27 Ottobre 2015

A 50 anni dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate

Fonte:

Avvenire

Autore:

Stefania Careddu

Nostra Aetate, l’attualità della sfida del dialogo tra le fedi

Tauran: una necessità davanti al fanatismo Koch: uno sguardo sul futuro. Il rettore della Gregoriana, Dumortier: si cerca di eclissare il ruolo delle religioni

In un mondo in cui il fondamentalismo religioso semina paura e morte e nuove ondate di antisemitismo riportano alla memoria ferite mai guarite, il dialogo tra le religioni appare una sfida attuale, ma soprattutto una necessità. Ecco perché, a 50 anni dalla sua pubblicazione, la dichiarazione conciliare NostraAetate che ha gettato le basi per le relazioni tra la Chiesa e le altre fedi «non ha perso nulla della sua attualità», come ha sottolineato il cardinale Jean-LouisTauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Intervenendo al Convegno internazionale organizzato dal dicastero e dalla Commissione per i rapporti con l’ebraismo in collaborazione con l’Università Gregoriana in occasione del 50 anniversario del documento, Tauran si è detto convinto del fatto che «in questi tempi, per tanti motivi bui e difficili, lo scopo del dialogo tra le religioni è quello di fare un percorso comune verso la verità». Tale cammino, ha osservato, «deve tener conto dell’identità di chi dialoga: non si può dialogare nell’ambiguità; dell’attenzione all’altro: chi prega e pensa in maniera diversa dalla mia non è un nemico; e della sincerità delle intenzioni reciproche». Secondo il porporato, è fondamentale dunque «intensificare la fruttuosa cooperazione con i credenti di altre religioni su tematiche di comune interesse in vista del bene della famiglia umana e della nostra casa comune». Proprio sulla scia di quel testo, approvato il 28 ottobre 1965, che secondo Tauran può essere considerato «testimone dell’apertura e, per usare un termine caro a papa Francesco, della misericordia con le quali la Chiesa ha guardato e guarda alla vita di questo mondo». Non solo: si tratta di un testo che «ha segnato una svolta decisiva nelle relazioni tra la Chiesa e l’ebraismo» e «continua a rappresentare un’utile bussola per la riconciliazione tra cristiani ed ebrei», ha rilevato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. «La celebrazione di questo anniversario non è solo motivo per guardare al passato, ma un’occasione per rivolgere lo sguardo al futuro, tanto più che alcune questioni teologiche non sono state risolte», ha detto Koch auspicando che tale appuntamento «possa fornire un nuovo impulso per portare avanti questo compito». Del resto, ha fatto notare François-Xavier Dumortier, rettore della Gregoriana, «commemorare non significa soltanto riferirsi a un testo, ma provare la sua pertinenza e la sua rilevanza per l’oggi», davanti ai «tentativi di eclissare il ruolo delle religioni e delle spiritualità della vita pubblica» e alle «inaccettabili violenze in nome di Dio». In questi anni «tanto è stato fatto, ma tanto resta ancora da fare, tante parole sono state dette, ma ci sono stati anche tanti silenzi», ha affermato Miguel Ángel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, per il quale «ancor oggi siamo esortati a riconoscere, conservare e far progredire tutti i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano nelle religioni».Il dialogo «è l’unica via percorribile per risolvere le problematiche odierne e sanare le ferite», ha evidenziato Abdellah Redouane, segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia, che ha portato il suo saluto insieme ai rappresentanti e delegati delle altre religioni. «NostraAetate– ha concluso – è stato un atto di coraggio da parte della Chiesa cattolica, un coraggio di cui abbiamo bisogno per perseverare su questa strada, consapevoli di avere un unico Dio».