17 Febbraio 2016

Antisionismo e BDS all’università L’Orientale di Napoli

L’Orientale di Napoli: un breve sguardo al cuore del boicottaggio anti-israeliano in Italia

Il recente boicottaggio accademico nei confronti degli istituti universitari israeliani ha raccolto circa trecento consensi. A prescindere dall’indegna barbarie culturale che è alla base di iniziative del genere, in questa sede mi preme sottolineare la massiccia partecipazione di professori, ricercatori e dottorandi provenienti dall’Università L’Orientale di Napoli.

In altre occasioni diversi accademici di questo ateneo avevano deciso di mostrarsi apertamente anti-israeliani e filoislamici. Sono passati alcuni anni, ma ricordo bene l’occupazione de L’Orientale in segno di solidarietà alla Freedom Flotilla, poi dimostratasi essere un covo di terroristi e sostenitori del terrorismo; è inoltre ancora disponibile su Youtube un video del 2011, dove centinaia di studenti del medesimo ateneo esplodono al grido “Palestina Libera. Palestina rossa”.

Fino a pochi giorni fa, lo stesso sito dell’università presentava una pagina dedicata al BDS, il movimento creato dal cittadino del Qatar Omar Barghouti che ha, come fine ultimo, l’annientamento di Israele tramite la distruzione del suo sistema economico.

Nonostante la pagina sia stata chiusa in seguito alle proteste piovute da ogni angolo del paese, i boicottatori hanno continuato a lavorare indisturbati.

Molti dei firmatari del boicottaggio accademico de L’Orientale (ben venticinque in tutto) sono passati per gli insegnamenti del professore inglese Iain Chambers, fondatore del Centro per gli Studi Postcoloniali. Da storico, non posso fare a meno di sottolineare come questi studi siano pesantemente politicizzati e volti a far apparire la civiltà occidentale come una fucina di carnefici e conquistatori cui si contrappone, come insegna il mito del buon selvaggio,  la bontà e ingenuità delle culture extraeuropee. D’altronde, Chambers proviene alla scuola di Stuart McPhail Hall, il sociologo anglo-giamaicano (di formazione marxista) che diede vita ai controversi Cultural Studies presso l’Università di Birmingham nel 1964. Insomma, poca storia e molta politica.

Adottando una contestualizzazione del genere, e privilegiando le opinioni politiche rispetto agli eventi storici, Chambers insegna che il Sionismo è un movimento colonialista basato sulla violenza, e non, come la storia ha dimostrato, un movimento volto stabilire uno stato ebraico, pacifico e democratico, nella zona in cui prosperò il Regno di Giuda. Fermo sostenitore del BDS fin dalla sua fondazione, Chambers è stato anche relatore nelle campagne anti-israeliane dell’International Solidarety Movement (ISM). Il movimento è stato accusato più volte di essere legato al terrorismo di Hamas, specie in seguito all’arresto, nel 2003, del jihadista Shadi Sukiya, trovato nascosto nell’ufficio dell’ISM di Jenin e aiutato da due attivisti dell’ISM, e all’incarcerazione negli USA (2008), del membro dell’ISM Richard David Hupper, che aveva consegnato $20,000 ad Hamas mentre lavorava in Israele per l’ISM.

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Una review dell’intera, e storicamente poco consistente, bibliografia di Chambers potrebbe aiutare a comprendere quali siano le sue convinzioni politiche e sociali, ma qui devo limitarmi a una sua opera abbastanza recente: Mediterranean Crossings: The Politics of an Interrupted Modernity, del 2008.

Come scritto in un’autorevole recensione di The American Historical Review, si tratta di un libro che meriterebbe la derisione (“easy to mock“) di ogni storico, e che “è retto da una fastidiosa infrastruttura di opinioni politiche”. Nelle pagine dedicate a Israele, “Quello che si sta facendo in Israele oggi con grande violenza, nell’inquietante anacronismo di voler realizzare la promessa redentoria di uno stato etnico esclusivo (se non proprio la purezza assoluta desiderata dai fondamentalisti di Heretz Israel) dello stato religioso della Medinat Halakah, è anche un ulteriore, contorto, capitolo della storia coloniale, comprensiva di segregazione razziale, coloni, incidenti di frontiera.” Agli europei va ancora peggio, tanto che li etichetta solo con aggettivi o epiteti negativi. Leggendo il testo, si scopre che gli unici occidentali a meritare una menzione positiva sono, in pratica,  i componenti del gruppo 99 Posse (!).

