogni della procura anti-terrorismo, ho chiesto al ministro della Giustizia di farmi proposte anche nei prossimi giorni.

Signore e Signori, la lotta contro il terrorismo richiede vigilanza costante. Dobbiamo poter conoscere permanentemente l’insieme dei terroristi condannati, sapere dove vivono, controllare la loro presenza e la loro assenza.

Ho chiesto ai ministri degli Interni e della Giustizia di studiare le condizioni giuridiche per la creazione di un nuovo file. Obbligherà le persone condannate per fatti di terrorismo o inserite in gruppi tattici di dichiarare il loro domicilio e ad essere sottoposti all’obbligo di controllo.Tali disposizioni esistono già per altre forme di delinquenza a rischio elevato di recidiva. Dobbiamo applicarle in materia di coinvolgimento terrorista, sempre sotto stretto controllo del giudice.

Signore e Signori, tutte queste proposte – e ce ne saranno altre, non ne dubito e non ne dubitate – prima della loro attuazione e applicazione, saranno oggetto di una consultazione o presentazione al Parlamento  al di là del bene dei testi legislativi.

Signore e Signori deputati, le prove tragiche che abbiamo appena attraversato ci segnano, segnano il nostro paese e le la nostra coscienza. Ma dobbiamo essere in grado ogni volta di fare una diagnosi lucida sia sullo stato della nostra società, che sulle sue urgenze. Sono discussioni che ovviamente  avremo occasione  di condurre.

Sto per dire qualche parola, scusandomi di prendere più tempo del necessario che mi spettava.

Il primo soggetto che bisogna affrontare chiaramente, è la lotta contro l’antisemitismo.

Come la storia ci ha mostrato, il risveglio dell’antisemitismo, è il sintomo di una crisi della democrazia, di una crisi della Repubblica. E’ per questo che dobbiamo rispondere con forza. Dopo Ilan HALIMI, nel 2006, dopo i crimini di Tolosa, gli atti antisemiti conoscono in Francia una progressione insopportabile. Ci sono parole, insulti, gesti, attacchi ignobili, come a Créteil qualche settimana fa che, l’ho ricordato qui in questo emiciclo, non hanno sollevato l’indignazione che ci si aspettava dai nostri compatrioti ebrei nel paese. C’è questa immensa inquietudine, questa paura sentita dagli uni e dagli altri, palpata sabato tra la folla davanti questo HYPER CACHER porte de Vincennes o alla sinagoga della Victoire domenica sera. Come accettare che in Francia, terra di emancipazione degli ebrei, da due secoli, ma che fu anche, 70 anni fa, une delle terre del loro martirio, come si può accettare che si possa sentire gridare nelle nostre strade “morte agli ebrei”? Come si possono accettare gli atti che ho appena ricordato? Come si può accettare che dei Francesi siano assassinati perché ebrei? Come si può accettare che dei compatrioti o un cittadino tunisino, mandato in Francia da suo padre perché sia al sicuro quando compra il suo pane per lo Shabbat, muore perché  è ebreo? Non è accettabile e alla comunità nazionale che forse non ha reagito sufficientemente, ai nostri compatrioti francesi ebrei, dico loro che questa volta, non possiamo accettarlo, dobbiamo ancora una volta ribellarci facendo la vera diagnosi . C’è un antisemitismo storico che risale attraverso i secoli ma c’è soprattutto questo nuovo antisemitismo che è  nato nei nostri quartieri, sullo sfondo d’Internet, delle parabole, della miseria, sullo sfondo dell’odio verso lo Stato d’Israele, e che sostiene l’odio verso l’ebreo e tutti gli ebrei. Bisogna dirlo, è necessario porre le parole per combattere questo antisemitismo inaccettabile!

E come ho avuto occasione di dirlo, come la ministra Ségolène ROYAL lo ha detto questa mattina a Gerusalemme, come Claude LANZMANN lo ha scritto in un magnifico articolo su Le Monde, sì, diciamolo alla faccia del mondo: senza gli ebrei di Francia, la Francia non sarebbe più la Francia. E questo messaggio, è a tutti noi che tocca proclamarlo forte e chiaro. Non l’abbiamo detto! Non siamo abbastanza indignati! E come accettare che, in alcune istituzioni, collegi o licei, non si possa insegnare che cos’è la Shoah? Come si può accettare che un bambino di 7 o 8 anni dica al suo insegnante quando gli pone la domanda “chi è il tuo nemico?” e che lui risponda “è l’ebreo”? Quando uno attacca gli ebrei di Francia, attacca la Francia e attacca la coscienza universale, non dimentichiamolo mai!

