12 Maggio 2015

Bambino di quattro anni fa il saluto fascista all’asilo: “l’ho imparato a casa”

Fonte:

la Repubblica

Autore:

Paolo Berizzi

Il bimbo di quattro anni che fa il saluto fascista

“I genitori lo correggano o lo cacceremo dall’asilo”

Loro hanno provato a tenere duro: “Sono le nostre idee politiche”

Ma le maestre hanno insistito. E in famiglia hanno dovuto cedere

Cantù. All’asilo si sta bene e si fanno tante cose. Anche il saluto romano. Chissà se penserà così. O se, semplicemente, non penserà. Visto che quel modo di salutare — il braccio destro proteso in avanti, come Mussolini, come Hitler — gliel’hanno insegnato papà e mamma. E lui obbedisce. Il baby balilla ha 4 anni e frequenta una scuola materna — pubblica — del canturino: provincia “nera” di Como (poi spiegheremo perché nera ). Primo anno di asilo. Non siamo nel Ventennio: allora il saluto romano faceva praticamente parte del programma scolastico; lo impartivano le maestre. Nel caso di Federico — lo chiameremo tosi — va in un altro modo. Un giorno il bambino si presenta all’asilo e per salutare i compagni — forse quando sarà più grande preferirà chiamarli camerati —si esibisce nel saluto nazifascista. II brutto, anzi il peggio, è che non si tratta di un’iniziativa estemporanea: bensì di un’abitudine. Le maestre lo capiscono con il passare dei giorni. Ogni volta che si presenta di fronte a un compagno, a un’insegnante, a un bidello, per annunciarsi o per congedarsi Federico allunga il braccio destro e schiude il palmo della mano. Sulle prime, colte di sorpresa, le sue maestre non sanno come affrontare quella che appare una situazione, diciamo, singolare. Gli altri allievi non capiscono e non chiedono: troppo piccoli. Ma l’inconsapevole esuberanza politica del camerata in erba, nello stupore generale, non può passare inosservata agli occhi di chi sta dietro la cattedra. Che succede allora? Racconta Barbara, una maestra della scuola materna: «Decidiamo di convocare i genitori. Quando spieghiamo loro il comportamento anomalo del figlio e chiediamo, a nostra volta, spiegazioni, ci rispondono così: Che cosa c’è di strano? Vogliamo dargli un’educazione rigorosa e allo stesso tempo naturale». Il padre ha 30 anni. La madre uno in meno. La cosa incredibile è che, dopo qualche giro di parole, i genitori di Federico escono allo scoperto. «Ci hanno detto chiaramente quali sono le loro idee politiche, rivendicando con fierezza l’insegnamento del saluto romano al figlio. Abbiamo obiettato — continua la maestra — che quel saluto è vietato dalla legge italiana e che non è esattamente un gesto adatto ad un bambino di 4 anni che frequenta un asilo». II colloquio coi docenti ha un suo momento topico. E quando il padre di Federico, per essere ancora più esplicito, alza la manica della camicia e mostra con orgoglio una svastica tatuata. A buono o cattivo intenditore, poche parole. Lo choc delle maestre è prevedibile. Meno scontato è l’esito (non) sortito dall’incontro coi genitori di Federico: insomma l’effetto del “richiamo” sul comportamento del bambino. Zero di zero. L’allievo continua a fare il saluto romano. Dev’essere diventato, per lui, una sorta di automatismo. La voce prende a girare tra gli altri genitori, Federico diventa un piccolo caso. Per cercare di risolverlo nel modo migliore al responsabile dell’istituto viene consigliato di mandare un’ informativa al provveditorato agli studi. Ma alla fine si sceglie la soluzione “interna”: più che una moral suasion, fare valere il buon senso. Riparlando coi genitori fascisti. Vengono riconvocati dalle maestre e a questo giro gli viene posto un ultimatum. Delle due l’una: o il bambino la smette di salutare come il Duce, oppure non può più frequentare la scuola materna. Che è pubblica e si riconosce, come ovvio, nei valori sanciti dalla Costituzione italiana il cui carattere è rigorosamente antifascista. Al secondo richiamo papa e mamma sembrano avere capito la lezione. E la trasmettono al figlio. Da un po’ di giorni il braccio destro del bambino è a riposo. Con buona pace, almeno per ora, delle maestre. «Mi hanno colpito le loro parole — dice ancora l’insegnante Barbara—All’inizio ci giravano attorno: parlavano di educazione naturale, di rispetto per la terra, l’agricoltura, le tradizioni. Non capivo. Poi si sono dichiarati. Fino all’esibizione “muscolare” del padre». La vicenda è ambientata a Cantù. Che non è, forse, un luogo a caso. Da due anni la cittadina in provincia di Como ospita il Festival Boreal, un raduno di ispirazione neonazista organizzato da Forza Nuova. La kermesse «nera» —che da due anni accoglie decine di militanti dell’estrema destra provenienti da tutta Italia e da molti Paesi europei — si svolge al Campo solare, un’area di proprietà del Comune. Un terreno del quale è custode Franco Liva, consigliere comunale forzanovista a Pigra. A scatenare polemiche sul raduno è stata l’autorizzazione — sorprendente — concessa dal sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero. Il quale— in nome del «tutti hanno diritto di parola, anche i fascisti, da amministratore devo garantire questo principio democratico» — non solo ha dato il benestare all’evento ( già di per sé in conflitto coi principi della Costituzione ), ma lo scorso anno si è addirittura presentato, in veste ufficiale, all’apertura del raduno per un saluto ai camerati.