Si dice che la mela non cada mai troppo lontana dall’albero; un motto particolarmente adatto agli studenti di Chambers, ma anche ad alcuni professori che cercano di tenere il passo dell’inglese.

Fra i firmatari del boicottaggio troviamo infatti la Prof.ssa Silvana Carotenuto, Presidente del Centro per gli Studi Postcoloniali dal 2009 al 2012. Nel 2010 firma (assieme a una ventina di altri accademici de L’Orientale) la Lettera aperta alla comunità accademica sul divieto di ingresso in Palestina notificato a Noam Chomsky, in cui si legge: “Ma il divieto di ingresso a Chomsky palesa come la figura del censore si addica alla perfezione allo stato israeliano. “Israele stesso è uno dei più prolifici “boicottatori” del mondo”, avendo “imposto un boicottaggio culturale, accademico, politico, economico e militare sui territori occupati.

In prima fila contro Israele c’è anche la Prof.ssa Tiziana Terranova (Sociologia delle Comunicazioni), che nel  2009 aveva partecipato a una conferenza Pro-Palestina (parlando di una fantomatica Architettura dell’Occupazione), firmato per il boicottaggio accademico di Israele anche nel 2010 e, soprattutto, appoggiato la grottesca richiesta (2012) volta ad annullare la sezione del Teatro Napoli Festival dedicata a Israele. Quest’ultimo appello non menzionava mai il terrorismo islamico, Hamas o Hezbollah, ma chiariva la posizione dei firmatari su chi fosse il vero responsabile dei problemi mediorientali:

“Sta come sempre alla società civile, agli intellettuali, alla sensibilità di chi non vuole dimenticare la resistenza palestinese fare qualcosa, non semplicemente proponendo spazi eguali per la Palestina, ma finalmente boicottando iniziative come questa, che avallano l’idea di Israele come di uno Stato “normale” quando in realtà le sue politiche stanno sistematicamente distruggendo ogni aspirazione alla pace in Medio Oriente.

Un’altra Professoressa che ha dato il suo consenso alla campagna per la distruzione economica di Israele è Daniela Pioppi, insegnante di Storia Islamica. Ospite di Unomattina all’indomani della strage di Charlie Hebdo, pronunciò una frase discutibile: “il terrorismo non è una causa della violenza, ma una conseguenza della violenza”, e l’inaccettabile: “un atteggiamento islamofobico può essere razzista e nazista come l’ideologia proposta dai terroristi”. Sarebbe interessante chiedere alla Pioppi come l’islamofobia possa essere paragonata a una raffica di ak-47 nella schiena, ma forse scrivere per Al-Jazeera le fa vedere le cose in modo differente dal resto delle persone. Anche quando parla del conflitto israelo-palestinese, la Pioppi attribuisce tutte le responsabilità a Israele, sintetizzando così la “questione Gaza”:  “… Striscia di Gaza, ormai trasformata in una prigione a cielo aperto, dove i continui attacchi Israeliani hanno provocato un crescente numero di morti e la privazione di beni essenziali(cibo, acqua, elettricità)”.

Affermazioni che non devono meravigliare, poiché anche dottorandi, studenti e ricercatori passati o influenzati dal Centro per gli Studi Postcoloniali propongono idee simili. Raffaele Urselli, dottorando in Africanistica, scrive abitualmente per il portale comunista Dazeba News e, ad esempio, ha difinito così i tunnel dei terroristi islamici: “Lungo la linea di confine egiziano-palestinese, il noto groviglio di tunnel e canals sotterranei  permette alla popolazione di Gaza di sopravvivere a stento allo stringente assedio militare e al blocco totale dei generi di prima necessità. La chiusura del “Tunnel della sopravvivenza” interromperà  l’unico rifornimento possibile per i palestinesi, di carburante e generi alimentari”. Un suo articolo del 1° aprile 2011 titolava addirittura: “Palestina, tra raid e assedi mentre Israele approva leggi razziste”

Urselli parlava inoltre in termini entusiastici anche della fallimentare primavera araba, scrivendo: “L’instabilità politica dell’Egitto e la minaccia dei “Fratelli musulmani” preoccupa enormemente Israele (cui non interessa la dimensione popolare e democratica della protesta che sta abbattendo i sultanati filo-occidentali corrotti e dispotici)”, e anche: “E’ ben noto come il vento delle rivolte nordafricane faccia paura ad Israele, che aumenta allerta e repressione  anziché rallegrarsi della nuova euforia democratica di massa. Lo spirito democratico ci insegna che quando il coraggio dei molti si manifesta per decidere della sorte dei suoi governanti è un momento di festa, come le elezioni. Ma Israele ha paura perché sa bene cosa ha perso (un presidente egiziano ormai accomodante e complice), ma non sa cosà verrà. I Giovani Turchi sono una minaccia. Ma è il momento che Israele cominci a confrontarsi con una nuova consapevolezza che si fa largo tra i giovani nordafricani ed arabi”;