E che terribile coincidenza, che affronto vedere un recidivo dell’odio tenere il suo spettacolo in sale affollate nello stesso momento in cui, sabato sera, la Nazione, Porte de Vincennes, si raccoglieva. Mai lasciarsi sfuggire questi fatti e che la giustizia sia implacabile verso questi predicatori di odio! Lo dico con forza qui alla tribuna dell’Assemblea nazionale!

E giungiamo alla fine della discussione. Andiamo alla fine della discussione, Signore e Signori deputati, quando qualcuno s’interroga, un giovane, un cittadino o un giovane, e dice a me o alla ministra dell’Educazione nazionale “ma non capisco, questo umorismo, lui, volete metterlo a tacere e i giornalisti di Charlie Hebdo, li mettete sul trono” ma c’è una differenza fondamentale ed è questa battaglia che dobbiamo vincere, quella di insegnare ai nostri giovani, c’è una differenza fondamentale  tra la libertà d’impertinenza – la blasfemia non è nel nostro diritto, non lo sarà mai – c’è una differenza fondamentale tra questa libertà e l’antisemitismo, il razzismo, l’apologia del terrorismo, il negazionismo che sono delitti, sono crimini  che la giustizia dovrà senza dubbio punire con ancora più severità.

L’altra urgenza, è quella di proteggere i nostri compatrioti musulmani. Anche loro sono preoccupati. Degli atti antimusulmani inammissibili, intollerabili, si sono nuovamente verificati in questi ultimi giorni. Anche qui, attaccare una moschea, una chiesa, un luogo di culto, profanare un cimitero, è un’offesa ai nostri valori. E il prefetto LATRON è incaricato su richiesta del ministro degli Interni in relazione con tutti i prefetti di garantire che la protezione di tutti i luoghi di culto sia assicurata. L’Islam  è la seconda religione di Francia. Ha il suo posto in Francia. E la nostra sfida, non in Francia, ma nel mondo, è di dimostrare che: la Repubblica, la laicità, l’uguaglianza uomo/donna sono compatibili con tutte le religioni sul suolo nazionale che accettino i principi e i valori della Repubblica. Ma questa Repubblica deve fare prova della più grande fermezza, della più grande intransigenza, contro coloro che tentano, in nome dell’Islam, d’imporre una cappa di piombo sui quartieri, di fare regnare il loro ordine sullo sfondo di traffici e sullo sfondo del radicalismo religioso, un ordine in cui l’uomo domina la donna, dove la fede, sì signora presidente POMPILI, avete fatto bene a ricordarlo, prevale sulla ragione.-

Ho citato qui, davanti a questa Assemblea, qualche mese fa, carenze e fallimenti di trent’anni di politica d’integrazione. Ma, in effetti, quando si formano dei veri ghetti urbani, dove non si è più tra tutti, dove si è soggetti al declino, alla messa in congedo della società, dove lo Stato non è più presente, come andare verso  la Repubblica, stringere questa mano fraterna che tende?

E soprattutto, tracciare una riga decisa su questo confine sostenuto troppo spesso che fa sì che si possa passare – no al buonismo, guardiamo i fatti – nei nostri quartieri, dell’Islam tollerante, universale, benevolo verso il conservatorismo, verso l’oscurantismo, l’islamismo, e peggio verso la tentazione della Jihad e del passaggio all’azione.

Questa discussione, non è tra l’Islam e la società. E’ un dibattito dentro all’Islam stesso, che l’Islam di Francia deve portare al suo interno, basandosi sui leader religiosi, sugli intellettuali, sui Musulmani che ci dicono da molti giorni di avere paura. Lo ho già ricordato, come tutti voi ho degli amici francesi, di confessione e cultura musulmana. Uno dei miei amici più cari l’altro giorno mi ha detto, aveva gli occhi pieni di lacrime e tristezza, che si vergognava di essere musulmano. Ebbene io non voglio più che nel nostro paese ci siano degli Ebrei che possano avere paura. E non voglio che ci siano dei Musulmani che si vergognino perché la Repubblica è fraterna, è generosa, è lì per accogliere tutti.

