23 Dicembre 2014

Attentati in Francia forse ispirati dalla «Car Intifada» palestinese

Fonte:

La Stampa

Autore:

Maurizio Molinari

Jihad con ogni arma possibile come gli estremisti palestinesi

In Israele decine di casi analoghi

La «Car Intifada» ha fatto scuola

Con le auto lanciate contro i civili a Digione e Nantes la «Car Intifada» palestinese diventa un modello da imitare nelle strade francesi ed europee. I 13 passanti feriti domenica a Digione e i 10 di ieri nel mercato natalizio di Nantes hanno in comune il fatto di essere stati provocati da vetture ad alta velocità guidate da uomini che gridavano – secondo le testimonianze locali – «Allah hu-Akbar» (Dio è il più grande) in maniera analoga a quanto fatto sabato nel centro di Joué-lesTours da parte di un immigrato del Burundi convertito all’Islam mentre si lanciava con un coltello contro un agente di polizia.

Trattori, coltelli, asce

Si tratta di una ripetizione del metodo di attacchi contro i civili israeliani che, dalla fine di agosto, hanno visto singoli palestinesi adoperare auto, trattori, coltelli e asce uccidendo otto persone, inclusa una bambina di tre mesi. La dinamica dell’emulazione evoca i «lupi solitari» islamici che si richiamano ai sanguinari mozzateste del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi perché la trasmissione del «metodo» di attacco avviene, anche nel caso della «Car Intifada», attraverso il web ed in particolare i social network. Immagini, volti e motivazioni dei militanti palestinesi autori delle azioni ad alta velocità contro i passanti di Gerusalemme, Gush Etzion e Tel Aviv si sono infatti diffuse rapidamente sul web, offrendo un esempio di attacchi «a bassa intensità» per quei «lupi solitari» europei non ancora intenzionati a seguire il Califfato sul sentieri di crimini più efferati. Se la «Car Intifada» europea è una indubbia novità, si innesca su qualcosa di più consolidato: il contagio di violenza che dal Medio Oriente raggiunge la Francia. Avvenne perla prima volta fra il 2001e il 2002 quando, in coincidenza con la Seconda Intifada palestinese – quella dei kamikaze contro autobus e ristoranti – le Comunità ebraiche francesi vennero investite di un’ondata senza precedenti di micro attacchi, contro istituzioni, proprietà e singoli, che innescò l’inizio di una significativa emigrazione ebraica transalpina verso Usa e Israele.

Ebrei in fuga

Anche perché il 13 febbraio 2006 l’uccisione del 24enne Ilan Halimi – sequestrato e torturato per tre settimane – aggiunse choc alla paura collettiva. E in occasione del più recente conflitto estivo a Gaza il contagio si è ripetuto nelle vie di Parigi quando, a metà luglio, alcuni gruppi di estremisti franco-musulmani hanno sfidato il bando delle autorità con azioni di vera e propria guerriglia urbana. Le statistiche rese pubbliche da Parigi su questo tipo di attacchi mettono in luce un dato anagrafico: a commetterli non sono quasi mai immigrati di prima generazione, ovvero arrivati in Francia dal Nordafrica negli Anni Cinquanta e Sessanta, bensì i loro figli, dei convertiti all’Islam oppure degli immigrati arrivati molto di recente da Paesi arabi o africani. Si tratta dunque di un virus del XXI secolo.