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A firmare l’appello c’è anche un ex studente de L’Orientale, Francesco Amoruso, ora dottorando alla University of Exeter. Parliamo di uno degli otto atenei che, negli ultimi anni, sono stati destinatari di oltre 250 milioni di sterline da governanti arabi e altri governi islamici, suscitando uno scandalo. Amoruso è molto attivo nel BDS ed stato anche organizzatore, il 2-4 ottobre 2015, della Settler Colonialism in Palestine Conference, di cui ha aperto i lavori assieme a Ilan Pappè. Un anno fa si è addirittura scomodato per firmare l’appello all’Università di Sydney perché non fossero puniti i violenti contestatori pro-palestina del colonnello Richard Kemp e il suo profilo twitter trabocca di appelli al boicottaggio e affermazioni bizzarre quali “dopo le terre, Israele ruba anche il cibo palestinese.”

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Non è da meno la dottoranda in Studi Postcoloniali Celeste Ianniciello, che in un articolo scrive: “Palestinian homes, institutions, and libraries, looted by Israel in 1948” e “Interlacingpast and present experiences of siege and destruction(perpetuated by the United States and Israel)”. Nel 2011 firmò addirittura la richiesta di apposizione di una targa dedicata a Vittorio Arrigoni presso L’Orientale, e il suo profilo Facebook è letteralmente sommerso di propaganda a favore del BDS e pro-palestina, dove ritiene sia in corso un genocidio. Verrebbe da dire che quello israeliano è un modo davvero mediocre di attuare un genocidio, visto che i palestinesi di Gaza e West-bank sono passati da 1 milione nel 1970 a 4.1 milioni nel 2010. Quadruplicati in quaranta anni.

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Firmataria e dottoranda in Studi Postcoloniali è anche Olga Solombrino, che dal 2011 al 2012 ha lavorato all’interno dell’International Relations Office di Ramallah, città gestita dall’Autorità Palestinese. E poi ci sono Sara de Simone, dottoranda in Studi Postcoloniali;  Adele Del Guercio, ricercatrice di Diritto Internazionale, che aveva firmato per il BDS accademico già nel 2012 ed è attiva nel BDS campania dal 2014 … Insomma, i nomi sono disponibili sul sito ufficiale del Boicottaggio, quindi è superfluo andare oltre.

Mi domando però, fino a che punto lo Stato Italiano possa permettersi di finanziare un’Università (quasi 100 milioni di euro ricevuti dal MIUR nel triennio 2013-2015) in cui c’è una massiccia presenza di anti-israeliani e filo-islamici, dove gli studenti vengono indottrinati politicamente con gli insegnamenti di Edward Said e altri sostenitori della sovrapponibilità della dicotomia male-bene a quella occidente-oriente, impedendo loro un’adeguata conoscenza della storia, seppellita sotto tonnellate di ideologia.

C’è stato anche un tentativo, da parte della Comunità Ebraica di Napoli, di ottenere un incontro con la rettrice de L’Orientale, Elda Morlicchio, per far comprendere alla massima carica dell’ateneo i pericoli insiti al movimento BDS e l’apprezzamento che queste campagne ricevono dai terroristi di Hamas. Purtroppo la rettrice non ha accettato, motivando il suo rifiuto prima con impegni all’estero e poi con generici “impegni”.

Impegnatissima dunque, eppure era stata estremamente solerte, appena dopo gli attentati di Parigi del novembre scorso, nel dichiarare: “Ho letto in questi giorni moltissimi commenti, provenienti da vari esponenti anche dello stesso mondo islamico, che ci ricordano che questo non è Islam. Ci teniamo moltissimo a ricordarlo.” E allo stesso modo, nel marzo 2015, aveva fatto passare solo poche ore prima di smentire che il manuale per affiliarsi all’ISIS redatto in italiano fosse stato scritto da uno studente algerino della sua Università.

Insomma, c’è sempre tempo per negare l’esistenza del terrorismo islamico, mentre manca quello per dichiarare, senza pericolo di fraintendimenti, che il BDS è un movimento votato alla distruzione dell’unica democrazia mediorientale.