Infine, infine, la risposta alle urgenze della nostra società è forte, senza esitazioni: la Repubblica e i suoi valori. E sono le mie ultime parole.

I valori sono in primo luogo la laicità che è un segno sicuro di unità e di tolleranza.

La laicità, che naturalmente si impara a scuola, è uno dei bastioni. Questo è, indipendentemente dal credo, dalle origini, tutti i bambini della Repubblica hanno accesso all’educazione, al sapere, alla conoscenza.

Ero, questa mattina con il ministro dell’Educazione nazionale, Najat VALLAUD-BELKACEM, davanti ai rettori di Francia. E ho inviato loro un messaggio di mobilitazione totale. Un’esigenza. Un messaggio che deve passare attraverso tutti i livelli d’istruzione nazionale, intorno all’unico problema che conta: la laicità! La laicità! La laicità, che è il cuore della Repubblica e quindi della scuola.

La Repubblica non esiste senza la scuola, e la scuola non esiste senza la Repubblica. E si è permesso troppo, lo dicevo un istante fa, nella scuola.

La laicità, sì la laicità, la possibilità di credere, di non credere. L’educazione ha dei valori fondamentali, deve più che mai – questa è anche la risposta – essere la lotta della Francia rivolta all’attacco che abbiamo vissuto. E utilizziamo con orgoglio questo principio poiché ci attaccano a causa della laicità, a causa delle leggi che abbiamo votato qui vietando i simboli religiosi a scuola, proibendo il velo integrale, rivendichiamole, perché è questo che dovrebbe aiutarci ad essere ancora più forti.

Questa Francia che si è ritrovata nella prova, questo momento in cui il mondo intero è venuto a lei, perché il mondo conosce bene la grandezza della Francia e ciò che incarna universalmente.

La Francia che è lo spirito dell’Illuminismo. La Francia che è il pilastro democratico, la Francia che ha la Repubblica nel suo sangue.  La Francia che è una feroce libertà. La Francia è la conquista dell’uguaglianza. La Francia è una sete di fraternità. E la Francia è anche questa miscela così singolare di dignità, d’insolenza, e d’eleganza. Rimanere fedeli allo spirito dell’11 gennaio 2015 è quindi essere abitati dai suoi  valori.

Restare fedeli allo spirito dell’11 gennaio 2015 è fornire risposte ai problemi dei Francesi. Restare fedeli allo spirito dell’11 gennaio 2015 è capire che il mondo è cambiato, che ci sarà un prima e un dopo. E nel nome stesso dei nostri valori, rendere risposta con tutta la necessaria determinazione: fermezza, unità, sono i termini ancora utilizzati questa mattina dal presidente della Repubblica.

Manterremo, lo spero, come un fuoco ardente, questo stato d’animo e conteremo sulla forza del suo messaggio d’unità. E rivendicando con orgoglio ciò che noi siamo. Così facendo, ricordandoci costantemente dei nostri eroi, questi caduti, questi 17, la settimana scorsa.

Sempre ricordandoci di questi eroi che sono le forze dell’ordine.

Con tutta l’emozione ancora sentita questa mattina, eravate numerosi su tutte le panchine, nel cortile della prefettura di polizia di Parigi. La Francia è anche questo. C’erano tre colori. I tre colori di questi tre poliziotti, i due poliziotti nazionali e la poliziotta municipale. Lei rappresentava, loro rappresentavano la diversità dei percorsi e delle origini. Tre colori diversi. Tre percorsi, ma tre Francesi. Tre servitori dello Stato. E davanti alle bare, a fianco delle loro famiglie, c’erano solo tre colori, quelli della bandiera nazionale. In fondo è questo il messaggio più bello.

Vi avevo detto, qui, in aprile il mio orgoglio, come ognuno di voi, di essere francese. C’è qualcosa che ci ha tutti rafforzato, dopo questi avvenimenti, e dopo le marcie di questo fine settimana.

Credo che lo sentiamo tutti, c’è più che mai l’orgoglio di essere francesi.

Non dimentichiamolo mai!