2 Marzo 2016

Daniel Birnbaum, amministratore delegato di Sodastream, parla del BDS

Fonte:

Il Foglio

Autore:

Giulio Meotti

Sodastream e la stella gialla della Ue

A colloquio coi vertici dell’azienda israeliana più boicottata del mondo

“A seguito di forti pressioni dai media e dai rivenditori nordeuropei, abbiamo deciso persino che i nostri prodotti per quei mercati portassero la dicitura ‘made in China’, la madre dei diritti umani”. Prima di fare l’amministratore delegato di Sodastream, Daniel Birnbaum era il capo della Nike in Israele. Un lavoro molto più semplice. Birnbaum sapeva che il suo nuovo incarico sarebbe stato più politico. Ma non avrebbe mai immaginato di dover chiudere la sua fabbrica principale e licenziare seicento palestinesi a seguito di una campagna di boicottaggio di Israele. Che adesso incassa la sua vittoria più im- Il caso Sodastream Parla Birnbaum: “L’Europa ci chieda scusa”. E alla Sapienza arriva il boicottaggio d’Israele Gli ultimi operai palestinesi hanno perso il lavoro a Sodastream a causa del mancato rinnovo dei permessi da parte israeliana. Sabato sera, in un centro commerciale vicino all’ex stabilimento SodaStream, un giovane palestinese, Saadi Ali Abu Ahmad, ha attaccato una guardia israeliana, Tzvika Cohen, che ora lotta per la vita in ospedale. Abu Ahmad lavorava nel centro commerciale, con un permesso. Ora gli israeliani hanno bloccato gli accessi per motivi di lavoro e Sodastream sta lottando per ridarglieli. Dopo l’uscita dell’azienda dai Territori, quei palestinesi dovevano fare la spola ogni giorno fino a Rahat, città beduina dentro ai confini riconosciuti di Israele. Stessa paga, stessa mensa, stessi mezzi di trasporto: dei 1.200 lavoratori Sodastream, 950 erano arabi israeliani e palestinesi. “Il Bds (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni di Israele, ndr) è una organizzazione economica terroristica che vuole distruggere Israele” spiega Birnbaum in questa intervista esclusiva al Foglio. “Eravamo l’obiettivo ideale: siamo passati da essere presenti in tredici paesi a quarantacinque in quattro anni; ci siamo quotati al Nasdaq; i nostri ricavi sono passati da 90 milioni a 450 milioni; i nostri prodotti sono visibili in 70 mila negozi in tutto il mondo e abbiamo scelto Scarlett Johansson come sponsor al Superbowl. Siamo stati presi di mira dall’Unione europea con le sue ong che finanziano il Bds. Diciassette stati europei, fra cui l’Italia, hanno definito il nostro business ‘illegale’”. Fino alla decisione di ricollocarsi. “Il boicottaggio aveva contaminato la nostra reputazione, più che i nostri affari, usando slogan falsi e orrendi. Il messaggio si è diffuso in tutto il mondo, anche nel lontano Giappone e in Nuova Zelanda, così come negli Stati Uniti. La retorica dell’odio si è evoluta da episodi sporadici a qualcosa di più tradizionale, anche nel settore bancario, tra celebrità e imprenditori, e nei campus universitari e nelle strade”. Sfortunatamente Israele ha fatto poco per contrastare questo movimento. “La mia azienda per anni è stata in trincea contro di loro, da sola. La loro ideologia ricorda i Protocolli dei Savi Anziani di Sion. Ci hanno accusato di approfittare dell’occupazione, quando la nostra unica ragione per essere nei Territori era dare lavoro a migliaia di palestinesi. I miei dipendenti arrivavano da Gerusalemme est, Ramallah, Hebron, Gerico e Nablus. Eravamo un ponte, l’opposto di un boicottaggio”. Birnbaum racconta alcuni episodi per farci capire cosa ha dovuto passare la sua azienda: “In molte occasioni i nostri prodotti sono stati danneggiati con accuse di ‘crimini di guerra’, ‘pulizia etnica’. Un negozio a Brighton nel Regno Unito è stato preso di mira da attivisti due volte alla settimana, per più di due anni. Avevano anche la copertura di membri del Parlamento britannico, in particolare la rappresentante dei Verdi Caroline Lucas. Il nostro ufficio nel Regno Unito a Cambridge è stato attaccato da hooligan con granate fumogene in quello che sembrava un attacco terroristico”. Altri casi. Il colosso commerciale inglese John Lewis fece sapere che non avrebbe più venduto Sodastream. Gli attivisti del boicottaggio avevano organizzato picchetti di fronte alla catena, chiedendo di interrompere le vendite di Sodastream e ai consumatori di boicottarne i prodotti. Birnbaum è durissimo con Bruxelles, che ha legittimato le campagne di ostracismo e demonizzazione del “made in Israel”. “La marchiatura dell’Unione europea contro i prodotti israeliani è come la stella gialla dei nazisti. La Ue ha votato la marchiatura cinque giorni prima delle stragi di Parigi. Perché non ci sono label contro il Marocco che ha invaso il Sahara? O contro la Cina? Solo Israele merita un label? Si chiama antisemitismo. L’Unione europea dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa a Israele”. Il 4 marzo, alla Sapienza di Roma, il dipartimento di Economia ospiterà i boicottatori dello stato ebraico. Lo farà a nome dei seicento palestinesi che hanno perso il lavoro?